Shine di Jeff Koons abbaglia Palazzo Strozzi nel profondo. «Collegare il presente al passato significa continuare a legare le persone alla memoria biologica»

by Michela Conoscitore

Più di quarant’anni d’arte nei quali è stato etichettato in mille modi, spesso discordanti tra loro, in cui lui tuttavia si è sempre riconosciuto. Controverso, geniale, pop-artist, provocatorio, Jeff Koons ha sempre camminato sul filo invisibile dell’essere non disdegnando l’apparire. La conferenza stampa di presentazione della retrospettiva che la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze gli ha dedicato, Shine, si è trasformata in una grande festa informale per celebrare l’artista dei record e il bambino che sognava di trasformare quella passione in lavoro.

Visitabile fino al 30 gennaio 2022, la mostra curata da Arturo Galansino, presidente generale dell’ente culturale fiorentino, e Joachim Pissarro ripercorre la parabola artistica del creativo statunitense sempre in divenire. Scultura iconica e simbolo del percorso espositivo di Palazzo Strozzi è Rabbit, l’opera del 1986 venduta nel 2019 a New York da Christie’s per una cifra da capogiro, 91 milioni di dollari che per Koons sancì uno dei suoi tanti record: il prezzo d’asta più alto mai spuntato da un artista vivente. Tutto iniziò proprio nella Grande Mela, quando il giovane Jeff raggiunse Salvador Dalì all’hotel St. Regis, l’incontro con l’artista spagnolo lo incoraggiò a proseguire nell’intento di fare arte, comunicare e mettersi in contatto non solo con i contemporanei ma soprattutto con chi l’aveva preceduto.

Shine dà la possibilità al visitatore di conoscere davvero Koons nella sua peculiare ricerca artistica, introducendolo in un mondo che luccica, affascina e che possiede infinite chiavi di lettura. Arturo Galansino ha definito l’arte di Koons come inclusiva, aperta, democratica e spirituale delineando un ritratto in contrasto con la visione dell’artista nell’immaginario collettivo. Non è solo un’arte popolare, piuttosto la diretta astrazione dell’epoca a cui appartiene, ovvero la società dei consumi, la quale non viene demonizzata dall’artista piuttosto vi riflette, provando a condividere i significati nascosti da lui individuati che la popolazione mondiale, iperconnessa e super informata, non coglie.

Teatro di questo racconto iperbolico è la capitale del Rinascimento, Firenze, e scenografia d’eccezione è appunto Palazzo Strozzi, simbolo di quella civiltà che fece uscire l’arte dalle chiese e la rese mainstream. Sembrerebbe anche questa una provocazione, l’antico e il contemporaneo pare facciano a cazzotti, ma non è così perché a proposito delle chiavi di lettura per interpretare i significati delle opere di Koons, il passato è la cifra stilistica forse più importante per il creativo.

Collegare il presente al passato significa continuare a legare le persone alla memoria biologica. È diverso dall’istinto ma simile: portiamo le informazioni con noi in un modo molto profondo, e questa forza di connessione è una narrativa potente.

Jeff Koons

Quindi l’arte è anche un lascito delle generazioni precedenti che non deve andare perduto, ma rielaborato e innovato, mai dimenticato. Firenze per questo motivo è la meta perfetta per Koons, grande estimatore di Masaccio, Leonardo, Michelangelo a cui si aggiungono i maestri della modernità come Manet, Picasso, Dalì, Duchamp ed Andy Warhol. Soprattutto perché il capoluogo toscano da decenni intrattiene un rapporto d’eccezione con i maggiori esponenti dell’arte contemporanea, e Palazzo Strozzi è uno degli interlocutori più attivi e appassionati.

Quando l’arte fa discutere è arte, quando mette tutti d’accordo è marketing”, ha affermato il sindaco di Firenze, Dario Nardella, nel corso della conferenza stampa. “Firenze non è una sterile e malinconica auto contemplazione del passato, ma deve farsi interprete della modernità”, ha proseguito, “in Koons rivedo il genio del Cellini e di Bronzino, la sua ricerca della lucentezza, che tiene sospesi tra il reale e l’apparente, è il filo conduttore che lo lega agli artisti del nostro Rinascimento”. Gli ha fatto eco il presidente della regione, Eugenio Giani, quando ha affermato che “l’arte è la vocazione più autentica della Toscana.

