«Luoghi, Angeli e Madonne». Una mostra di Nicola Liberatore, la cui bellezza contraddice (e in qualche modo riscatta) lo scandalo dell’incuria in cui versa il nostro splendido Museo Civico

by Enrico Ciccarelli

«Luoghi, Angeli e Madonne». Si intitola così la bella mostra dell’artista foggiano di origini garganiche Nicola Liberatore, in esposizione alla Sala «Diomede» del Museo Civico (ma con ampie propaggini in tutto il sito) fino al prossimo 23 aprile. Una mostra, ci avverte il come sempre acuto curatore, il critico Gaetano Cristino, di opere (quasi tutte in esposizione per la prima volta) realizzate in massima parte nel periodo della pandemia, nell’isolamento da lockdown.

Il riconosciuto talento di Liberatore, da decenni fra i protagonisti della scena artistica del nostro territorio, si dedica con particolare vigore all’esercizio della memoria, in un confronto insistito e tenace fra le modalità espressive di assoluta contemporaneità e le antropologie remote o addirittura arcaiche della nostra tradizione.

I luoghi della città capoluogo e del promontorio vanno di pari passo con gli angeli del culto micaelico, di quel Monte dell’Angelo a cui i pellegrini diretti in Terrasanta volgevano i loro passi sugli antichi tracciati della Via Sacra Longobardorum. Giunto in Italia con le armate bizantine di Belisario e Narsete, l’Arcangelo Guerriero era personificazione di Mithra, divinità solare del pantheon persiano; proprio come le Madonne Nere «apparse» in più parti dell’Europa altomedioevale hanno più di una parentela con il culto lunare di Iside.  Un subbuglio di popoli, di lingue e di fedi che in vario modo continuano a plasmare i nostri luoghi.

Liberatore li raffigura in più di un modo, con più di una tecnica, con più di una materia, come è nelle sue caratteristiche di artista eclettico; e li raffigura in forma aniconica, senza volto, non solo per rappresentare l’ineffabile del mondo spirituale, ma anche per sottolineare la minaccia dell’oltraggio del tempo, che è in realtà parallelo o successivo all’oltraggio dell’oblio. Per questo condividiamo pienamente sia l’impulso dato alla mostra dal Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano (con il presidente Saverio Russo e la capodelegazione Gloria Fazia), sia l’invito dell’artista a che la mostra sia visitata da studenti e docenti delle scuole di ogni ordine e grado dalle elementari all’Accademia di Belle Arti. Un invito in cui vivono sia la personale biografia dell’autore, insegnante di lungo servigio, sia l’intenzione pedagogica che caratterizza la sua attività artistica.

Un invito tanto più opportuno perché possa ulteriormente diffondersi lo sdegno per le lacrimevoli condizioni in cui versa un Museo che potrebbe essere, per ricchezza di dotazioni, un autentico gioiello. Larghe macchie di umidità sono presenti sulle pareti delle antiche sale, che costringono a sistemazioni di fortuna anche i più famosi fra i dipinti ospitati. Vani, finora, i ripetuti appelli del Fai ripresi dagli organi di informazione.

Si tratta di una devastazione che non ha alcuna attenuante: il danno è ancora relativamente lieve, ma progressivo. Se all’inizio bastava aggiustare una gronda, oggi servono interventi più consistenti, e di maggiori ci sarà bisogno se la Commissione Prefettizia continuerà a voltarsi dall’altra parte. Eppure crediamo che a Palazzo di Città comprendano che l’amore per la bellezza e per l’arte non siano altra cosa rispetto alla battaglia per la legalità. Ne sono anzi uno dei principali fondamenti. Per favore, intervenite. E fate presto.

Nel video l’intervista a Nicola Liberatore

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