Natalija Dimitrijević e Maria Trentadue, abitare il tempo post covid: la mostra a Spazio Murat

by Luana Martino

Si è inaugurata il 2 luglio la nuova mostra all’interno dello Spazio Murat di Bari. Il nome scelto è ‘Natalija Dimitrijević ? Maria Trentadue’ quello cioè delle due artiste che in una questa piccola esposizione si rispecchiano e sembrano completarsi vicendevolmente. Si tratta, infatti, di una mostra a due, che lega due artiste figurative, due tempi, due concezioni diverse eppure affini. Gli spazi interni, le case e le stanze della giovane Natalija Dimitrijević e quelli esterni, le piazze, la strada di Maria Trentadue. Il contemporaneo, il qui e ora dialogano con gli anni ’60 e il passato. La pittura e il territorio pugliese a fare da comune denominatore delle opere delle due artiste.

Così come ci dice la curatrice, Melissa Destino, la programmazione di Spazio Murat è stata riformulata e riordinata temporalmente proprio a causa degli imprevisti dovuti all’emergenza Covid. Il momento di grande difficoltà ha spinto, dunque, a ripensare in maniera nuova e critica alle formule prestabilite, alle relazioni con le persone e con l’ambiente, e alle politiche del lavoro. In particolare il tempo passato in lockdown sembra aver dato la possibilità di ripensare al rapporto con il nostro intorno e a quello degli altri: abbiamo avuto questi mesi per rivalutare la nostra condizione e quella delle altre persone. La pandemia -aggiunge la Destino-  non è stata uguale per tutte e tutti, al contrario ha reso manifeste in maniera ancora più eclatante le disparità e le difficoltà. In un periodo in cui lo spazio pubblico era impraticabile –per molte persone, le più fortunate–, la casa è diventata il proprio cosmo e il fuori il proprio sogno.
La cosa, dunque, è divenuta un’oasi di protezione ma anche una sorta di gabbia che ci ha tenuti ancorati per mesi. Così l’idea della mostra si fonda, proprio, da un lato su quel quotidiano e sull’esterno che abbiamo immaginato durante i mesi di isolamento e, dall’altro sull’idea di casa e dei suoi interni. 

Una mostra che mette, dunque, a contatto Maria Trentadue, nata a Modugno nel 1893 (1893-1977) e la giovane Natalija. La prima sperimenta utilizzando materiali di vario tipo: cartone ondulato, pezzi di compensato, tele, vetro e persino lastre radiografiche, pittura sacra e profana. I suoi scenari fanno riferimento a una realtà che dipinta diviene archetipica: paesaggi, vedute urbane, scene di lavoro agricolo, momenti di socialità vengono ricostruite attraverso l’immaginazione.
I personaggi, tranne quando esplicitamente connotati, non sono caratterizzati da un genere sessuale pre-imposto e sembrano non avere differenze di età14; umani e animali sembrano essere originati da un’unica materia che si declina in varie forme con l’aggiunta di piccole variazioni.

Natalija Dimitrijević, invece, è nata a Niš in Serbia (1995). Ha frequentato la scuola d’arte della sua città natale (Umetnička škola Niš) nel dipartimento tecnico-figurativo. Nel 2014 si è trasferita a Bari dove ha studiato all’Accademia di Belle Arti, nel corso di pittura, laureandosi nel 2019. I soggetti della sua pratica pittorica sono, come accennato precedentemente, gli ambienti domestici. Attraverso quadri, che vanno dalle piccole alle grandi dimensioni, e tramite l’uso di diverse tecniche. La pittura per lei diventa un modo per ricordare, sceglie di farlo utilizzando prospettive schiacciate, linee ed elementi che si fondono dando vita ad esplosioni di colori e mondi paralleli.

Per l’occasione abbiamo chiesto alla giovane artista qualcosa della sua arte.

Come nascono le tue opere?

Nelle mie opere -racconta Natalija Dimitrijević- io rappresento delle case, case di fantasia, case surreali, case intese come persone; tutto inizia dalla casa e da aspetti che mi colpiscono e che prendono forma sulla tela. Durante la quarantena, però, ho smesso questa pratica perché non avevo l’ispirazione, ho chiesto, così, ad altre persone di mandarmi delle foto delle loro case, di raccontarmi degli aneddoti legati alle loro abitazioni, di parlarmi dei loro spazi intimi affinché potessi realizzare le mie opere. Le mie case di fantasia, infatti, non riuscivano a prendere forma e quindi ho avuto bisogno dell’interazione con gli altri.

Le opere esposte nello spazio Murat, come ci dicevi, si rifanno sempre ad un’idea di casa. Come nascono queste in particolare? E quale tecnica hai usato?

Ho iniziato a fare queste opere per ricordate tutto ciò che non volevo dimenticare. Sono ricordi della mia infanzia che però non volevo trattare come qualcosa di nostalgico e melanconico ma volevo che fosse qualcosa che appartenesse alla mia generazione e quindi che comprendesse anche cose di platica, glitter, e barbie, ad esempio.
Le opere esposte allo Spazio Murat sono realizzate con smalto su legno ma normalmente utilizzo l’acrilico.

Conoscevi la Trentadue? Ti sei lasciata ispirare da lei? Quali sono i tuoi riferimenti?

In realtà prima di questa mostra non conoscevo Maria Trentadue. Osservando le sue opere, però, mi sono accorta che nella mia produzione si respira qualcosa del suo mondo. Grazie a Melissa Destino ho scoperto questa artista, un’artista definita naif e credo che anche nella mia produzione ci possa essere questa vena.
Io, in realtà, mi lascio ispirare da quasi tutta la storia dell’arte perché la mia ricerca parte dall’idea di spazio e spazialità che poi si focalizza sul tema ‘casa’ in particolare. Ci sono riferimenti all’arte egizia, a quella orientale che si ritrovano nelle prospettive che realizzo, ma a tutta la concezione di ricerca della spazialità che si ritrova in, solo per citarne alcuni, Matisse e Keith Haring. 

La mostra, nata in collaborazione con Microba, Achrome, Pinacoteca Metropolitana Corrado Giaquinto e con il sostegno dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bari, sarà fruibile sino al 30 Agosto.

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