La statuaria fiorentina rinascimentale al Museo Nazionale del Bargello con “Ghiberti, Verrocchio e Giambologna, ospiti illustri da Orsanmichele”

by Valeria Nanni

Con vesti mosse da vento leggero, d’improvviso il San Luca si volta e con tutta la teatralità del ‘600 ormai alle porte guarda al più anziano San Giovanni Battista di primo rinascimento, ordinato e proporzionato, dagli occhi color argento. Dietro di loro, in posizione centrale un San Tommaso incredulo che tocca la ferita del Cristo risorto. Sono tre massimi capolavori che mostrano la statuaria fiorentina rinascimentale, sono tre autori fondamentali a confronto “Ghiberti, Verrocchio e Giambologna, ospiti illustri da Orsanmichele” al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, esposti dal 5 aprile al 4 settembre 2023.

Succede che una chiesa granaio tardo medievale, divenuta poi celebrazione delle Arti e Mestieri fiorentini, ubicata appunto nel pieno centro storico, fulcro della vita artistica e del potere di Firenze, subisce un importante restauro. Si lavora alla sua accessibilità, all’impianto di climatizzazione e illuminazione, dunque al riallestimento delle opere in essa esposte. E così le statue bronzee del San Giovanni Battista, Incredulità di san Tommaso e il San Luca fuggono all’inaccessibilità momentanea della loro chiesa museo, e chiedono asilo nella galleria più importante di statuaria rinascimentale in città, denominato storicamente “Bargello”.

Qualche parola sulla chiesa più strana d’Italia e anche meno conosciuta la spende la direttrice Paola D’Agostino. “Orsanmichele è il più singolare edificio di architettura trecentesca posto nel cuore di Firenze. In questa chiesa nel ‘400 le Arti e Mestieri faranno a gara a commissionare le sculture dei propri santi patroni agli artisti più conosciuti al grande pubblico. Orsanmichele è nel ‘300 una loggia per la vendita del grano, nel ‘500 per volere di Cosimo I de’ Medici diventa sede di Archivio, poi ancora nell’900 diventa sede di Lecture Dantis, dove si cimenteranno anche d’Annunzio e Pascoli. Diventa museo negli anni 90”.

Insomma una loggia e una chiesa dove lo scorrere del tempo ed il mutare delle esigenze cittadine hanno trasformato in parte il suo aspetto e la sua destinazione, ma soprattutto la ergono a tempio del potere cittadino e luogo di fede. Oggi si presenta come un alto palazzo, decorato esternamente da nicchie timpanate che ospitano statue in bronzo e in marmo. Chiamate comunemente tabernacoli sono ornate alla base da una predella. È ancora oggi una chiesa al piano terra, a cui si accede da due portali di uguale grandezza. Al primo piano, dove c’era il commercio del grano, oggi trova posto il museo con le statue originali delle nicchie-tabernacoli esterne. Di queste tre sono in mostra temporanea al Bargello, occasione proficua per viaggiare veloci nell’evoluzione della statuaria rinascimentale, grazie al loro confronto ravvicinato, e grazie al percorso più ampio suggerito al visitatore per tutto il museo.

Un viaggio che parte al piano terra nel cortile, dalla piccola Sala delle Esposizioni, dove sono collocate le tre statue protagoniste della mostra. “Sono tre statue, per tre momenti storici diversi di Orsanmichele, offrono tre sezioni dell’arte rinascimentale – spiega la curatrice Benedetta Matucci – lavorare per Orsanmichele è un privilegio a causa dei molti stimoli storici che questo luogo offre attraverso un dipinto, un affresco, un rilievo, una vetrata, una scala. Qui il programma di decorazione statuaria elaborò – nel ‘400 – il prestigio delle Arti, attraverso la riscoperta tecnica di lavorazione del bronzo e la presenza di autori importantissimi contemporanei – come Ghiberti, Verrocchio e Giambologna – sulla facciata più illustre dell’edificio che dà su via Calzaiuoli”.

Come su di un palcoscenico sembrano così muoversi e dialogare le statue tra loro. Ognuna con la sua personalità, regalata dall’artista, e con lo spirito che racconta ancora l’epoca che l’ha prodotta. Era il 1413 quando a Ghiberti la potente Arte di Calimala chiede di realizzare il San Giovanni Battista in bronzo. Fu questa una novità assoluta per Firenze ed un’impresa prestigiosa a cui Lorenzo “fiorentino” Ghiberti non potè dire di no. Essa rappresenta ancora oggi la prima statua bronzea monumentale del Rinascimento. “Riporta la tecnica classica della cera persa e non è una scelta casuale – continua la dott.ssa Matucci – nel secondo decennio del ‘400 l’Arte di Calimala commissiona a Ghiberti la statua del loro patrono che poi rappresenta anche il patrono della città di Firenze”. Per Calimala, Ghiberti sta già lavorando alla realizzazione della porta bronzea Nord del Battistero, egli è dunque un artista conosciuto bene dalla potente Arte dei Mercanti. Ghiberti anticipò le spese di fusione e la realizzò fondendo separatamente diverse parti. I particolari non sfuggono in mostra, come la sua firma Opus Laurentii, visibile sulla pelle di cammello che veste il santo. Gli occhi sono d’argento, restaurati di recente dall’Opificio delle Pietre Dure.

