Riapre al pubblico la Sala Bona di Palazzo Pitti con i suoi arazzi. La mecenate: «Senza l’arte saremmo dei selvaggi»

by Valeria Nanni

Sono stati donati un milione di euro a Firenze per restituire nuovamente al pubblico la Sala Bona di Palazzo Pitti, al tempo in cui il palazzo era a tutti gli effetti una reggia medicea, ed 8 preziosi arazzi di Valois, ciclo mediceo custodito nel palazzo, nonché un prestigioso pianoforte a coda per concerti. La mecenate fa parte di Friends of Uffizi Gallery ed è Veronica Atkins, il cui operato ha molto ricordato lo spirito rinascimentale di corte, quando la ricchezza era messa al servizio delle arti e degli artisti, formandoli, promuovendoli, sostenendoli. “Per me l’arte è molto importante – dice – perché penso che migliori l’umanità. Senza l’arte saremmo semplicemente selvaggi, per come la vedo io. Questa è la ragione principale per la quale ho deciso di finanziare questi restauri. Amo molto l’Italia e quindi per me è stato naturale dare un contributo a questo paese”.

Così un ambiente splendido, quasi dimenticato, potrà essere aggiunto nelle tappe di visita della reggia, e gli arazzi, non più polverosi e trascurati, saranno portati splendenti in Francia per una mostra ad essi dedicata, e poi successivamente esposti solo in occasioni eccezionali, per la loro miglior salvaguardia. Inoltre il prestigioso pianoforte da concerto sistemato nella Sala Bianca farà rivivere la musica in questo ambiente settecentesco.

Ma torniamo al principio, nel ‘500, ovvero quando i duchi Cosimo I de’ Medici e sua moglie Eleonora di Toledo scelsero Palazzo Pitti come nuova residenza alla metà del secolo. Ci vollero quasi 50 anni per rendere Palazzo Pitti abitabile stabilmente dalla numerosa corte dei Granduchi di Toscana. Il primo Medici ad abitare davvero nel palazzo fu loro figlio Ferdinando I con sua moglie Cristina di Lorena. E siamo all’incirca ai primi del ‘600. A quel tempo in arte, prima della predominanza del nuovo stile ormai alle porte, il barocco, si ammiravano le ultime manifestazioni manieriste, visibili al tempo nelle decorazioni di Palazzo Pitti, di cui oggi la sala di Bona è testimone. Ma i lavori di ristrutturazione non si arrestarono per sempre.

Al contrario, la reggia medicea è stata pesantemente modificata nel tempo. Ha visto avvicendarsi per un secolo e mezzo circa i regnanti fiorentini, con numerosi figli, pronipoti e nonni, con tutta la corte a seguito. Estinta la dinastia medicea nel palazzo hanno abitato i sovrani della casata Asburgo – Lorena, poi napoleonica, e infine sabauda. Insomma tre secoli movimentati con gente diversa che ha lasciato il segno del proprio gusto nei cambiamenti decorativi e architettonici del palazzo.

Per cui trovare oggi a palazzo un ambiente come quello della Sala Bona, dal gusto decorativo tardo manierista, che ci racconta dei primissimi medici che lo hanno abitato, è davvero una caccia al tesoro. Si tratta pertanto di un prezioso ambiente restituito oggi alla fruizione. Chi vi entra rimane suggestionato dai colori vivaci degli affreschi, dalla folla che popola le scene, dalle decorazioni a ghirlande popolate da fiori, frutta e ortaggi. La decorazione doveva suggerire la magnificenza della casata medicea iniziata con Cosimo I, affrescato sulla volta nudo come un nuovo dio Giove, e glorificata da suo figlio Ferdinando I attraverso operazioni militari per la sicurezza del Mediterraneo. “Gli affreschi sottolineano la Politica estera di Ferdinando I – sottolinea il Direttore delle Gallerie Degli Uffizi Eike Schmidt – La flotta navale medicea dei Cavalieri di Santo Stefano doveva garantire il commercio libero nel Mediterraneo”.

Sono infatti affrescate alle parteti maggiori le battaglie vinte in Algeria con la conquista della città di Bona, da cui l’attuale denominazione della sala, e la conquista della Rocca di Prevesa in Albania. Per la loro rappresentazione il pittore Bernardino Poccetti incaricato dal granduca Ferdinando I, si ispirò ai resoconti delle due imprese pubblicati nel 1605 e nel 1607 e dal punto di vista stilistico agli affreschi eseguiti anni prima dal Vasari nel salone dei 500 nell’allora Palazzo Ducale denominato poi Palazzo Vecchio quando i Medici si trasferirono in palazzo Pitti. Alle pareti minori vi sono rappresentati il porto di Livorno simbolo della potenza della flotta medicea autrice delle conquiste raccontate negli affreschi in sala, e Ferdinando I che riceve prigionieri e bottino di guerra.

