Unitevi, ribellatevi, cambiate: le opere di Lorenzo Tomacelli per il Cheap Festival di Bologna

by Felice Sblendorio

In poche città i muri hanno una particolarità sociale, estetica e politica come quelli di Bologna. C’è tutta una tradizione collettiva che si identifica in quelle tonalità di rosso e in quelle forme: nelle strade strette del centro è impossibile non notare come proprio quei muri siano qualcosa di più di un limite urbanistico. Nella città delle passioni e delle idee, i muri sono una traccia visibile del passaggio degli uomini che incontrano la città, dei suoi abitanti e degli amanti occasionali. Frasi d’amore e di lotta, di dissenso e di denuncia; opere artistiche che fermano il tempo e fanno riflettere: sui muri, a reclamare attenzioni, c’è la vita, il quotidiano.

In questo scenario fertile, dal 2013 opera “Cheap”, un progetto di public e poster art che, attraverso il coinvolgimento di artisti nazionali e internazionali, ha impreziosito i muri della città con una serie di opere di street art riprodotte su carta, nell’ottica della rigenerazione urbana e dell’indagine sul territorio. L’idea corsara, che nel tempo ha contaminato linguaggi e stili, indagando le sfaccettature delle più importanti rivoluzioni sociali, politiche e artistiche, è nata da sei donne: Antonella Ciccarelli, Elisa Placucci, Elisa Visentini, Flavia Tommasini, Sara Manfredi e Sonia Piedad Marinangeli. Come ogni anno, nonostante la pandemia, il collettivo è in strada con i lavori selezionati dal progetto Call for Artist, azione fondante di Cheap che, su un tema specifico, cerca di definire una narrazione collettiva dal basso facendo incontrare più visioni dell’arte e del mondo in una sola città. L’edizione 2020, realizzata da 247 artisti residenti in 37 Paesi diversi per 279 immagini esposte nelle bacheche di Bologna, è incentrata sul tema “Reclaim”, per ritrovare la forza di protestare, contestare o reclamare un diritto. “Affermate, chiedete per avere, attribuitevi la responsabilità di un cambiamento. Opponetevi, ridefinite e tornate a essere partecipi”, le coordinate valoriali del gruppo promotore.

Uno dei tanti artisti che ha partecipato e vinto la call è il pugliese Lorenzo Tomacelli, raffinato e colto illustratore del territorio che, attraverso le sue opere mai banali e tipiche, racconta da tempo con la sua arte le sfumature più vere delle passioni e dei tormenti dei luoghi e degli uomini della sua Puglia. Il suo stile, a metà fra l’onirico e un sogno d’infanzia, trascende i caratteri meramente localistici e si proietta in una zona della fantasia dove i contorni della natura e dell’umano si incontrano, le sensibilità diventano alfabeto del possibile, i colori una gamma di differenze, l’emozione un sentimento nobile.

Per il festival di Cheap, rinunciando alle sfumature dei colori che rendono uniche le sue opere, l’artista di Cerignola ha tratteggiato in bianco e nero i contorni di tre protagonisti della nostra società, tre figure simboliche che incontrano la cronaca e la storia, la lotta quotidiana per i diritti e quella più difficile per la realizzazione del proprio sé. «La cronaca attuale ha influenzato molto la raffigurazione dei protagonisti dei tre poster», racconta a bonculture Lorenzo Tomacelli. «Potrei citare le storie che li hanno ispirati, però nel rispetto di tutti credo che fare nomi sarebbe poco rispettoso per le storie di ognuno. L’idea alla base delle opere è universale e trascende la cronaca. Basta ascoltare un qualsiasi notiziario o collegarsi sui social per rendersi conto della realtà di chi deve lottare per vedere riconosciuti i propri diritti fondamentali: donne, persone che si riconoscono nella comunità LGBT+ e i migranti vittime del caporalato. L’osservatore può ignorare la mia categorizzazione e crearne di proprie, guardare semplicemente la storia dei soprusi, delle violenze e della repressione che queste persone hanno subito nel corso del tempo».

Contornate da una folla di uomini, queste figure chiamano in causa tutti noi, come le rivoluzioni più forti e feconde, partendo proprio dalla politicità dei corpi: elementi esposti che identificano una lotta. «I nostri corpi si prendono il loro posto nel dibattito pubblico. Il corpo è un atto politico, specialmente in un mondo in cui, fortunatamente, si assiste sempre di più a una diversa e più inclusiva rappresentazione di questi ultimi. Basta poco per capirne la centralità: esiste ancora la discriminazione in base al colore della pelle, all’identità di genere o alla sessualità. Si tende a ghettizzare tutto ciò che non appartiene ai canoni di bellezza tradizionale o socialmente accettati; concetto, quest’ultimo, abbastanza fumoso».

Questa destrutturazione dei pregiudizi è una delle finalità del progetto di Cheap, che ha trasformato il paesaggio urbano di Bologna in un terreno di confronto artistico, uno spazio dedicato all’attivismo e alla pratica sociale dell’azione collettiva. «Con queste opere lancio un invito alla provocazione, a reclamare il proprio posto nel mondo così come si è, che in fondo è l’idea alla base della call dell’edizione 2020 di Cheap Festival. Con i poster, in fin dei conti, stiamo cercando di scardinare alcune tendenze tossiche che vorremmo non esistessero più».

La potenza di queste opere, in una sequenza d’autore che rispecchia il lato più autentico del gesto politico – come qualcosa di tutti, che appartiene a tutti, conservano un valore puramente artistico: il lato urbano e materiale prossimo al quotidiano – la strada anziché un museo e la carta come mezzo tecnico di diffusione – valorizzano questi artisti esponendoli agli occhi più indistinti della società, ponendoli nel loro segmento temporale più preciso: il contemporaneo. «Fare arte è di per sé un grido di autodeterminazione. Chi si esprime attraverso l’arte ha, in qualche modo, già fatto i conti con la realtà. Nella modernità tendiamo a pensare che l’arte abbia perso la spinta provocatoria e innovatrice, che abbia perso la sua capacità di stupire, indignare, promuovere e muovere, ma sono cambiati solamente i mezzi con cui e in cui essa si esprime», conclude Tomacelli.

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