La poesia street nell’arte del pugliese Fabio Coruzzi, di casa a Los Angeles

by Anna Maria Giannone

“E’ solo una delle ultime trovate artistiche di Fabio Coruzzi”…”Sembrerebbe proprio”. Magari in ordine di tempo certo. Si intitola infatti LAMETRO Through The Eyes of The Artist. Progetto istituito in California per il quale Fabio Coruzzi è stato scelto e premiato per rappresentare quest’anno il progetto che coinvolge Redondo Beach. L’esposizione outdoor grazie alla quale Coruzzi potrà far presiedere la sua arte attraverso le sue opere affisse “by the way”, e che verrà mostrata su autobus, fermate degli autobus, linea della metropolitana e stazioni nei dintorni di LA.

L’artista (indigeno) foggiano F.Coruzzi (che ha esposto in gallerie musei e fiere d’arte di tutto il mondo e rappresentato da gallerie americane ed europee), ma che dal 2001 è londinese di adozione e formazione (avendo effettuato ed affrontato tutti gli step creativi della University of Arts London per la sua tipologia di studi, poi presenti in modo tutt’altro che pedissequo nelle sue opere), è da un po’ di anni ormai di base in quel di Los Angeles. Città dove sembra aver stretto un connubio perfetto con la cultura variegata metropolitana e “stanziale” americana da cui sembri derivare ancor più una piena sintonia di ridefinizione di campitura, composizione e ri-campionatura plastica trasudante rispetto al suo “primo periodo” londinese.

Pienamente allora quest’ultima fase, immersa con le tonalità ultra colorate dai forti accenti e contrasti che le sue opere “fagocitano” attraverso la Luce Spot ed avvolgente californiana (quasi a mò di surrogante “cortina di ferro”), nonché realizzate rigorosamente in standard mix media (tecniche e media diversi mescolati insieme tra cui incisione fotografia disegno e pittura con uso di acrilici, pastelli a olio, penne a inchiostro gel pennarelli e matite su carta, tela e legno), con l’ausilio fondamentale di foto della realtà a lui circostante traslate di senso e rimodulate in conformità stilistica pienamente “esautorante”, per ciò che concerne (infatti) l’oggettivazione “intransitiva” insita e allo stesso tempo sviscerante del loro mood, e del proprio “modus operandi”.

Di egli stesso dice, in pieno look e stile “British”, ma forse anche per parte del suo carattere gentile quanto concentrato ed easy, a cui la sua arte sembra riflettersi: “Ogni opera d’arte ha un’introduzione specifica scritta in forma di dichiarazione poetica. Mi ritrovo ispirato da singoli episodi, singoli pensieri. La mia arte è una sequenza fluida di idee proiettate nel commento sociale. Stabilire un’introduzione comune è quasi impossibile. Ecco perché cerco di non essere ingabbiato in nessuna categoria o etichetta. Voglio che ogni opera d’arte racconti una storia con pensieri distaccati e autonomi. Fare una dichiarazione riduce la possibilità per un artista di ricercare ed esplorare a 360 gradi.

Ogni affermazione può essere modificata e reinterpretata in qualsiasi momento, infinite volte. Lascio che la mia arte sia libera di svilupparsi in qualsiasi direzione. È più come un libro o un film. Racconta proprio lì e rimane lì. Quello che viene dopo è la vita: non lo so mai. È solo un’evoluzione irrequieta. Uso la tecnica mista perché riflette il mondo in cui vivo: tutte le differenze sono collegate, creando una trama unica, l’onda perfetta”.

Filippo Mucciarone

Filippo Mucciarone

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