L’American Academy in Rome premia la creatività e l’impegno di Massimo Bottura, esempio cristallino della filosofia slow food

by Claudia Pellicano

Un riconoscimento, oltre al prestigio che reca con sé, è spesso simbolo di qualcos’altro, messaggero di valori, tradizioni da tramandare, e nuove idee da traghettare nel futuro. Non è un caso che la medaglia che l’Accademia Americana assegna dal 2005 a personalità del mondo dell’arte, della cultura e delle più varie discipline umanistiche, nell’anno in cui la cucina italiana è candidata a patrimonio immateriale dell’UNESCO premi la creatività e l’impegno di Massimo Bottura.
L’Italia è probabilmente il Paese che meglio di chiunque altro ha saputo trasformare una necessità in un’esperienza. Lo si evince già dalla lingua che, nel bene e nel male, è sempre uno specchio dei popoli: ristorante è dove si ristora non solo il corpo, ma anche l’anima, prosecuzione naturale del refettorio, il luogo del reficere, del “fare di nuovo”, che ridà vita grazie al cibo e allo stare insieme.

L’ American Academy in Rome rimane uno dei segreti meglio custoditi della città. Si sottrae alle orde sulla collina del Gianicolo, una zona meravigliosa e storicamente fondamentale per la capitale, ma, per nostra fortuna, non ancora invasa dal turismo di massa. Non è soltanto uno spazio fisico, è una comunità internazionale che offre ad artisti e studiosi la possibilità di esprimersi e dialogare liberamente in un contesto aperto e accogliente. È come se in questo chiostro, distante dalla quotidianità, e tuttavia immerso in essa, si riconciliassero le contraddizioni della città, ed è proprio questa sintesi a renderlo così moderno. Un microcosmo dove convivono punti di vista differenti, dove la diversità è un valore aggiunto che rende il lavoro e il confronto più produttivi, amplificando la propria esperienza e quella altrui.

I borsisti hanno qui l’opportunità di acquisire una nuova prospettiva di Roma, unica e del tutto personale, con un approccio che sfida i pregiudizi sull’immobilismo di questa città, ricordandoci che non vediamo mai le cose solo per come sono, ma anche per come siamo noi. E trovare una “propria” Roma non può non avere un impatto incisivo sulla fantasia. La caput mundi, con la sua bellezza, i suoi siti, la sua storia, è partecipe e ispira gli studiosi da tutto il mondo; riflette, nella propria profondità, la complessità sociale ed intellettuale di Italia e Stati Uniti, in un contesto che vanta una collaborazione privilegiata tra i due Paesi.

Il gala che l’Accademia ospita a Villa Aurelia sotto il presidio di Margherita Marenghi Vaselli è l’occasione sia per raccogliere fondi per borse di studio, che per premiare l’estro del fondatore di Food For Soul, organizzazione culturale no profit che promuove consapevolezza sullo spreco alimentare e la fame nel modo.

Alice Waters definisce il lavoro di Bottura «un esempio cristallino della filosofia slow food in azione, che incapsula tradizione, creatività e l’essenza italiana». Lo chef di Modena si definisce assai più modestamente un cuoco che viene dalla provincia, provincia nella quale la legittimazione culturale è più importante di qualsiasi altra forma di riconoscimento, e che, con l’Osteria Francescana, vanta un ristorante due volte premiato come il migliore al mondo. A small restaurant with big dreams, così ne parla Bottura, risultato di un percorso professionale costellato tanto di sacrifici, duro lavoro e difficoltà quanto di soddisfazioni, sorprese e successi: «All’Osteria Francescana guardiamo ancora il mondo con gli occhi aperti e curiosi di un bambino. In via Stella non abbiamo la costiera o le Dolomiti: è la cultura ad essere scenario di idee. Cerchiamo di proiettare nel quotidiano il meglio del nostro passato, filtrato da un pensiero critico e mai nostalgico. La nostra attenzione in cucina e le nostre idee si ispirano all’estetica della natura e sono motivate, ora più che mai, da scelte sociali. Questa trasformazione è fondamentale, perché cerca di rendere visibili le invisibili connessioni tra natura, tecnologia e arte. Nel 2023 il cibo non è più solo la qualità degli ingredienti, ma anche quella delle idee. Il nostro segreto è lasciare una finestra aperta sulla poesia, la musica e l’arte. Prendo come esempio una serie di quadri di Boetti intitolata Il tutto, che per l’artista era il possibile, le infinite possibilità di vedere le cose. Tutto vuol dire abbracciare il mondo, prendere davvero tutto il bello e il brutto e far sì che diventino tuoi. Quando guardo il nostro lavoro degli ultimi anni, credo che sia stata questa percezione a farci capire l’urgenza di ridurre a zero gli sprechi alimentari nei nostri ristoranti.
Il tutto per me può diventare un brodo, un ragù, un pesto speciale. Un brodo apparentemente povero, fatto di scarti, di bucce di patate, può essere uno strumento di recupero, più ricco, più vero, più attuale, più contemporaneo, e certamente più vivo di tanti altri piatti. Per il filosofo Wittgenstein il bello e il buono erano complementari. Guidati da questa riflessione, abbiamo cominciato a credere nella bellezza, con la quale esprimere nuove forme solidali fuori dalle nostre cucine, nelle aree periferiche e nei quartieri marginali. Per questo motivo, oltre a chef volontari, coinvolgiamo anche architetti, designer, artisti, portavoce di bellezza come linguaggio universale accessibile a tutti. È nei posti più bui che c’è bisogno di luce, è lì che ci ha condotto Papa Francesco quando ho presentato il mio progetto».

È molto più che cucinare, è far sentire ad altri che qualcuno si prende cura di loro.

Photo credits American Academy in Rome

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