Verso Sud, parole e versi generano mondi. Claudia Fabris: «La poesia può curare lo spopolamento del Mezzogiorno»

by Antonella Soccio

Performer e poetessa Claudia Fabris gioca con l’arte e le parole, che si sedimentano nell’immaginario collettivo, sradicando così pregiudizi e convenzioni. È direttrice artistica e poetica del Festival Verso Sud di Corato, curato dall’APS Lavorare stanca e nato nel 2015 nella Murgia del nord barese per la costruzione di nuovi orizzonti relazionali e sociali attraverso la contaminazione e l’unione di linguaggi artistici differenti (poesia, letteratura, musica, teatro, arte pubblica, installazioni e altro).

Le attività performative site specific, le azioni di arte pubblica e i progetti educativi multidisciplinari sono il cuore della realizzazione di un ecosistema culturale fatto di persone, organizzazioni, luoghi e progetti di Verso Sud.

Noi di bonculture abbiamo intervistato l’artista.

Fabris, le sue performance in questi anni si sono accresciute e moltiplicate. Quanta voglia di poesia c’è nei nostri paesi?

Ce n’è molta, direi sempre di più.

Le faccio un esempio: nel 2011 ho creato La Cameriera di Poesia, un ristorante itinerante di poesia dove i piatti del menù da degustare sono testi poetici, suoni e canzoni, serviti in cuffia dal vivo ai miei ospiti.

Questa performance nasce dal desiderio di nutrire lo spirito con la stessa cura con cui si nutre il corpo, offrendo la possibilità di ascoltare le parole incorniciate dal silenzio Mi sono resa conto che questo progetto prima del Covid suscitava un interesse stuzzicato dalla sovrapposizione simbolica tra cibo e parola, come fosse uno sfizio, dopo il covid l’interesse si è focalizzato molto più sulla ristorazione dello spirito, sull’esperienza profonda di abbandono all’ascolto e di rigenerazione che si vive. Mi sono sentita dire che oggi è un lavoro necessario, prima incuriosiva, oggi si sente la necessità di un contatto profondo con la dimensione poetica della vita e della parola, quella che aveva quando si credeva che le parole potessero davvero generare mondi.

L’anno scorso proprio con Verso Sud abbiamo realizzato tra settembre e ottobre un mese intero di residenza della Cameriera di Poesia a servizio della città di Corato, un progetto audace, la poesia come servizio sociale, un mio desiderio da anni. I cittadini potevano venire gratuitamente due volte al giorno a farsi ristorare, massaggiare con parole e suoni, in un ipogeo in Piazza di Vagno allestito con cura, con tre letti matrimoniali, quattro sedie a sdraio e due poltrone, e in un mese nessun turno è andato vuoto, il che mi sembra abbastanza significativo.

Dopo la prima settimana mi è accaduto che in farmacia o al bar mi dicevano di aver sentito parlare dell’esperienza e che volevano assolutamente venire a provarla. La poesia sulle ali del passaparola, di corpo in corpo, mi è sembrato bellissimo.

E da quest’anno il Festival Verso Sud diventa “Ecosistema culturale”.

Nel passaggio da festival a ecosistema per Verso Sud la poesia dovrebbe entrare precisamente nella comprensione di cosa sia un ecosistema, quindi in maniera diffusa e strutturale, nello sguardo alla base, capiremo passo passo come farlo, per ora abbiamo distribuito le mie Parole Sotto Sale durante la transumanza da Ruvo a Corato come Nostra Signora dei Palloncini e ho messo in scena la Predica delle Galline, un nuovo testo.

Ma devo anche sottolineare che quest’anno gli appuntamenti di danza curati da Amalia Franco e quelli di teatro curati da Roberto Corradino hanno tutti una forte componente poetica.

È forte la sua collaborazione con Franco Arminio, una vera star della poesia che in passato ha partecipato anche attivamente al Festival.

Come nasce la collaborazione tra voi? Come si sviluppa?

So che la partecipazione al festival de La Luna e i Calanchi da parte di Giuliano Maroccini e Luigi Piccareta, i fondatori di Verso Sud “ha dato un’ulteriore spinta di coraggio al progetto” mentre muoveva i suoi primi passi.

Io non li conoscevo ancora alla prima edizione del 2015 che ha visto la presenza di un terzo di artisti e persone incontrate proprio alla Luna e i Calanchi, compreso Franco.

Per quanto mi riguarda l’ho conosciuto a Padova anni prima, teneva una scuola di paesologia, una sorta di laboratorio, per il Tam Teatromusica con cui collaboravo.

