Orsanmichele a Firenze, il complesso rinasce e riapre al pubblico dopo oltre un anno di lavori. «I monumenti migliori non sono soltanto quelli iconici»

by Valeria Nanni

Coltivare visitatori e non turisti. Questo sembra essere stato lo spirito con cui Paola d’Agostino ha diretto i Musei del Bargello di Firenze e che oggi, termina il suo mandato dopo 8 anni al servizio dello Stato. Un saluto compiuto con l’inaugurazione della chiesa granaio Orsanmichele che è parte del complesso museale del Bargello e che riapre finalmente al pubblico dopo i restauri. La direttrice ha anche annunciato che Massimo Osanna, è il prossimo Direttore Generale Musei del MIC, e a partire da oggi gli succede alla direzione ad interim dei Musei del Bargello. 

Un cambio di guardia dunque annunciato nella chiesa simbolo del lavoro, fede e nutrizione dei fiorentini, unica nel suo genere, una cornice medievale e rinascimentale scrigno dell’antica potenza cittadina nel mondo allora conosciuto. “La Firenze moderna spesso non si rende conto che i monumenti migliori non sono soltanto quelli iconici”, ha detto alla stampa la direttrice Paola d’Agostino che presenta la riapertura di Orsanmichele come un suo sogno realizzato, “questo è un monumento che coniuga religione, arte e ricerca sulla lingua italiana”, ad esso è infatti connessa la sede della Società Dantesca Italiana sita nello storico palazzo dell’Arte della Lana collegato al primo piano di Orsanmichele da un ponte esterno soprelevato.

“Orsanmichele è un gioiello che non ha pari – dice il sindaco Dario Nardella – incastonato nel centro storico fiorentino, patrimonio Unesco. Luogo di grandissima vocazione storica e spirituale che combina le due anime di Firenze, religione e lavoro. Fu motore della vita della città, medievale e rinascimentale, luogo di sustentamento del popolo fiorentino da sempre devoto alla sua Orsanmichele”.

Antonella Ranaldi, Soprintendente, considera che “il periodo di chiusura della chiesa – 400 giorni totali – non è stato poi troppo lungo, se si considerano tutti i lavori effettuati. Raccoglie storie uniche della storia di Firenze, oltre a testimoniare quel trapasso epocale tra la generazione di artisti tardogotici e artisti rinascimentali. Furono le 14 Arti e Mestieri a chiamare gli artisti per eseguire e collocare esternamente i 14 tabernacoli dei loro patroni, dunque una committenza civica, non religiosa. Dagli anni ’80 esse furono sostituite da copie e collocate al piano superiore dell’edificio. La prima ad essere musealizzata fu nel 1891 la scultura di Donatello, il san Giorgio, la sola delle 14 statue ad essere collocata al museo del Bargello”.

Il nuovo progetto illuminotecnico ha donato oggi all’interno della chiesa un effetto diffuso, sono in risalto le volte a crociera affrescate, il gruppo scultoreo in marmo Vergine con bambino e Sant’Anna di Francesco da Sangallo, e la meravigliosa scultura-tabernacolo tardogotica dell’Orcagna che racchiude l’icona della Madonna delle Grazie di Bernardo Daddi. Al lavoro degli architetti si aggiunge la mano dei restauratori che hanno ripulito e monitorato l’edificio nei suoi elementi lapidei, hanno restaurato gli affreschi alle pareti e sui pilastri, e monitorato le sue volte affrescate. “Alle spalle del gruppo scultoreo del Sangallo è stata rimossa una sacrestia vecchia – comparsa in tempi recenti in chiesa, spiega Benedetta Matucci, curatrice di Orsanmichele – in modo da riportare a vista gli affreschi dei santi Domenico e Francesco affrescati sulla parete di fondo. Sulle volte risplendono gli affreschi trecenteschi di 12 donne a nord e 12 uomini a sud corrispondenti a personaggi delle Sacre Scritture”. Quanto alle statue delle Arti, restaurate e ricollocate sui nuovi sostegni di allestimento, esse valorizzano ora maggiormente la monumentalità con cui furono pensate dagli artisti.

