Proseguono le celebrazioni per il cinquantenario del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri: istituito il 3 maggio del 1969, questa speciale sezione delle forze di polizia nazionali, da decenni ormai, recupera porzioni del nostro passato e lo sottrae a traffici illeciti e, spesso, anche all’oblio, poiché pezzi pregiati, quadri, reperti archeologici e altre tipologie di manufatti se non fossero recuperati dai carabinieri del TPC, potrebbero essere apprezzati solo da pochi, quando invece appartengono all’umanità.
Questo insostituibile e prezioso lavoro di ricerca e tutela è ricordato con la nuova mostra inaugurata a Palazzo Pitti lo scorso 23 giugno, Storie di pagine dipinte. Miniature recuperate dai Carabinieri: ben quaranta le opere recuperate grazie allo sforzo del nucleo speciale dell’Arma ed esposte nel percorso espositivo, visitabile fino al 4 ottobre. Gli antichi codici e le pagine superstiti di quelli, purtroppo, distrutti e dispersi dai trafficanti d’arte coprono un arco temporale che va dal Duecento fino al Rinascimento. Provenienti dalla Toscana e dall’Umbria, i libri miniati portano la firma di grandi artisti dell’epoca come il Maestro di Sant’Alessio in Bigiano, Pacino di Bonaguida, allievo di Giotto, e Attavante degli Attavanti con Monte di Giovanni, tra i più celebri miniaturisti ai tempi di Lorenzo il Magnifico.
Le opere trafugate possono raccontare davvero delle storie incredibili, e allo stesso tempo anche infelici perché, sovente, segnano la perdita definitiva di un bene di inestimabile pregio: è il caso dei venti libri trafugati dall’Abbazia di Monte Oliveto a Siena, rubati nel 1975. I ladri in fuga smembrarono i codici trafugati, parte nascondendoli nel letame, un’altra porzione gettata via, mentre le pagine miniate immesse sul mercato illecito. Il lieto fine, questa volta, però c’è stato: i codici, anche se danneggiati, grazie ai Carabinieri, sono tornati a Monte Oliveto.
L’atmosfera soffusa presente in mostra pone ben in evidenza la bellezza e i colori fulgidi dei codici, custoditi nelle teche espositive. Nel percorso di visita anche un pannello con tecnologia touch che può essere adoperato dai visitatori e riporta le vignette dell’illustratrice Vanna Vinci, che illustrano il lavoro e i successi del TPC. La mostra, inoltre, è l’esito finale del lavoro svolto da specializzandi e dottorandi della scuola di specializzazione in Storia della Miniatura dell’Università degli Studi di Firenze, coordinati dalla professoressa Sonia Chiodo, curatrice della mostra. I ragazzi, di concerto con i Carabinieri, hanno rintracciato e narrato le storie dei codici miniati recuperati, andando ad arricchire la Banca Dati del TPC, costituita per rintracciare le opere mancanti, ancora da ritrovare.
A presenziare la conferenza stampa il direttore del Polo Museale Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, con il generale Roberto Riccardi, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e la professoressa Sonia Chiodo. Il generale Riccardi ha cominciato il suo intervento con una frase dello scrittore latino Terenzio: “Tutto quello che appartiene al genere umano, mi riguarda”, che è anche la filosofia seguita dal TPC, recuperare anche le più piccole testimonianze artistiche dell’uomo perché sono beni che appartengono a tutti.
“Il nostro lavoro è fatto di ricerca, catalogazione e ricostruzione storica, necessari per l’indagine sul bene da recuperare”, ha affermato il generale Riccardi, “da sempre, lavoriamo in sinergia con le forze di polizie e le magistrature di altri paesi poiché l’Italia è da considerare un alfiere della diplomazia culturale: affinchè il bene ritorni nel nostro Paese, bisogna accordarsi con l’attuale proprietario, anche se illecito”.
“Quelli esposti in mostra sono Graduali, Antifonari e Salteri”, ha spiegato la professoressa Chiodo, “ovvero libri contenenti i canti liturgici e le celebrazioni quotidiane. Un codice poteva contenere fino a sessanta miniature. Per i trafficanti d’arte immettere un singolo pezzo sul mercato, significa ricavare un guadagno maggiore. Le pagine recuperate per la mostra, quindi, possono essere considerate dei relitti di un naufragio”.