Dopo quell’incontro lessi “Geografia commossa dell’Italia interna”, mi piacque assai e qualche tempo dopo, nei miei giri al Sud lo andai a trovare a casa sua a Bisaccia.

Avevo già creato allora la Cameriera di Poesia, sostenuta dal pensiero che l’arte non dovrebbe essere un evento, ma parte integrante della vita quotidiana. Dopo quell’incontro mi invitò al Festival di Aliano, era la prima edizione e rimasi folgorata, dal luogo, dagli incontri, dall’intensità di quei giorni, dall’idea di comunità provvisoria. E poi mi sono proprio innamorata del paese di Aliano e dei suoi calanchi, cosa per cui sono infinitamente grata a Franco: quel paesaggio me l’ha regalato lui.

Credo ci si possa innamorare di un luogo esattamente come ci si innamora di un uomo, in questo io e Franco sentiamo la geografia in modo simile; da allora sono tornata ogni anno fermandomi anche alla fine del festival a fare la mia performance solo per le persone del paese, l’anno scorso ho fatto una residenza a Novembre e quest’anno Franco mi ha chiesto di aiutarlo ad organizzare le prime giornate del festival, quelle dedicate all’incontro tra gli artisti, soprattutto quelli più affezionati ad Aliano e il paese.

Ero presente alla nascita della Casa della Paesologia e sono tra i soci.

Credo che con Franco ci siamo incontrati su uno sguardo, un modo di guardare il mondo. Io nasco artisticamente come fotografa e la fotografia non mi abbandona mai, anche se non ho con me la macchina, la parola è arrivata per ultima nel mio percorso, dopo il teatro e la creazione d’abiti, gli occhi capiscono sempre per primi, la mente gregaria a spiarli. Lui ha fatto il percorso inverso al mio, dalla parola è approdato un po’ alla volta al teatro e si è avvicinato alla fotografia, le sue parole sono spesso parole del corpo e degli occhi.

Siamo molto diversi, ma alcune cose le possiamo nominare nello stesso modo e alcune direzioni risuonano in noi similmente, il mio bisogno di portare l’arte nella vita quotidiana riverbera con il suo bisogno di portare la poesia ovunque ci sia qualcuno disposto a sentirla. Il mio nomadismo gentile risuona nel suo bisogno di provvisorio.

Devo dire che lui ha una energia pressoché inesauribile nel perseguire le sue direzioni, io ho bisogno di fermarmi molto di più.

(Mi piacerebbe mettere qui un testo che ho scritto e letto al primo festival di Aliano nel 2013 sulla paesologia e che ho dedicato a Franco. Credo sarebbe la migliore risposta a questa domanda, poi se uno si è incuriosito e ha tempo lo legge.)

Da tempo produce una forte discussione sulle parole. Qual è la parola che assegnerebbe oggi al Sud?

Direi sudare. Fa parte delle Parole Sotto Sale, il piccolo vocabolario poetico che scrivo dal 2013 e che ho pubblicato nel 2020, in pieno lockdown, con Anima Mundi di Otranto.

Sudare

Vivere a Sud
Dove l’intenso calore
e la luce abbacinante del sole
distillano in superficie
sale e tossine
Sapienze e rifiuti

Affiorano sulla pelle
Sempre
Equamente distillati
ugualmente dissoluti
Sui corpi e sulla terra

A Sud tutto è illuminato
d’una luce abbagliante che ti rende cieco
Non devi inabissarti per rivelare le viscere più profonde
A Sud devi riuscire a vedere nella luce che brucia
A Sud devi fare del buon teatro
dal greco theaomai
Guardare contemplare

La poesia può curare lo spopolamento del Mezzogiorno?

Le rispondo con la mia definizione di poesia, sempre dalle Parole Sotto Sale

Poesia:

Dal verbo greco poieo

-creare fare agire comporre-

Conferma l’ipotesi biblica

che il mondo sia stato creato parlando

e sia semplicemente una poesia

Pensiero che talvolta ci assale

quando siamo immersi nella natura incontaminata

Se ne ricordi chi fa poesia

credendola solo un raffinato esercizio intellettuale in cui compiacersi

Se ne ricordi chi la deride

e la considera

il passatempo d’anime distratte delicatamente astratte

Se la poesia non genera mondi

in cui è possibile vivere

e bello e desiderabile

Non è poesia

In quest’ottica la politica dovrebbe essere la forma più alta e pura di poesia mai praticata dall’uomo.

E dunque in quest’ottica le risponderei proprio di sì: la poesia può curare lo spopolamento del Mezzogiorno.

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