Nico Contemporary Art, il nuovo perno glocal della scena artistica contemporanea a Bari

by Fabrizio Stagnani

Dopo essere stato tanto anelato, Nico Contemporary Art è realtà. A Bari, nel quartier Madonnella, una galleria, un contenitore artistico. Nel mirino l’ampliamento dell’offerta culturale cittadina, oltre i suoi confini, fungere da polo di aggregazione e scambio, sintonizzarsi sui trend internazionali.  
I due fautori si conobbero sul treno che li stava portando in Accademia per il primo giorno di studio. Sono Fabio Santacroce e Mariantonietta Bagliato. Una l’Associazione di promozione sociale, l’AFA, due i progetti a confluirvi, “63rd-77th STEPS” e la stessa “Nico Contemporary Art”. Loro non dei curatori, ma degli artisti a fomentare la scena, dei direttori artistici glocal.

Se si vuol parlare di “NICO”, tutto è già detto nel nome. Cubitale in bianco rosso, ad evocare i colori connotativi del capoluogo pugliese. A richiamare inequivocabilmente il suo patrono, per altro in una zona al tempo stesso popolare e cool della città. “Semplice e diretto”, così come per una pizzeria, un barbiere, da NICO, uno luogo d’arte!”. Ma al tempo stesso, per la vocazione contemporanea ed avanguardistica, in grado di solleticare l’attenzione di avventori alieni. 

Mariantonietta, riconosciuta dai più come Marian, è, nonostante la sua giovane età, una pioniera a Bari nella progettazione di spazzi culturali. In via Cattaro, nel periodo studentesco, già ideò e strinse tra le mani le redini di “NODO”, una fucina underground di artisti pugliesi in erba, progetto che in seguito vinse anche il bando di “Principi Attivi” della Regione Puglia. Oggi insegna Discipline pittoriche a Cerignola. Per arrivarci gli studi al Liceo Artistico, l’Accademia ed il Master a Roma in “Video, fotografia, teatro e mediazione artistica nelle ralazioni d’aiuto”, arte terapia per il sociale insomma. Il legame con la terra che l’ha cresciuta, il lavoro, la riportano in Puglia. Anche se la Bagliato ha pure sangue praghense nelle sue vene. Maestra di marionette, Ivana Bubnova, la madre. Figlia d’arte, delinea l’immaginario espressivo con le radici dietro le quinte dei teatri di figura, fra favole e scenografie. La personale ricerca si manifesta per mezzo del medium artistico della stoffa. Materia che di per se, specie se di recupero, ha già intessute fra le trame storie. Stoffa che fa da pelle a gigantiformi soggetti, personaggi, imbottiti e plastici ( qui alcuni esempi => bit.ly/MarianWorks ).

Un tempo dolci ed accoglienti, ora sempre più aggressivi nei tratti. Comunque uno stile che rimanda univocamente al suo fare, che la rende riconoscibile, anche se, qualora ne sentisse il bisogno, non farebbe certo fatica ad creare con pennelli e tempere tra le mani. 
Mentre a forgiare Fabio Santacroce, più che la didattica, sono state Londra, Parigi, Barcellona, Berlino, tutte città nelle quali ha vissuto per lunghi periodi e dove si è formato artisticamente. Dopo il liceo linguistico, un accenno di Accademia, ha spiegato le ali ed è andato a saggiare e carpire dalle frontiere europee. Quando ancora a Bari, sua l’idea di “63rd-77th STEPS”, esperienza che ha visto esporre opere firmate da nomi oggi alla ribalta nazionale ed internazionale, sulle rampe delle scale in disuso, tra il sessantatreesimo ed il settantasettesimo scalino appunto, del palazzo in cui viveva in via Manzoni ( www.63rd77thsteps.com ).

Lungi dal volersi proporre come esistenzialista e nichilista, in una posizione oggettiva, scremando tutti i sentimentalismi della lettura sull’arte, lui vuole creare visioni, eludendo la possibilità di comprensione in una dimensione logica. “Partono dal ventre, lì vengono masticate, e ne scaturiscono esperienze quotidiane in bilico tra oppressione e resilienza!”. Non arte/salvezza umana, come sempre più spesso ormai viene proposta, ma arte per spostare il cursore della realtà, senza presunzione, senza morale, essenziale. Intrattenimento culturale si, ribaltato però. Sua la prima mostra ad inaugurare NICO Contemporary Art, lo scorso 5 settembre, ancora oggi fruibile. “Policy of the sun”, il titolo mutuato ed accomodato da “Policy of truth” dei Depeche Mode. Un progetto in contrapposizione di forze, fra dolore e stasi, quiete e resilienza, filtrate da un codice linguistico distopico. 

“Sentivamo la necessità di questo spazio, a Bari. Ormai ampia l’offerta di luoghi della cultura, ma non sono mai troppi. Teniamo a voler attrarre qui realtà con le quali, un tempo, si poteva entrare in contatto solo allontanandosi. – è Marian a spiegare – Anche e sopratutto per i nostri emergenti, le nuove generazioni. Siamo artisti, non galleristi, vogliamo fare rete con interlocutori locali ed esteri per il fiorire dell’arte contemporanea sul territorio.” 
“Al fermento chiamato Puglia, volevamo consegnare una realtà come la intendevamo noi. Facciamolo, ci siamo detti! – ancora più pragmatico, Fabio aggiunge – Con “NODO”, Marian, e con “63rd-77th STEPS” io, in tempi non sospetti portammo in città autori che ora hanno un valore, sopratutto artistico, ma anche concreto. Sarebbe auspicabile che il collezionismo di opere in Puglia prenda quota. Come investimento, per gli acquirenti e sulla ricaduta dell’offerta culturale. Serve avere fiducia.” 

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