Un tripudio di colori vivi nella nuova Sala del Colosso per opere che fanno resuscitare lo spirito rinascimentale e manierista

by Valeria Nanni

Un mare azzurro, rilassante e caratterizzante, ospiterà le opere della Galleria dell’Accademia di Firenze, volteggianti come vele, almeno per quanto riguarda la prima grande sala espositiva tradizionalmente chiamata “Sala del Colosso”, nuovamente visitabile dopo più di un anno di chiusura. Il blu accademia è nuovo colore di fondo, scelto per le pareti rinnovate per presentare le opere esposte. Così questo famosissimo museo fiorentino riapre in tutto il suo splendore, in tutte le sue sale, con nuove luci e nuovi allestimenti, per un godimento estetico completo.

“Apriamo al pubblico la sala dopo lavori ciclopici fatti dalle capriate all’impiantistica per una migliore climatizzazione, per rinnovare impianto elettrico, per lavori di restauro sulle opere d’arte. Finalmente possiamo presentare al pubblico il nostro gioiello favoloso col blu accademia sul quale le opere risaltano ancora più belle di quanto non lo fossero prima”, racconta così Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, la riapertura della sala del colosso.

Prima dei lavori

Chi visita la Galleria dell’Accademia di Firenze lo fa per vedere il David di Michelangelo, l’originale, musealizzato solo nella seconda metà dell’800 per salvaguardarlo dagli agenti atmosferici e soprattutto da eventuali atti vandalici. E così il visitatore, pronto a pagare un biglietto esclusivamente per vedere quella statua colossale, sei metri d’altezza e sei tonnellate di peso, si ritrova anzi catapultato nel Rinascimento pieno ed oltre. Una stanzetta a parte fa dominare l’opera così detta cassone Adimari, realizzata dal fratello di Masaccio, lo Scheggia, che fa compiere al visitatore un viaggio artistico nel ‘400 fiorentino, invitato a partecipare ad una festa in piazza del duomo a Firenze con dame e messeri riccamente vestiti. Senza sfuggire alla religiosità spirituale e umana dell’uomo rinascimentale (la Tebaide di Paolo Uccello).

E dopo il saluto del ‘400, il visitatore può accostarsi al primo ‘500 fiorentino, immerso nella Sala del Colosso, le opere alle pareti compiono un girotondo festoso di colori e foglia d’oro attorno al Ratto delle Sabine, opera scultorea imponente che eppure è solo un bozzetto, gigante sì, ma sempre un esercizio di preparazione che il Giambologna realizza in terracotta per la scultura richiesta dalla corte medicea poi sistemata in piazza Signoria. Tuttora l’opera in piazza è l’originale. Qui c’è tutto il manierismo, il gusto degli artisti che per tutto il ‘500 vogliono rifarsi alla maniera di Michelangelo, Leonardo, Raffaelo. Vogliono dar prova del virtuosismo di cui sono capaci, avventurandosi nella realizzazione di forme bizzarre antropomorfe, zoomorfe e fitomorfe, in nome di una fantasia illimitata che si spinge fino ai liniti del possibile. Esattamente come quel groviglio di copri avvitati che il Giambologna presenta in equilibrio estremo. L’opera solo in seguito prenderà il titolo “Ratto delle Sabine”, perché quelle forme avvitate lo suggerirono. Ma siamo sempre nello spirito del ‘500, così come il resto delle opere disposte nella sala più distanziate rispetto al precedente allestimento, per permettere di gustarle al meglio.

La ristrutturazione del museo prende avvio del 2019. I locali avevano infatti bisogno di urgenti lavori di climatizzazione, illuminazione, e aggiornamento nella disposizione delle opere esposte. Complice anche una pesante infiltrazione d’acqua nella Sala del Colosso, che ha richiesto urgenti lavori di restauro architettonico, partendo dal tetto a capriate. I lavori strutturali sono stati condotto dall’architetto Claudia Gerola.

L’autore del pensiero storico artistico che ha guidato la disposizione dei dipinti per scuole è invece Carlo Falciani, esperto del ‘500 fiorentino. Lavori così imponenti di risistemazione delle opere d’arte hanno creato l’occasione anche per valutare lo stato di conservazione ovvero di “salute” delle stesse. Così molte sono state oggetto di restauro, alcune di semplice operazione di spolvero, altre hanno vista risistemata l’originale cornice dorata. Il risultato è un tripudio di colori vivi, una resa spendente delle foglie d’oro, per opere che fanno risuscitare lo spirito rinascimentale e manierista. Colei che insieme alla direttrice della Galleria dell’Accademia ha condotto i lavori di restauro è il funzionario restauratore Eleonora Pucci.

Ed ora per coloro ai quali sembra esagerato che la resa di un’opera dipenda da come è collocata, da come è proposta, da quale colore di fondo è scelto per le pareti, forse non basta citare il nome delle materie che accompagnano l’esposizione di un museo, come l’illuminotecnica, la museografia, la museologia, tecniche di allestimento museale. Un museo può essere paragonato ad una casa con tanto di mobili, decorazioni, quadri. Le mode cambiano anche per i nostri appartamenti, perché cambiamo noi, cambia l’uomo e il modo in cui percepisce il reale. I musei sono intimi come l’ambiente domestico, sacri come una chiesa officiata, scuole dove si imparano cose nuove, luoghi dove una forma, un colore, un’informazione di pensiero suggerisce un’emozione, uno stato d’animo. Perciò nuovo allestimento significa nuova formazione, nuova vista, nuova estetica. La Galleria dell’Accademia ci aspetta, iniziando il percorso dalla Sala del Colosso col dominante blu accademia, proseguendo con la visita al David sempre vivo nel marmo scolpito da Michelangelo, per finire con le sale del ‘200 e ‘300 dominate dal colore verde giottesco. Troppo riduttiva un’ora di visita. L’Accademia riserva sorprese degne di tre ore.

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