“L’unica certezza è il dubbio”. Intervista ad Igor Imhoff, uno dei più talentuosi digital artist italiani

by Maria Teresa Valente

Metti un giorno per caso di trovarti dinanzi ad un esperto di computer, disegnatore provetto, intriso delle sonorità elettroniche degli  anni ’80 e con una fantasia al limite dell’onirico, ed ecco a voi Igor Imhoff, uno dei più talentuosi digital artist italiani.

Igor ho avuto la fortuna e l’onore di conoscerlo da adolescente, quando, amici di comitiva e quasi vicini di casa nella nostra città, Manfredonia, ci scambiavamo le cassette del Commodore (prima) ed i floppy disk dell’Amiga (poi), accomunati dalla passione per i videogame. Io, però, mi limitavo a cercare di capire il modo in cui rimanere con più vite possibili per passare al livello successivo fino a concludere il gioco; Igor, invece, è passato ad un livello che è andato ben oltre quello del salvataggio di una principessa dalle grinfie di un drago sputafuoco ed è letteralmente entrato nei videogame riuscendo a carpirne tutti i segreti digitali fino a trasformarli in vere e proprie forme d’arte.

Per lui, i disegni vergati a mano su carta, introiettati dall’hardware e digeriti dal software, riemergono sullo schermo e divengono memorie collettive in azione, adattandosi ai simboli e alle suggestioni del linguaggio contemporaneo, trasferendo sogni e incubi di un’umanità fuori dal tempo.

Igor Imhoff, classe 1976, vive la sua infanzia e giovinezza a Manfredonia, si laurea all’Accademia di Belle Arti di Foggia ed attualmente risiede a Venezia dove ha una cattedra di Animazione digitale presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia ed è docente nel Master di Cinema digitale di Ca’ Foscari. Numerose al suo attivo le partecipazioni a mostre e festival in Italia e all’estero.

In cosa consiste di preciso il suo lavoro? Difficile spiegarlo in parole, molto più semplice sarebbe utilizzare delle immagini, magari in movimento e su sottofondo musicale, con cui Igor racconta storie vere oppure trasmette delle suggestioni, cogliendone i punti più salienti e reinterpretandoli con linee, forme e colori che sembrano quasi far attraversare a chi le guarda un sogno. Il risultato è che l’attenzione viene catturata a 360 gradi e si viene immersi in una vera e propria realtà virtuale.

Proprio com’è successo a Lecco, dove per il 50° anniversario del primo uomo sulla Luna, Igor ha dato ai visitatori intervenuti al Planetario la possibilità di immedesimarsi in Neil Armstrong e provare l’ebbrezza di una passeggiata lunare indossando un casco.

E ancora, a Bologna, dove poche settimane fa si è cimentato nella rivisitazione della strage di Ustica in memoria delle 81 persone che il 27 giugno 1980 persero la vita a bordo del DC9 dell’Itavia. In “Volo IH 870” al Museo per la Memoria di Ustica, Igor Imhoff ha aperto la serata con Sotto traccia, una trascrizione onirica delle prime ore di quella serata, realizzata con un’animazione grafica digitale che ha ripreso le fasi del viaggio: dalla partenza dei passeggeri, inconsapevoli di ciò che stava per succedere loro, alla battaglia aerea, fino all’inaspettato epilogo dell’esplosione e dello sparire tra i flutti dell’aereo. Uno spettacolo live multimediale a cura di Silvia Grandi che ha trasportato i presenti a bordo del DC9, facendo loro rivivere quei tragici momenti.

Altro lavoro importante: Anafora, dove in un lavoro di videomapping, ovvero di proiezione su monumenti, ha rivisitato i Dauni in un’animazione onirica delle stele che, dopo essere stata proiettata sulla Basilica di Siponto, sta facendo ora tappa in Brasile.

Da Manfredonia al Veneto, per scelta (artistica) o per necessità (lavorativa)?

“Entrambe le cose. Durante il periodo di studio ho avuto per l’epoca il coraggio di produrre videogame e contemporaneamente intraprendere sperimentazioni di vario genere nell’ambito del digitale. I miei primi contatti e collaborazioni erano in Veneto, per cui alla fine del mio percorso di studi scegliere la destinazione non è stato un grosso problema”.

Le tue creazioni sembrano uscite da un sogno; cosa può far scaturire in te l’ispirazione?

“Non ho dei punti di riferimento precisi quando inizio un singolo progetto. Spesso parto da una suggestione. In genere mi incuriosiscono quelle tematiche dalle quali posso ottenere delle narrazioni non lineari e sfaccettate. A volte sono libri, a volte luoghi, a volte le persone che incontro. Ad ogni modo sono attratto da tutti quei contesti la cui lettura non è mai univoca, e l’unica certezza è il dubbio”.

La collaborazione più importante?

“Nell’ambito puramente commerciale ho avuto modo di collaborare con molte aziende e molti nomi noti. Al volo, mi vengono in mente Ducati, Dimensione Danza. Per quanto riguarda l’attività artistica non saprei dire quale sia stato il più importante. Pensando alle situazioni più recenti il progetto “Raccontare per immagini: Il primo cinema della storia. Obiettivo sul Paleolitico” per il polo museale del Veneto, collaborando con Carlo Montanaro, e la performance di videoarte e musica “Volo IH 870” al Museo per la Memoria di Ustica”.

Le tue radici sono a Manfredonia, anche se il tuo cognome sembra indicare altre origini.

“Le mie radici sono a Manfredonia, ma il mio cognome è di origine tedesca (Norimberga), anche se quasi sicuramente i miei bisnonni provengono dalla Svizzera e probabilmente prima ancora dalla Russia”.

A Manfredonia gli unici Imhoff sono i soli familiari di Igor, eppure Imhoff è un nome conosciuto in città e molto stimato. È infatti al papà di Igor, Ferdinando Imhoff, scomparso giovanissimo, che è intitolata la più importante associazione di Manfredonia, la PASER, che si occupa di Protezione Civile, sanità e assistenza sociale.

“Di mio padre Ferdinando, pensando alla PASER, alle persone che lo hanno conosciuto e che ancora oggi ne parlano con grande affetto, posso solo dire che i motivi di orgoglio vanno ben oltre quelli che un figlio potrebbe avere del proprio padre. Raramente si incontrano nella vita persone così”.

Il complimento più bello che hai ricevuto?

“Per fortuna ogni tanto capitano i complimenti e non nego fanno sempre piacere, anche se questo è un ambito dove spesso complimenti e sincerità non sempre viaggiano insieme. Spesso sono legati ai commenti, anche inaspettati, che ricevono i miei lavori. I più belli, però, sono quelli di alcuni miei studenti, quando mi chiedono un po’ stupiti di come io riesca trovare sempre soluzioni spaziando tra svariate competenze e giocando sempre con metodi alternativi”.

E sono proprio i metodi alternativi utilizzati da Igor che ne fanno una punta di diamante nella visual art. La sua voglia di sperimentare, di miscelare il passato con il presente ed anche con il futuro, lo rendono un cantastorie 3.0 che riesce a stupire ed incantare gli spettatori i quali, come in un immaginifico gioco di specchi, mentre guardano le proiezioni di una storia, si sentono essi stessi proiettati nella storia, quasi a diventarne protagonisti, in un vortice di suoni, luci e colori degni di un sogno.

Metti un giorno per caso, ed ecco a voi Igor Imhoff, uno dei più talentuosi digital artist italiani.

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