Chi passeggia per via de’ Calzaiuoli, via dell’Arte della Lana, via Orsanmichele e via dei Lamberti, ovvero per le strade corrispondenti ai quattro lati dell’edificio, avrà l’impressione di costeggiare un palazzo che si impone con la sua forma cubica stereometrica, traforata in pietra forte, decorata dai tabernacoli in marmo con sculture di santi protettori ciascuno di un mestiere. Entrando ci si rende conto di essere accolti al piano terra da un ambiente ecclesiastico, ricavato dalla chiusura di una precedente loggia, il quale ha conservato l’aspetto di spazio unico. Salendo al primo piano si è inondati di luce naturale proveniente dai finestroni aperti sui lati del palazzo. Progettato per essere luogo di stoccaggio delle granaglie, e nel ‘500 divenuto Archivio Granducale mediceo (dei Contratti e dei Testamenti), il luogo fu destinato negli anni ’80 a sede museale per la conservazione delle Statue delle Arti originali staccate dei tabernacoli. Oggi sono ancora esposte le sculture ma con un nuovo allestimento. Per ricreare il contesto alle statue, concepite per essere poste a due metri e mezzo da terra e entro tabernacoli “sono stati progettati i tabernacoli moderni come piccole architetture, composta da pedana, podio e fondale bianco”, spiegano gli architetti progettisti Tommaso Barni e Fabrizio Natalini.

L’ultimo piano è infine un’altana gigantesca che si affaccia sulla città. Se il visitatore si è procurato di salire fin su, sarà avvolto da una piacevole vista a 360 gradi sui tetti delle case del centro storico e i monumenti principali cittadini. Svettano imponenti la mole di Palazzo Vecchio, l’estensione di Palazzo Pitti, il poligono della Tribuna degli Uffizi, la festa di marmi colorati della cattedrale Santa Maria del Fiore, l’eleganza della basilica di Santa Croce. Sbucano dai tetti le forme gotiche del campanile della Badia Fiorentina, bandieruola e merlatura guelfa dell’adiacente palazzo dell’Arte della Lana. I lavori di restauro hanno riguardato anche i due portali di accesso all’edificio, realizzati in legno intagliato. Sono oggi dotati di nuovo meccanismo di apertura, che permette un’ampiezza maggiore e dunque migliore veduta interna: si è voluto restituire ai passanti l’interno di una chiesa così rappresentativa della storia di Firenze, che si lascia vedere dalla città di cui è parte. Le entrate sono protetta a loro volta da discrete porte a vetro.

In aiuto della visita saranno anche 5 video documentari scaricabili su QR-code, tra cui quello riguardante l’inaspettata scala interna al tabernacolo dell’Orcagna. L’accesso è sul retro, creata dall’artista percorribile per raggiungere la sommità dell’opera. Da qui si azionavano marchingegni per abbassare o rialzare i cancelli in ferro che proteggevano l’immagine sacra entro il tabernacolo, ai tempi in cui il piano terra di Orsanmichele non era ancora chiuso da muri come adesso, ma era una loggia aperta.

Orsanmichele torna ad essere museo aperto al pubblico, così come torna ad essere chiesa, con celebrazioni liturgiche da domenica 21 gennaio alle 12.30, presiedute dal Monsignor Basco Giuliani, che per tanti anni ha celebrato messa ad Orsanmichele. “Qui è dove mondo civile e religioso si incrociano – dice – Due aspetti che nella società del ‘300 non erano nettamente divisi, anzi tra cui c’era una compenetrazione continua. Orsanmichele testimonia la vita di lavoro, politica e di fede dei fiorentini, tutto espresso in queste opere d’arte per le quali non si badò a spese. Ogni Corporazione ha fatto a gara per avere il tabernacolo migliore, ingaggiando gli artisti del momento, come Donatello, Ghiberti, Brunelleschi, Giambologna. Queste opere d’arte furono fatte per essere viste dal basso eppure sono rifinite anche in alto, scolpite nelle più piccole figure. Lo spirito con cui furono create era ben preciso: la fede”.

L’architetto Tommaso Barni, ci invita ad ascoltare il sussurro di una mole architettonica imponente nel contesto urbanistico fiorentino. “L’architettura di Orsanmichele è tra le più alte della città. eppure la sua maestosità è in sordina. Non una piazza a glorificarla, non un punto di fuga che manifesta la sua grandezza fisica. Perciò andrebbe guardata mentre si è su Ponte Vecchio e si guarda verso via Por Santa Maria. Lì Orsanmichele rivela tutta la sua potenza. Le sue statue celebrano il lavoro dell’uomo, in un edificio che è stato ed è tante cose diverse insieme. Speriamo che possa oggi essere, con i suoi portali aperti, una illuminante pausa nell’interminabile sequenza di vetrine sulla via”.

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