Lo straordinario restauro della Pala della Trasfigurazione nella chiesa di Santo Spirito a Firenze

by Valeria Nanni

Si può rendere l’invisibile non solo con immagini disegnate ma anche con il colore cangiante, e far partecipare il fedele al una visione celestiale e significante dell’essere. Cosa che riusciva benissimo a Pier Francesco Foschi, pittore ammiratore di Michelangelo e Pontormo. Oggi questa sua abilità è visibile da tutti coloro che vedranno la Pala della Trasfigurazione nella chiesa di Santo Spirito a Firenze. Del dipinto è infatti appena concluso il restauro, eseguito da Kioko Nakahara e Francesca Brogi in collaborazione con la Bottega d’Arte Maselli, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologica, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze. Committente è la Galleria dell’Accademia di Firenze, museo dove è ancora in corso una mostra monografica sul Foschi.

La chiesa di Santo Spirito dà il nome, oltre che alla piazza antistante, all’intero quartiere storico di Firenze nella zona di Oltrarno, ancora oggi centro vivo cittadino, dove si intrecciano movida locale e quella turistica. Visitare Santo Spirito è un’esperienza unica, lontano dalla congestione della folla dei soliti prescelti monumenti, gratuitamente si assiste ad un fluire di rinascimento architettonico e pittorico. Man mano che si attraversa la chiesa si passa infatti tra le campate mosse da archi a pieno centro e colonne, elementi che manifestano l’ordine, la proporzione e la simmetria voluti da Filippo Brunelleschi quando progettò per gli Agostiniani la stessa chiesa. Mentre sui lati danzano pale d’altare, poste ad ornamento di cappelle private, e manifestano con forme e colori i giochi armonici rinascimentali, non senza raccontare storie cittadine.

Pier Francesco Foschi viveva in questo quartiere e la chiesa di Santo Spirito era la sua parrocchia. Se gli agostiniani gli concedono l’affido di 3 pale d’altare evidentemente apprezzavano molto il suo tratto di colore e le sue composizioni pittoriche didattiche e meditative. Gli affidano inoltre di rappresentare tre temi cardine della fede cattolica, come la Risurrezione del Figlio di Dio, la disputa sull’Immacolata Concezione della Madonna e la Trasfigurazione di Gesù con i profeti Elia e Mosè. Questo Maestro, pittore ingiustamente finora poco conosciuto al pubblico, vive nella prima metà del secolo ‘500 e si fa interprete di quel periodo turbolento e sofisticato che la Chiesa cristiana ha conosciuto tra Riforma protestante e Controriforma cattolica.

La pala della Trasfigurazione era annerita da nero fumo prodotto dalle candele in uso massiccio nelle chiese, e da verniciature posteriori poi scurite col tempo. Inoltre la leggibilità dell’opera era compromessa da discutibili restauri ottocenteschi. La pala anche se in condizioni non ottimali fu notata dal professor Antonio Pinelli nel 1967, all’epoca laureando a Roma con una tesi su Pier Francesco Foschi, presentata dal relatore Giulio Carlo Argan. Oggi Pinelli è un importante storico dell’arte italiano, in rapporti professionali con Salvatore Settis e autore di diversi manuali di Storia dell’Arte, e fino al 2006 ordinario di Storia dell’Arte medievale e moderna all’Università di Pisa.

“L’opera era piuttosto invisibile – dice alla stampa – deteriorata ma comunque meravigliosa. Fu pensata quando il Concilio di Trento era alle porte, e dunque ne accompagna l’apertura. Lutero era agostiniano. Gli agostiniani avevano all’epoca un ruolo di punta a Firenze. Vicini al sentire del duca Cosimo I e di sua moglie duchessa Eleonora di Toledo, l’accento era posto sulla grazia di Dio e non sulle opere. Una posizione al limite dell’eresia. Questa pala quando fu generata si discuteva proprio sulla posizione della grazia e del dono del sangue di Cristo, e se già il credere dava promessa di salvezza”.

Tutto questo discutere in ambito cattolico era sentito dal Foschi e interpretato nella composizione pittorica. “Usa uno stile trascendentale tenendo a mente le pose statuarie e monumentali di Michelangelo e il colorismo di Pontormo. Quest’ultimo in particolare era il grande colorista di cui si fidava Michelangelo, quello a cui affidava i suoi cartoni preparatori da colorire. Il trascendentale viene tradotto dal Foschi con luminosità, cangiantismo, e porta all’estremo anche la posizione di Pontormo”.

La tensione cromatica, coesiste con la chiarezza compositiva nell’opera, dove attorno ad un asse centrale si agitano le figure che sospese si contrappongono l’una all’altra. Non abbiamo la rappresentazione dello spazio prospettico in tutte le sue scalature, ma come suggerisce il professor Pirelli “qui siamo in una sorta di trasfigurazione e traslazione, lo spazio reale scompare e compare la tensione cromatica e stilistica”. Insomma il maestro Foschi ci consegna una Trasfigurazione pittorica oltre che il racconto della Trasfigurazione evangelica.

Novità rivelate dal restauro inoltre è la presenza in origine di una predella, ovvero una tavola sottostante la pala principale dove erano rappresentate scene collegate a quelle in primo piano del dipinto a decorazione dell’altare. Servivano ad illustrare meglio il tema trattato. Ci sono due fori in basso, in passato richiusi, simili a quelli che si realizzavano solitamente per sostenere le predelle mediante staffe. Una parte è già stata individuata in un quadretto ritrovato all’asta e rappresentante la scena della resurrezione. Restano da ritrovare le altre due scene, probabilmente l’ascensione di Elia sul carro di fuoco e la caduta della manna nel deserto per gli Israeliti guidati da Mosè verso la terra promessa.

La pala restaurata della Trasfigurazione, era stata commissionata dal facoltoso mercante fiorentino Piero di Giovanni di Bini nel 1545, ornata da cornice monumentale realizzata dalla Bottega di Baccio d’Agnolo. È allocata dall’800 nel transetto destro della chiesa ad ornamento della cappella Capponi d’Altopascio. Secondo Sant’Agostino l’episodio evangelico della Trasfigurazione prefigura la morte e risurrezione di Gesù. “Una bellezza della cui esistenza gli uomini diffidano, mentre esiste davvero e al massimo grado” disse il santo. Una bellezza visibile in quest’opera dove il pittore mette in scena una vera e propria visione. La pala è ormai considerata uno dei vertici della prodizione di Foschi.

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