L’onda di libertà di Luca Pugliese nella Casa Circondariale di Foggia. «L’espressione artistica riesce a liberare le emozioni»

by Antonella Soccio

Flussi di libertà, spazi di condivisione. È un mare di arte quello che ha inondato la Casa Circondariale di Foggia. L’intenso lavoro artistico, durato complessivamente 18 giorni e intitolato “Un mare di arte… per un’onda di libertà”, è stato realizzato dall’artista Luca Pugliese in collaborazione con i detenuti e le detenute di tre sezioni – Femminile, Nuovo Padiglione, Sezione Giudiziaria – allo scopo di restituire luce al luogo e ai suoi abitanti.

Il risultato finale di questo progetto, fortemente voluto dalla direttrice della Casa Circondariale Giulia Magliulo, sono dei murales dai colori vivaci, tra cui uno di ben 150 metri di lunghezza che, colorando lo spazio nel segno del mare, rende più accogliente le mura del carcere foggiano.

«È un progetto che arriva a suo compimento, una mia idea condivisa con la direttrice e con tutto il personale penitenziario.-ha spiegato l’artista- Il tema era il mare, il mare e la sua arte. L’onda di libertà l’ho vissuta realmente nel corso dell’opera perché i ragazzi e le ragazze hanno appreso e hanno dipinto liberamente. Iniziate a dipingere il mare, ho detto, e loro si sono lasciati trasportare. Io vengo da 5 anni di pittura ittica. Il carcere di Foggia si è riempito di onde e di pesci. Con le detenute e con i detenuti c’è stata una empatia totale, siamo stati immersi. Le donne sono più sensibili all’arte, gli uomini sono stati più attivi nell’arte. Inondare di colori, di atmosfere e di blu sopratutto, un luogo grigio di per sé, un luogo di sofferenza, dà la forza e la speranza. E fa capire che l’arte davvero può fare miracoli sia per l’essere umano sia per i luoghi»

«L’arte ha un valore importantissimo, con l’arte noi trasmettiamo la cultura di un popolo-ha detto la direttrice a bonculture- quando visitiamo dei Paesi ovviamente andiamo a vedere le opere d’arte per vedere come si è evoluta una determinata popolazione. In un luogo come il carcere l’arte può e deve costituire una evoluzione della persona, in questo caso il detenuto o la detenuta, una sua evoluzione spirituale. L’espressione artistica riesce a liberare le emozioni e anche a reinventare una nuova personalità, nel detenuto rispetto al suo vissuto di errori l’arte ha un valore elevatissimo. Con l’arte i detenuti riescono ad esprimere delle emozioni inesplorate rispetto alla pena, che con le parole spesso non si riescono a comunicare. Quella del murales è stata una esperienza oltre che costruttiva per i detenuti anche molto emozionante. c’è stato un interscambio tra di loro, è stato un grande successo che spero di poter ripetere l’anno prossimo. Le mura da dipingere ce le abbiamo, abbiamo altre persone detenute che non hanno potuto partecipare. Negli istituti penitenziari è difficile industriarsi per delle attività del genere, è molto più facile per la musica o per il teatro, per la pittura occorre trovare un artista paziente. È difficile trovare artisti disponibili, le compagnie invece si trovano facilmente. Luca Pugliese ha una missione, lo conosco da anni, lui vive per questa missione culturale».

È possibile immaginare che le detenute e i detenuti possano diventare artisti e vendere le loro opere nel mercato dell’arte?

«Sicuramente si può pensare, è tutto da costruire, tutto ciò che viene realizzato in carcere può essere venduto all’esterno. Noi in questo momento non abbiamo prodotti interni, ma ci sono molti istituti penitenziari in cui si vendono i manufatti dei detenuti. Questa iniziativa è stata favorita dal dipartimento, non escludo che possano esservene delle altre».

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