Reaching for the stars, a Palazzo Strozzi l’arte contemporanea dissacrante e provocatoria per aprirsi al futuro

by Valeria Nanni

Cosa ci fa un razzo installato nel cortile rinascimentale di Palazzo Strozzi a Firenze è solo il primo interrogativo che il visitatore può porsi con “Reaching for the stars” una mostra che dal 4 marzo al 18 giugno permetta alla Città del Giglio di essere sempre meno ancorata al passato, proiettata anzi verso il futuro, in alto, verso l’immensità dello spazio, come inizio ed apertura dell’esposizione d’arte contemporanea dissacrante e provocatoria rivolta a tutti coloro che vorranno frasi destabilizzare nei pregiudizi.

Ad animare lo spirito contemporaneo saranno più di 70 opere di artisti italiani e stranieri, tra i più importanti nello scenario artistico internazionale tra gli anni 90, passati alla storia come gli anni di ferro, ai nostri giorni ancora in via di definizione. Artisti raccolti dal una speciale donna, mecenate e collezionista, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente della fondazione omonima, luogo di incontro e formazione di artisti contemporanei.

Lontano dal restare chiusa entro un passato bello e rassicurante, la coscienza collettiva può aprirsi al futuro, per leggere consapevolmente il proprio presente. Serve pertanto guardare all’arte contemporanea. E a sottolinearlo è la stessa Patrizia Sandretto Re Rebaudengo testimone di un periodo storico artistico che va dagli anni 90 ai nostri giorni. “E’ importante l’arte e la cultura contemporanea per le nuove generazioni – dice alla stampa – un’emozione raccontare i 30 anni di lavoro della Fondazione in Palazzo Strozzi, storico luogo di mecenatismo e cultura, attraverso l’esposizione di opere sistemate come fossero in un dialogo, un incrocio di conversazioni d’arte compiute in 30 anni. Mio desiderio è che il visitatore trovi uno spazio tra esse per scoprire l’arte contemporanea. Vi troverà la storia, la democrazia, il diritto di cittadinanza, il disagio razionale tecnologico. Desidero per questo raccontare e dunque che la collezione viaggi, non resti in Fondazione, poichè non tratta temi fermi, anzi in divenire. Ho perciò lavorato sin da subito nel superamento della dimensione privata creando legami con le realtà pubbliche. Una Fondazione per la quale fu scelto come logo una stella, ripresa dallo stemma della mia famiglia. Oggi la stella è diventata una costellazione di opere”.

Dunque un’arte che deve portare a riflettere, criticare, pensarsi in modo diverso, che incontra la politica, l’uomo nel suo dilemma esistenziale, la donna nello scardinamento degli stereotipi sessisti e conseguente ridefinizione della sua identità. Il visitatore sarà portato a interrogarsi attraverso opere provocatorie, dissacranti, a tratti oscure, irriverenti, ironiche e spesso amare. Potrà avvertire sensazioni di disagio, riluttanza, per poi forse comprendere che esse, le opere, in diversi modi stanno scardinando i personali stereotipi imposti da altri ed accettati supinamente. Solo attraverso una tabula resa dei valori convenzionali si può fare posto ad una nuova identità umana.

Si dialoga sulla materia senza rinunciare alla lezione alchimista della metamorfosi. I linguaggi sono molteplici perché appunto le opere potranno la voce degli artisti in un dialogo senza sovrastrutture, mai banale, pieno di meraviglia. Ed è allora che stupisce la forma di un palloncino che protubera dal muro intriso di colore rosso puro. La postazione a testa in giù di scrivania e sedia di un qualunque impiegato che ha lasciato i segni inceneriti della sua presenza attraverso sigarette spente fumate, si trasforma in interrogativo esistenziale. La teoria di vasi comunicanti può fornirci il pretesto per riflettere sulla psicosi del contagio di malattie del secolo.

Persino il lavoro delle pazienti tessitrici del passato pungola la produzione industriale seriale e nauseante contemporanea, salvata solo dall’arte che ne fa quadro di grande interesse tecnologico ed artistico. Il “perfetto” raggiunto dalla fabbrica e dalla chimica può diventare “l’imperfetto naturale” proprio per la sua mancanza di originalità. Le sculture monumentali sublimi come la vista del Canyon possono diventare leggere, mutevoli, in divenire esattamente come le nuvole se ci mettiamo acqua sapone e motore.

A tutto questo si aggiunge la storia, quella collettiva e quella di ognuno di noi, dove un evento traumatico può mettere in dubbio un’esistenza e l’incertezza farà oscillare tra leggerezza e drammaticità anche lo spirito più forte. Si vacilla come esposti a spazzole di autolavaggio in movimento incostante. E quando si parla di immigrazione clandestina è come giocare a calciobalilla in 11 per parte, una partita tra bianchi e neri.

Persino la politica cittadina, nella figura dell’Assessore alla Cultura Alessia Bettini, non è stata immune dalla suggestione della costellazione di stelle proposte in mostra. “Il razzo in cortile che guarda al cielo punta al futuro. Suscita emozioni, dà il senso al tema della costellazione, ovvero unire punti luce che insieme sono più forti. Palazzo Strozzi presenta una grande offerta culturale che guarda ai giovani, produce laboratori di contemporaneità, delineando Firenze come una città di giovani artisti capaci di creare nuove rotte. La cultura crea terrore nei regimi perché crea conoscenza, ed è dunque espressione di democrazia”.

E la democrazia dovrebbe essere fondata dalle voci di tutti, orchestrati in un’armonica espressione di opposti. Dovrebbe ma non lo è se Eleanor Roosevelt non è abbastanza brutta, se Marilyn Monroe non è sufficientemente stupida, se Andy Warhol non è crudele, se Malcom X non è arrabbiato. Non c’è civiltà quando è assente lo spazio individuale e la libertà di espressione. Non si può ritenere una parità di genere raggiunta ovunque quando altrove le donne sono prive di libertà e il loro corpo è negato e chiunque rompa i codici sociali diventa una minaccia immediata per la società e va eliminato.

L’arte prevede l’eliminazione pacifica dei codici, passeggiando sala dopo sala tra gli artisti riuniti in “Reaching for the stars”, curata da Arturo Galansino che presenta la mostra come “un viaggio intergalattico nel cosmo dell’arte, attraverso figure chiave del contemporaneo, le stelle che ci indicano il cammino. Già nella Firenze del ‘400 si cercavano le risposte alle proprie domande nello spazio infinito. Gli antichi romani pensavano che fosse Mercurio a influenzare gli artisti, Marsilio Ficino nel rinascimento suggerisce invece un’influenza di Saturno sulla produzione artistica. La mostra inizia con l’imponente razzo posizionato sul cortile, che punta alle stelle, nell’attesa di essere lanciato. Evoca speranza di salvezza del genere umano in altri mondi, verso un orizzonte più ampio”.

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