Presente la stampa italiana ed estera per l’anteprima di Shine, a cui hanno preso parte anche le massime cariche degli enti che hanno contribuito alla realizzazione della mostra, da Banca Intesa San Paolo a Cassa di Risparmio Firenze. A fare gli ‘onori di casa’, oltre a Galansino anche il presidente della Fondazione Palazzo Strozzi Giuseppe Morbidelli che nel suo intervento, oltre a cogliere l’apporto significativo dello spettatore nella ‘vita’ dell’opera poiché ne completa la narrazione e partecipa al messaggio, ha rivolto un accorato appello al pubblico e al privato chiedendo di continuare a finanziare il comparto artistico, duramente colpito dalla pandemia. La stessa mostra Shine ha subito uno stop per via del Covid, originariamente prevista per ottobre 2020. Nell’anno intercorso, il dialogo con Koons non si è mai interrotto affinchè si riuscisse ad offrire un’antologica importante dell’artista al pubblico. Shine è la ripartenza effettiva dopo la pandemia di Palazzo Strozzi.

Ho sempre voluto partecipare alla vita e l’ho fatto grazie all’arte” ha dichiarato Koons ai giornalisti, “sono sempre stato stimolato dagli artisti che mi hanno preceduto e con la mia arte ho provato a creare dei nessi. Conosco i miei limiti”, ha concluso, “ma ho sempre provato a superarli per migliorarmi. Quel che voglio trasmettere a chi osserva le mie opere è che l’inclusione è la direzione giusta da seguire”. Joachim Pissarro, co- curatore della mostra, ha aggiunto che l’arte di Koons è un invito a scoprire l’interiorità di chi la guarda.

Sto cercando di catturare nell’oggetto il desiderio dell’individuo e di fissare le sue aspirazioni in superfice, in una condizione di immortalità.Jeff Koons

Perché Shine? Le opere di Koons hanno come caratteristica imprescindibile la lucentezza liscia, lineare, che appaga e diverte, plastificata. Bisogna andare oltre l’apparenza, oltre lo scintillio di un’opera che un occhio superficiale definirebbe di massa e partecipare, come ha affermato il presidente Morbidelli, alla narrazione di cui lo spettatore è destinatario. Il verbo inglese ‘to shine’ deriva dal tedesco ‘schein’ che ha lo stesso significato ma anche un ulteriore accezione, apparenza. Una provocazione dell’artista perché invita lo spettatore a superare l’abbaglio di un momento e a scorgere meglio quel che vede nelle sue opere. Nel riflesso dell’acciaio splendente compare lo spettatore stesso che così diventa parte dell’opera e del suo significato. Da qui la necessità di inclusione e accettazione di Koons per formulare insieme al pubblico un’arte di tutti e per tutti, come accadde nel Rinascimento.

Ad accogliere il visitatore nel cortile di Palazzo Strozzi il Balloon Monkey (Blue), cinque tonnellate di splendore in blu che si sposano alla perfezione con il cortile rinascimentale ideato da Benedetto da Maiano, l’architetto preferito da Lorenzo il Magnifico. Salendo lo scalone, inizia il viaggio nell’universo koonsiano: si parte con i primi lavori degli anni Settanta come Inflatable Flowers e si passa alle opere della serie Equilibrium come One Ball. Segue la serie Statuary con Italian Woman e il già citato Rabbit. Le superfici lisce e splendenti attirano e inebriano, infatti spesso le sculture di Koons sono state associate al sesso poiché sono capaci di entusiasmare e anestetizzare allo stesso tempo, annullando il reale e facendo sperimentare allo spettatore una petit morte artistica. Colori, bagliori, gli Stati Uniti e i ricordi d’infanzia, Koons fa dono di se stesso al pubblico dischiudendo le porte del suo immaginario. Il percorso espositivo continua con Balloon Dog, una delle sue opere più celebri appartenenti alla serie Celebration che dall’alto dei suoi tre metri osserva i quadri Bread with Eggs e Tulips. E poi ancora Dolphin, Lobster, Seated Ballerina, Bluebird Planter, le sculture e i dipinti della serie Gazing Balls con Balloon Venus Lespugue, ispirate all’arte di un passato che è ancora presente per l’artista. Si impara tanto da Shine, si apprende molto da Jeff Koons, il vate brillante del Rinascimento contemporaneo.

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