“Paesaggi di Capitanata” di Pino Palmieri, la luce solare di un Meridione archetipico e vitale

by Antonella Soccio

È stato un grande successo di pubblico e di emozioni la mostra “Paesaggi di Capitanata”, opere dal XX al XXI secolo di Pino Palmieri, la personale dedicata ai suoi 50 anni di carriera come pittore dalla Fondazione dei Monti Uniti nello spazio espositivo di Via Arpi.

Dagli esordi naturalistici e veristi fino alle ultime opere, iperreali con tante nature morte, paesaggi agricoli, oliveti, mandorleti.

Non mancano gli scorci mozzafiato di Vieste, Calenella, Peschici.

In uno degli ultimi giorni di esposizione l’artista pugliese ha accompagnato i visitatori, raccontando le sue suggestioni e la pennellata che con gli anni è cambiata divenendo sempre più attenta al particolare, meno ruvida.

I suoi quadri, per la nitidezza della luce e dei colori, sembrano quasi fotografie dell’anima.

Sono tante le nature morte con i prodotti tipici del Sud: peperoncini, aglio, peperoni, melanzane, fichi d’India.

Sono nature morte eppure sembrano quadri astratti come se quella frutta o quegli ortaggi fossero degli archetipi di un Meridione vitale, fatto di natura, di sole, di mare, di meriggi nella terra ferrosa.

Lo stesso accade per i paesaggi con gli ulivi ed i mandorli, che appaiono una trasfigurazione allegorica delle stagioni e del trascorrere del tempo, dentro l’immensità della natura.

Nelle ultime produzioni le nature morte hanno degli sfondi speciali: come per le foto di Instagram, ma senza l’ossessione food porn del digitale, gli ortaggi sono fotografati dentro uno scenario culturale, sia esso la Cattedrale o i tetti del centro storico di Foggia. Non c’è voyerismo né retorica né tanto meno l’attuale feticismo enogastronomico nei prodotti agricoli che Palmieri adagia sui drappi rossi.

Ed infatti il critico d’arte Gianfranco Piemontese, interno al direttivo della Fondazione ha scritto nel bellissimo catalogo della mostra:

“Quello che caratterizza la pittura di Pino Palmieri sono le attenzioni ai dettagli e alle rese cromatiche, che possiamo ritrovare in molti suoi dipinti, come le particolari forme di Natura morta. Non ci troviamo davanti alla tradizionale cesta di frutta e ortaggi posta su di un piano all’interno di uno spazio chiuso. L’autore, nelle sue Nature morte, squarcia lo spazio chiuso e le inserisce in un paesaggio aperto, dove la luce solare e l’ambiente naturale diventano un tutt’uno con i soggetti sapientemente dipinti. Un tempo la natura morta veniva definita una “bambocciata”, un esercizio di stile “alla fiamminga” tratto dal vero. Palmieri rivoluziona la tradizione di questo ricorrente soggetto di pittura e lo fa interloquire con la terra arata, la vera di un pozzo o i prati fioriti di papaveri, rucola e senape bianca: spazi che vedono stagliarsi all’orizzonte le linee tondeggianti del promontorio garganico”.

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