La voluttà delle donne nella mostra di Ferrara “Boldini e la moda”

by Antonella Soccio

Nuova magica mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara delle opere dell’artista ferrarese Giovanni Boldini. Questa volta l’esposizione è tutta centrata sugli abiti, i merletti delle donne, i bottoni, i pizzi, la meraviglia delle stoffe ricamate, i fiori di velo, la loro voluttà, tutto dipinto come non mai dal pittore delle belle signore.

Nessuno come Boldini ha saputo dipingere meglio la moda delle gran dame parigine e della borghesia emergente degli anni dell’Impressionismo. La mostra “Boldini e la moda” aperta a Palazzo dei Diamanti di Ferrara fino al 2 giugno (a cura di Barbara Guidi con la collaborazione di Virginia Hill), indaga per la prima volta il lungo e fecondo rapporto tra Boldini e il sistema dell’alta moda parigina e il riverbero che questo ebbe sulla sua opera di ritrattista, oltre che su quella di pittori come Degas, Sargent, Whistler e Paul Helleu. Ordinata in sezioni tematiche, ciascuna patrocinata da letterati che hanno cantato la grandezza della moda come forma d’arte, da Baudelaire a Wilde, da Proust a D’Annunzio, la rassegna propone un percorso avvincente tra dipinti, meravigliosi abiti d’epoca e preziosi oggetti che raccontano i rapporti tra arte, moda e letteratura nella Belle Époque. La rassegna è organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna eContemporanea di Ferrara.

La cifra mondana è l’elemento fondante degli impressionisti. In Puglia abbiamo esempi simili col grande barlettano De Nittis, molto amico di Boldini e dei Macchiaioli che non perdonarono il successo dei due artisti a Parigi. Furono considerati troppo frivoli. La neve per De Nittis e le stoffe per Boldini. Due vite e due leggerezze diverse e complementari.

Con la presenza alla memorabile all’Esposizione Universale di Parigi e la serie davvero strepitosa di capolavori, arrivano pezzi conici come il popolarissimo ritratto di Giuseppe Verdi, la cosiddetta Signora in bianco, accessoriata da un enorme ventaglio, della collezione Marzotto, e il celebre Pastello bianco della Pinacoteca di Brera (uno dei ritratti più belli di tutti i tempi, ma incredibilmente non esposto da decenni), per sancire una svolta nella sua fortuna critica e consacrarlo come il massimo interprete dell’ideale femminile dell’epoca, di una “femminilità suprema, irresistibile, capiteuse, ed in pari tempo ingenuamente correttissima e pudica, della vera signora, della dama”, come scrissero i giornalisti in una recensione dell’epoca.

Nel clima eccitato fin de siècle i magnifici ritratti mondani di Boldini, richiesti da donne bellissime e ricchissime che venivano nel suo studio da tutto il mondo, non sono degli status symbol, ma diventano le icone inquiete della cultura decadente, oggetti del desiderio.

Albert Flament scriveva che Boldini “sapeva, come nessuno dei suoi confratelli, i ritrattisti, vestire una bella donna e, vorrei dire, svestirla, ma sarà più esatto scrivere: darle l’aria di essere svestita. Le spalline dei corsetti cadono dalle spalle, le gonne si sollevano sopra le gambe in un’epoca in cui ad una donna non era permesso mostrale, soprattutto in un ritratto”.

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