Sarà nel ‘400 solo l’inizio della rivalità tra le Arti, una competizione artistica fruttuosa e stimolante. Calimala aveva per il suo santo patrono l’esecuzione di una statuaria innovativa e all’avanguardia. Così l’Università della Mercatanzia diede la commissione ad Andrea del Verrocchio nel 1467 per la realizzazione dell’Incredulità di San Tommaso, degna sostituta del più antico San Ludovico di Tolosa, realizzato da Donatello in bronzo dorato. Il Verrocchio riuscì a realizzare un gruppo di due figure per un tabernacolo destinato in origine ad accoglierne solo una. La sua tecnica è magistrale, Gesù e San Tommaso sono in movimento l’uno verso l’altro, favorevoli all’incontro, si mantengono in equilibrio sul piccolo spazio del tabernacolo perché lo vogliono, e sono capaci di mantenerlo. Parlano con spirito di rinascimento pieno.

Dal movimento a un fermo immagine, si presenta invece imponente il San Luca gettato in bronzo nel 1602 dal Gianbologna, con il suo vangelo in mano e la penna d’oca tra le pagine del sacro codice. Prese posto sull’ultima nicchia in via Calzaiuoli, di proprietà dell’Arte Giudici e Notai. Fu questa corporazione a dare la commissione a Giambologna per sostituire il vecchio San Luca realizzato da Pietro Lamberti ancora in stile gotico, conservato al Bargello nel cortile. “Giambologna si impegnò a finire la statua in un mese. Non mancò di lasciare la sua firma che si trova sulla cintura. Pregevole il particolare della penna d’oca inserita tra le pagine del suo Evangelo, forse presa ad esempio da quella del precedente artista. Il San Luca è una statua di grandissima potenza espressiva, dal peso di quasi 20 quintali”.

In lungo e in largo tra le opere del Rinascimento si naviga al Bargello dal cortile interno al primo piano. Qui nel Salone di Donatello ci si imbatte nella statua del San Giorgio scolpita dal 1415 al 1417 per l’Arte dei Corazzai e Sapadai, considerata un capolavoro dal grande maestro rinascimentale, trasferita da Orsanmichele nel 1891, anche con la celebre predella dove Donatello in un bassorilievo stiacciato dà vita all’episodio del San Giorgio che uccide il drago e libera la principessa. Accanto al San Giorgio si ha modo di incontrare le due famose formelle presentate al concorso del 1401 indetto dalla potente Arte di Calimala per la realizzazione della porta Nord del Battistero di Firenze. L’episodio con l’esperimento artistico dei due concorrenti finalisti Brunelleschi e Ghiberti darà la data di nascita al Rinascimento, almeno nei manuali di storia dell’arte. Vinse Ghiberti lavorando alle porte per quasi 50 anni, sostenuto da Calimala. Il legame con il San Giovanni Battista di Orsanmichele è assicurato, così come si apprende che Ghiberti sarà nominato operaio di Orsanmichele: riceve altre due commissioni per le statue del Santo Stefano, patrono dell’Arte della Lana, e per il San Matteo patrono dell’Arte del Cambio. Fornirà infine anche i disegni per alcune delle finestre istoriate della chiesa.

Da Ghiberti si passa al Verrocchio, e da Calimala ai Medici, ma sempre nella stessa sala. Qui si trova la statua del David in bronzo scolpita dal 1468 per Piero dei Medici detto il Gottoso, padre di Lorenzo il Magnifico. Un anno dopo il Verrocchio lavorerà al gruppo statuario per Orsanmichele, sostenuto da Piero de’ Medici che era nella commissione preposta a decidere quale fossero statua ed artista adatti a sostituire il San Ludovico di Tolosa. Immaginiamo che dunque l’incredulità di San Tommaso sia stata vista in esecuzione dai Medici e che sia stata da essi apprezzata e promossa.

Al secondo piano del museo si ammirano due volti in busti, quello di Piero de’ Medici realizzato da Mino da Fiesole e quello di Matteo Palmieri, scolpito da Antonio Rossellino. Palmieri era banchiere e mecenate fiorentino vicino ai Medici e ad Orsanmichele. Abbiamo perciò due volti dei cinque personaggi della commissione istituita per il tabernacolo dell’Università di Mercatanzia. Passando nella sala dei bronzetti si introduce il grande artista manierista Gianbologna. Dunque si scende di nuovo nel cortile per accedere al salone di Michelangelo. Qui si apprezza il Bacco del Gianbologna, precedente al San Luca, dove l’artista sperimenta il bronzo, tecnica dalle maggiori possibilità di espressione. Esploderà la sua arte senza arrestarsi.

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