Pier Francesco Foschi, in mostra a Firenze le opere del pittore della modulazione della luce e dello spazio razionale

by Valeria Nanni

Non sempre dopo la morte le persone si rivalutano e possono cadere ingiustamente nell’oblio. È questo il caso di un artista, un pittore del ‘500 fiorentino, Pier Francesco Foschi, allievo di Andrea del Sarto e figlio di uno dei maggiori collaboratori di Botticelli. Oggi di lui conosciamo molto di più. Grazie a storici dell’arte che ci lavorano dagli anni ’60, i suoi dipinti e disegni possono essere svelati al pubblico con una mostra dal 28 novembre al 10 marzo alla Galleria dell’Accademia di Firenze.

Si confrontò con artisti del calibro di Pontormo e Bronzino esponenti della maniera moderna, ebbe l’onore di realizzare apparati effimeri per onorare Michelangelo Buonarroti nelle sue esequie, ma anche di celebrare con la sua arte matrimoni come quello tra Cosimo I ed Eleonora di Toledo, e Francesco I con Giovanna d’Austria. Fu autore di numerose pale d’altare, apprese amabilmente l’arte del ritratto, ricevette commissioni per dipinti di devozione privata da Medici, Pucci e Torrigiani. Le sue opere sono nutrite del classicismo di Andrea del Sarto, che aveva grazia nel disegno e vantava un uso raffinato di luci e ombre senza rinunciare al colore audace.

Raggiunse il successo negli anni ’40 del ‘500 quando ricevette la commissione di ben tre pale d’altare per la stessa chiesa rinascimentale di Santo Spirito gestita dai frati agostiniani in oltrarno a Firenze. Non era questa un’occasione alla portata di tutti i pittori, tanto è vero che Giorgio Vasari ne parla stupito nella vita di Andrea del Sarto. E anche negli ultimi anni della sua vita restò molto attivo. Fu poi sepolto in Santo Spirito, la chiesa che lo aveva reso grande artista agli occhi di tutti.

Purtroppo Giorgio Vasari non dedica a lui una biografia come per altri, forse per invidia o forse per disprezzo del suo stile molto classicista e poco manierista. Ma la mancanza di obiettività di Vasari è risaputa. Perciò sarà nel ‘900, con la riscoperta del manierismo che si tira fuori dal dimenticatoio anche questo artista e lo si comincia a studiare; Roberto Longhi nel 1952, Antonio Pinelli nel 1967, e Simone Giordani e Nelda Damiano negli ultimi anni; mettendo insieme le opere riconosciute autografe, si ottiene uno spaccato più preciso dell’attività di Pier Francesco Foschi e del suo contributo nella Firenze controriformata.

Oggi sono mostrate 40 opere, divise in cinque sezioni, che mostrano le sue qualità di disegnatore, il legame con il maestro del Sarto mai interrotto, gli eccellenti ritratti di personaggio di spicco della società cinquecentesca. È ricostruito un percorso tagliato sul territorio toscano che ha portato alla luce anche opere mai viste prima. Il visitatore curioso potrà essere guidato anche da un app scaricabile su smartphone, compiere un Virtual tour o fare un gioco didattico adatto ai più piccoli.

E il racconto della vita professionale del pittore si apre con l’esordio. “Figlio di uno stretto collaboratore di Botticelli – spiega il curatore Simone Giordani – Fu lui ad insegnare il mestiere al figlio. Tuttavia Foschi non è botticelliano ma sartesco. L’impianto del maestro si riconosce nella Pala Lotti del 1526. È questo un momento importante a Firenze per le arti e Foschi ha qualità importanti paragonabili ad Andrea del Sarto, il pittore senza errori. L’Impianto del dipinto è tradizionale, con angelo musicante ai piedi della Vergine. Composizione equilibrata dal punto di vista spaziale e nella cromia. Le vesti candide dei santi laterali Benedetto e Bernardo di Chiaravalle fanno da quinte”. Ma Pierfrancesco Foschi pur essendo sartesco perviene a risultati originali, come l’attenta modulazione della luce, spazio razionale, orchestrazione dei toni cromatici, che risaltano gli effetti scultorei dei panneggi, e già nelle opere giovanili vediamo le varietà di sfumature emotive dei protagonisti.

Elvira Altiero, responsabile del dipartimento storico artistico del museo, ci guida nella seconda sezione della mostra, e su come cresce Foschi sull’esempio del maestro, copiando e ricopiando le opere o particolari di esse di Andrea del Sarto. “Foschi continuò a frequentare la casa del maestro anche quando era autonomo, confermandosi come il più grande allievo del Sarto. In mostra di grande interesse è il paliotto ricamato. Unica opera in stoffa. Era un paramento d’altare per la Cattedrale di Cortona commissionato dal cardinale Silvio Passerini. Andrea disegna per il tondo centrale una madonna con bambino, oggi perduto. Ma Foschi trasse da esso una pala commissionata nel 1530. La tavolozza è più chiara, e tradisce la collaborazione a questa data con Pontormo”. Anche se si mette sui passi del maestro, il Foschi dà un’interpretazione personale alla maniera sartesca.  

Incredibile la produzione di pale d’altare di Foschi che riceve tantissime commissioni, bel 12, un numero significativamente elevato nel contesto fiorentino dei decenni centrali del cinquecento. In queste opere esisteva una collaborazione tra legnaioli, pittori, doratori e corniciai.

Ma è decisamente accattivante la produzione di opere per devozione privata realizzata dal Foschi, dove ritroviamo maggior libertà di esecuzione, minuzia di particolari, uso simbolico di oggetti o fiori, dove si ritrova un influsso di arte nordica. Bellissima Giuditta che uccide Oloferne, dove del tema vetero-testamentario “Foschi immortala il momento tra i due colpi di spada, e ci mostra l’eroina in piena azione – spiega la seconda curatrice della mostra, Nelda Damiano – Tuttavia Foschi stempera la violenza, attraverso la riproduzione dettagliata di particolari come i bottoni, la cintura e riducendo al minimo l’effetto realistico della ferita”. Si nota piuttosto una citazione michelangiolesca in Oloferne che ricorda la posa di Noè sulla volta della Sistina.

L’arte di Foschi esplode poi nella ritrattistica, ultima sezione della mostra, dove il pittore fiorentino si dimostra attento ai moti d’animo dei personaggi, così come ai particolari delle vesti e oggetti che li identificano e ne sottolineano lo stato sociale. Nei ritratti femminili è esaltata la bellezza ideale, l’eleganza e virtù. Perché a Firenze erano convinti che la bellezza meritasse commemorazione e fama eterna. Inoltre l’abbigliamento poteva esaltare o sminuire il carattere di chi lo indossava. Per incoraggiare la modestia e la moderazione intervenivano le leggi suntuarie istituite da Cosimo I, ma per l’élite si faceva un’eccezione. I colori rosa e grigi rivestono le sue donne ritratte, nei toni più diversi. Foschi adotta uno stile più semplice rispetto al Bronzino, all’epoca pittore di corte medicea, dimostrandosi in linea con il tempo della Controriforma.

“L’obiettivo di una rassegna così ampia e accurata – racconta Cecilie Hollberg, direttore della Galleria – è quello di fornire per la prima volta in Europa gli strumenti per comprendere la personalità artistica di un maestro come il Foschi e il suo ruolo nel contesto della pittura fiorentina del Cinquecento. Si è già creato un bel fermento tra gli storici dell’arte interessati a Foschi. Firenze sorprende sempre”.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.