Tele, disegni e sculture: sette nuovi acquisti per Uffizi e Palazzo Pitti. «L’arte è un bene comunitario. Comprare e vendere è lecito»

by Valeria Nanni

La storia del collezionismo a Firenze non si è mai interrotta. Saranno così 7 le nuove opere che prenderanno posto tra le Gallerie degli Uffizi e Palazzo Pitti, acquistate in occasione della prestigiosa Biennale Internazionale dell’Antiquariato a Firenze conclusa lo scorso 2 ottobre nei sontuosi ambienti di Palazzo Corsini. Quelle scelte dagli Uffizi sono opere che vanno dal secolo ‘500 al secolo ‘900, riguardano le tecniche della pittura, statuaria e disegno.

Un commercio esclusivo e particolare che tuttavia porta le opere d’arte dall’antiquario alla collettività, restituendole dunque alla pubblica fruizione. Succede solo durante la visita al museo che l’esclusività si trasforma in possibilità innalzando il valore aggiunto al biglietto di ingresso, laddove richiesto. Ecco quali sono, raccontate in esclusiva, prima che prendano posto nelle sale di visita dei musei fiorentini.

Si potrà ammirare al museo Tesoro dei Granduchi in Palazzo Pitti il prezioso busto in avorio di Cosimo III de’ Medici scolpito da Jean-Baptiste Basset a Livorno. Come una miniatura ci restituisce il giovane volto del più longevo granduca toscano, dall’artista firmato e datato 2 marzo 1696 sul retro. Era un’epoca in cui Livorno era un porto franco verso il Mediterraneo, città che in pratica in epoca barocca divenne come una italiana New York City.

Molto bello è l’Allegoria della locuzione oraziana “Ut pictura poesis” dipinto da Francesco Cairo nel 1635. Si mostra la personificazione della pittura e della poesia mentre si relazionano in perfetta armonia, esplicitando la citazione latina di Orazio, come un omaggio all’età classica.

Ragazza col cane del pittore cinquecentesco Carletto Caliari, è poi un disegno preparatorio che servì all’artista per un dipinto oggi custodito al Louvre a Parigi. Quest’opera non è stata un acquisto ma un generoso regalo da parte dell’antiquario Enrico Frascione. È una scena di genere realizzata dal figlio di Paolo Caliari, più conosciuto nella storia dell’arte come il Veronese.

Interessante è poi Atelier con il pittore in atto di dipingere il Combattimento di Sommacampagna, dipinto autoritratto dell’artista Felice Cerruti Bauduc del 1855. Quest’opera ci permette di curiosare nello studio del pittore e vedere come lavorava alla realizzazione del dipinto citato in pittura e custodito a Torino. Si scopre infatti che si servì di un cavallo per ritrarlo dal vero e di un ragazzo vestito da soldato, entrambi fatti intervenire dello studio.

Ha poi letteralmente affascinato il Ritratto di gentiluomo con la spada che sottende l’Invidia dipinto del lucchese Pietro Paolini nella quarta decade del ‘600, sulla scia del caravaggismo. “Siamo rimasti incantati dallo sguardo magnetico che il pittore dona al ragazzo ritratto – spiega Cristina Varelli, esperta in pittori caravaggisti – lui è un elegante cavaliere, l’armatura è poggiata sul tavolo e posa fiero, con occhi luccicanti. Al di sotto di lui è l’Invidia rappresentata secondo l’iconografia di Cesare Ripa, come una vecchia donna scapigliata che magia il proprio cuore”.

Ed ora le ultime due opere acquistate che per cronologia entrano nella Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze. Si tratta della tela Viaggio tragico del 1925 realizzato da Ferruccio Ferrazzi, un dipinto di impatto immediato che ha affascinato curatori e consiglieri degli Uffizi. Come suggerisce il titolo, Ferrazzi rievoca qui il ricordo di un’esperienza personale, il viaggio in nave compiuto nel novembre 1917 verso la Sardegna, chiamato a prestarvi il servizio militare. Il pittore raffigura la visione che ebbe nel viaggio con tutta l’angoscia di quel particolare periodo storico. Il quadro è caratterizzato da intensità emotiva e nella composizione richiama lo studio della pittura quattrocentesca. Per la resa di luci e colori è invece vicino alla pittura del ‘500 con tanto di neopontornismo. L’altra opera contemporanea acquistata degli Uffizi è la magnifica Pietà in bronzo del 1950 realizzata da Giacomo Manzù, un gruppo statuario considerato dal direttore Eike Schmidt “neo quattrocentesco, neo giottesco, neo masaccesco”. Manzù si discosta dalla tradizione liturgica e freddamente dottrinale per attingere alla grande scultura donatelliana, approdando ad un brano di intensa e grave espressività.

Ed è proprio Eike Schmith a spiegare la possibile acquisizione da parte delle Gallerie degli Uffizi che è chiamato a dirigere: “Il nostro è un museo che dal 2015 funziona come ufficio periferico del Ministero della Cultura. Questo ci permette di procedere sia con azioni scientifiche che di bilancio economico. Così grazie ai ricavati della grande affluenza di visitatori registrata negli scorsi mesi di luglio e agosto, possiamo decidere di acquistare opere d’arte come queste sette citate”.

Sul profilo del contemporaneo antiquario fa luce Fabrizio Moretti, antiquario e segretario generale della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze. “Gli antiquari oggi sono in prima linea nell’azione di tutela, felici di fare la nostra parte. Significa andare alle aste delle opere abbandonate, identificare i capolavori ed acquistarli. Sono azioni che un museo non può fare. Per questo dovremmo essere in simbiosi con lo Stato e non in concorrenza. Purtroppo non ancora è così e molte opere vengono bloccate come purtroppo è successo anche in questa occasione in Biennale. Noi antiquari abbiamo un senso oggettivo di ciò che trattiamo e non portiamo le opere all’Ufficio Importazioni. Il mercante d’arte vive con l’arte, oggi ormai è uno storico dell’arte o quasi. Chiediamo maggior collaborazione da parte dello Stato perché bloccare un’opera d’arte è un ostacolo alla fruizione e un Paese che crede nel patrimonio non deve permetterlo. L’arte è un bene comunitario. Nostro mestiere è comprare e vendere opere d’arte. È lecito”.

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