Questa era la parte del palazzo a disposizione di ospiti illustri. Invece oggi nulla o quasi, ricorda il tempo dei primi Granduchi Medici residenti. Si impone invece al visitatore una prima grande sala denominata Bianca e divenuta famosa negli anni 50 del ‘900 per essere stata il luogo della prima sfilata di moda italiana. Fu voluta nel ‘700 e decorata a stucco per volere dei Lorena, come un ampio ambiente ricavato dall’abbattimento delle sale per gli ospiti forestieri e usato come sala da ballo e feste. La sala di Bona perse perciò d’importanza, più piccola rispetto alla nuova Sala Bianca, e rimase inalterata nella decorazione, che oggi possiamo ammirare dopo il restauro.

Autore del rifacimento è l’Opificio delle Pietre Dure, istituzione che strizza l’occhio a Ferdinando I de’ Medici suoi creatore, storico laboratorio operante ancora oggi. I colori in affresco, opera del Poccetti, ultimo rappresentante della grande decorazione manierista fiorentina, erano offuscati da patine giallastre dovuti a precedenti restauri; le pareti presentavano estesi danni strutturali come lesioni, distacchi di intonaci e dunque cadute di colore agli affreschi. L’intervento dell’Opificio ha potuto recuperare la stabilità strutturale della sala e la luminosità delle pitture. Obiettivo raggiunto grazie a preliminariindagini termografiche e georadar, campagne fotografiche nelle diverse bande dello spettro elettromagnetico, ed analisi chimico fisiche. Le operazioni di restauro sono state condotte sotto la direzione di Cecilia Frosinini e Renata Pintus, e operate da una squadra di restauratori esperti, guidati da Mariarosa Lanfranchi e Paola Ilaria Mariotti.

Il lungo e meticoloso restauro che ha interessato gli 8 arazzi di Valois di manifattura fiamminga ha interessato azioni di ricucitura, lavaggio, reintegrazioni, per portare alla luce scene i cui dettagli dei tessuti nelle scene resi a rilievo sono capaci di trasportare davvero il visitatore all’interno di feste, giochi ed eventi alla corte di Luigi IX e Enrico III di Francia. Questo ciclo di capolavori dalle raffigurazioni degne di più sofisticati quadri del ‘500 sono stati commissionati nel 1575 da Caterina de’ Medici quando fu regina di Francia, ormai vedova del re Enrico II. Grazie al paziente lavoro di recupero dalle specialiste Costanza Perrone Da Zara e Claudia Beyer sotto la supervisione della curatrice degli Arazzi delle Gallerie Alessandra Griffo oggi risplendono con colori ed ori.

“E’ molto difficile trovare sostegno per il restauro di opere come gli arazzi, perché sono capolavori dalla scarsa visibilità. Siamo per questo ancora più riconoscenti nei confronti di Veronica Atkins -dichiara La presidente di Amici degli Uffizi e Friends of the Uffizi Gallery Maria Vittoria Rimbotti – In oltre cinque anni le Gallerie degli Uffizi hanno potuto beneficiare di donazioni generose. La signora Atkins rappresenta un esempio emblematico di cosa significhi il mecenatismo, nato in Toscana nel Rinascimento e oggi accolto negli Stati Uniti in sostegno alla cultura e all’arte come forme indispensabili alla crescita sociale”. Non da ultimo il pianoforte a coda, frutto del mecenatismo di Veronica Atkins, che sarà da oggi ospite fisso e protagonista dei concerti che si terranno nella Sala Bianca. Si tratta di un Yamaha CFX, top di gamma della produzione mondiale di pianoforti, e questo é l’unico esemplare presente in Italia nella sua versione del modello aggiornata al 2022. Gli esperti di musica sanno che è lo strumento presente sui palchi più prestigiosi di tutto il mondo. Tanti maestri lo hanno amato, tra cui Sviatoslav Richter, uno dei più grandi pianisti del XX secolo, si narra che ne volesse sempre uno nelle sue tournée internazionali. La sua particolarità sta nella sua progettazione, come se fosse un prolungamento delle mani dell’artista. Il risultato è un’esecuzione musicale capace di trasmettere fedelmente l’insieme di emozioni, sentimenti, intenzioni dell’esecutore.

“Il pianoforte da concerto consentirà di integrare, molto più spesso che in passato, le visite alle opere d’arte con eventi musicali – dichiara il direttore Eike Schmidt – Il mecenatismo dei Medici verso tutte le forme artistiche si rispecchia oggi nel munifico dono che Veronica Atkins offre non solo agli Uffizi e Palazzo Pitti, ma alla città di Firenze e al mondo”.

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