“Le conseguenze della guerra” di Pieter Paul Rubens, che ispirò Guernica di Pablo Picasso: piangente, disperata, sconvolta è l’Europa

by Valeria Nanni

Irrompe nella vita cambiando priorità e programmi, e questo solo nel migliore dei casi. E’ la guerra, stavolta in atto nel “civilissimo” Occidente europeo, di nuovo, dopo essere stata ripudiata quasi un secolo fa, viste le sue conseguenze. Così anche le Gallerie degli Uffizi hanno sentito il bisogno di interrompere la propria programmazione settimanale degli Incontri d’arte, inserendo la meditazione- spiegazione-contemplazione di uno dei dipinti di Pieter Paul Rubens che maggiormente esprime il ripudio verso la guerra come follia ingiustificata. Già solo il titolo del quadro “Le conseguenze della guerra”, sposta l’attenzione immediatamente su cosa significa guerra per l’uomo che resta, che ama, che lavora, che crea bellezza.

I pennelli sono di Rubens, un gigante nell’arte barocca europea, e lo realizza nel 1638 nel bel mezzo di una guerra che ha dilaniato l’Europa, passata alla storia come la Guerra dei 30 anni, ed è da sempre esposto alla Galleria Palatina nella sala di Marte, al primo piano di Palazzo Pitti di Firenze.

“Crediamo che le immagini sono più forti delle parole. Per questo presentiamo una delle opere più potenti contro la guerra – afferma Eike Schmidt – che mostra le conseguenze non dirette, aneddotiche, documentarie, ma allegoriche della guerra. Un dipinto purtroppo attuale oggi, per una situazione che nessuno di noi sperava mai che tornasse. E’ un dipinto che apre gli occhi sul presente”.

Un dipinto che ricalca la concezione erasmiana che vede la guerra come una follia, e ce lo descrive il professor Marco Collareta, Ordinario all’Università di Pisa. Qui “dipinge un pittore barocco del ‘600 nordico, Pieter Paul Rubens. Di esso Firenze offre occasioni strepitose di pittura tra gli Uffizi e Palazzo Pitti”. Questo artista era ben conosciuto dalla principessa Anna Maria Luisa de’ Medici. Il quadro “Le conseguenze della guerra” è il primo di Rubens ad arrivare a Firenze e chi lo richiede è un altro pittore, nordico, suo amico. Si tratta di Justus Sustermans, pittore della corte medicea barocca, il quale fa richiesta scritta al suo talentuoso collega affinché producesse per i Medici un’opera pittorica su quanto stava succedendo nel nord Europa, quasi un reportage allegorico della guerra allora in atto.

Ma non abbiamo dovuto faticare nel riconoscere i significati allegorici che Rubens ha voluto dare ai personaggi e oggetti rappresentati, perché è stato lui stesso a corredare il dipinto di spiegazioni scritte. Rubens era abile anche nella prosa italiana oltre che latina, dunque un intellettuale oltre che artista, e ci fornisce una lettura coinvolgente con un tema così scottante a attuale vissuto dallo stesso pittore. Un dipinto che si lascia guardare ed ammirare sempre, un dipinto che porta a riflettere anche il visitatore distratto e stanco. Chi avrebbe mai detto che questo quadro oggi potrebbe fare da sfondo alle cronache belliche di degli ultimi giorni in Europa. Facciamo parlare le immagini attraverso le parole di Rubens.

“Principale è la figura di Marte. Il dio della guerra è appena uscito dal tempio di Giano, lasciando le porte aperte sulla sinistra”. Giano divinità romana, era il dio delle iniziative, positive e negative come l’inizio di una guerra. In tempo di pace si mantenevano chiuse le porte del suo tempio. Con un conflitto in atto si lasciavano spalancate. Dunque la guerra è iniziata. A trattenere Marte verso sinistra è Venere, sua adorata amante, attorniata da amorini, ma a nulla servono i suoi occhi lusinghieri e il suo corpo traboccante di femminilità. È più forte Furia, l’uomo alla destra di Marte che trascina il dio verso la distruzione, verso Peste e Fame, compagne inseparabili della guerra, rappresentati come mostri. Furia porta in mano una fiaccola ma dalla fiamma che non illumina. La spada in mano a Marte è già insanguinata.

Significative le figure al di sotto di Marte, attraversate dalla guerra che corrompe e distrugge. La donna con il liuto rotto è l’armonia spezzata, la madre col bambino è la carità, forza generatrice di vita, rappresentata atterrita dalla furia distruttrice. In terra vi è anche l’Architettura con strumenti e capitelli in rovina, simbolo degli edifici sventrati. È l’arte della costruzione, distrutta dall’arte bellica. E ancora, Marte calpesta un libro dal quale fuoriesce un disegno, un dettaglio che rappresenta le tre grazie che si abbracciano, da sempre considerate manifestazione di Venere, perché simbolo di armonia. È la guerra che calpesta le belle lettere e le galanterie, calpesta le arti liberali e meccaniche che invece rendono felice la vita.

Piangente, disperata, sconvolta è l’Europa, la matrona coronata a sinistra e vestita a lutto. La sua veste nera (età della guerra) nasconde la sottoveste bianca e oro (età dell’oro).

“Rubens non affronta il tema della guerra con atteggiamento partigiano – dice il prof. Collareta – A Rubens non interessa l’aspetto ideologico tra cattolici e riformati, non dà ragione a nessuna fazione. Non ci sono vincitori o vinti. La guerra distrugge tutto ed è per questo che deve essere allontanata da tutto il mondo abitato dai nostri simili”.

Non da ultima, la scelta dei colori, che vanno dai chiari a sinistra agli scuri a destra, verso Furia, Peste e Fame, in un ritmo di movimento distruttivo da sinistra a destra che non risparmia nessuno. Gli intellettuali del ‘600 consideravamo la guerra una sciagura in sé e Rubens è in linea con loro, perché ritiene che solo con armonia e pace possa procedere la vita.

Pare che questo quadro abbia ispirato Pablo Picasso in visita a Firenze prima di realizzare la celebre Guernica. E la tavolozza usata dai questi due differenti pittori tradisce il temperamento di entrambi. Rubens, ottimista, utilizza molti colori, Picasso esprime invece attraverso chiaroscuro lo stesso tema e stesso senso di lacerazione profonda lasciato dalla guerra. Con l’esplosione cromatica, Rubens è fiducioso nel bene che prevarrà sul male.

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