“A proposito di niente”, il memoir di Woody Allen tra vita e cinema

by Marianna Dell'Aquila

Cosa c’è da dire a proposito di Woody Allen? Niente. Se volessimo assecondare l’autore, questa è la risposta che dovremmo dare per sintetizzare A proposito di niente, l’autobiografia di Woody Allen pubblicata in Italia dalla casa editrice La nave di Teseo. Con questo libro il regista newyorkese è tornato a far parlare di sé dopo il suo ultimo film Un giorno di pioggia a New York e le annose questioni legali e mediatiche, ancora non del tutto placate, che lo riguardano da quando si è messo con Soon-yi, la figlia adottiva dell’ex compagna Mia Farrow. Protagonista di uno degli scandali hollywoodiani più discussi degli ultimi trent’anni, con questo libro il regista si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa, ma soprattutto racconta le sue passioni per il cinema e la musica e le donne. Non si descrive come uno dei registi più famosi al mondo, ma come un uomo qualsiasi, allergico allo star system e che sembra finito quasi per caso a girare film.

Nato a Brooklyn nel 1935, con all’attivo sessanta anni di cinema e cinquanta film, Woody Allen ha incominciato a lavorare nel mondo delle spettacolo a 16 anni scrivendo battute per altri comici.

Di origine ebraica, ma talmente ateo da dichiarare “Ho sempre pensato che la religione fosse un grande imbroglio. Non ho mai creduto nell’esistenza di un Dio né che questi avesse una predilezione per gli ebrei, se mai Dio fosse esistito” – in A proposito di niente il regista racconta la sua storia partendo dalla sua infanzia e dalla sua famiglia, dal forte legame con la sorella e con la cugina (che lo ha portato al cinema per la prima volta in vita sua), dall’amore ricevuto dai genitori e dai nonni. Il ritratto che ne deriva è un esilarante quadro corale in cui i personaggi sembrano perfetti per una nuova sceneggiatura. Da piccolo sognava di fare il prestigiatore e, insieme agli esercizi di magia, coltivava la sua predisposizione alla scrittura creando storielle ispirate alle “champagne comedy”, cioè quei film ambientati nei lussuosi attici di Manhattan con personaggi che bevono sempre bollicine. Le sue erano storielle ispirate spesso ai film che aveva visto sul grande schermo in una delle tante mattine in cui aveva marinato la scuola. Per lui infatti le sale cinematografiche erano i posti migliori dove rifugiarsi dalla noia degli insegnanti e della classe.

Woody Allen si autodefinisce un “misantropo ignorante e patito di gangster. Un solitario incolto”. Chi l’avrebbe mai detto che proprio lui, il regista con l’aria più intellettuale al mondo, odiasse la letteratura e i musei? Da piccolo leggeva solo fumetti e l’unico romanzo presente nella sua libreria era Le Gangs di New York di Herbert Asbury. Ammette, senza imbarazzo, che la letteratura lo annoiava a morte, ma che era attratto dalle ragazze colte e intellettuali, con i capelli lisci e senza rossetto, che fossero “la combinazione tra la sensualità di Rita Hayworth, la devozione di June Allison e l’umorismo sarcastico di Eve Arden”.

Entra nel mondo del cinema con “un duro lavoro, un po’ di talento, tanta fortuna e contributi fondamentali da altre persone” che, nel bene e nel male hanno contributo a farlo diventare uno dei registi più famosi al mondo. Dai comici che amava da giovane a quelli con i quali ha lavorato da adulto, dai registi che lo hanno ispirato agli attori e le attrici che ha amato di più. Allora ci parla del legame con la sua “bussola” Diane Keaton, ex compagna nella vita e sul set con la quale ha realizzato film indimenticabili come Manhattan e Io e Annie.  Descrive Scarlett Johansson come “sessualmente radioattiva” (è stata protagonista in Match Point, Scoop e Vicky Cristina Barcelona) mentre ringrazia numerose star cinematografiche, tra cui Javier Bardem, per essersi apertamente schierati in sua difesa quando la figlia adottiva Dylan e il suo unico figlio biologico Ronan (che non ha mai potuto riconoscere) sono tornati, a distanza anni, ad accusarlo di molestie.
Come era prevedibile, infatti, e come sicuramente molti lettori speravano, una lunga parte di A proposito di niente è dedicata alla guerra legale e mediatica tra lui e Mia Farrow, l’attrice protagonista di molti suoi film e alla quale il regista è stato legato anche nella vita privata per più di dieci anni (senza però mai convolare a nozze o ad una convivenza). Una guerra scaturita dalla nascita della storia d’amore tra il regista e la figlia adottiva dell’attrice, Soon-yi, che all’epoca aveva 22 anni.

Con A proposito di niente Woody Allen è tornato a parlare di sé a quasi 85 anni e lo ha fatto con un’autobiografia che per il ritmo della scrittura e la coralità dei personaggi ci ricorda sicuramente i suoi film. Dal suo racconto, che purtroppo in alcuni punti ha un po’ l’effetto “lista della spesa” e pecca della forza evocativa delle immagini che siamo abituati a vedere nei suoi film, sicuramente emerge l’infinito amore per il cinema e per New York che, in fondo, per Woody Allen sono un po’ un’unica cosa.

Ricordo di essere andato al Roxy quando c’era la banda di Duke Ellington. Quando, finito il film, dalla fossa davanti allo schermo salirono i musicisti che suonavano Take a train, mi sentì scoperchiare la scatola cranica. Da quel momento, ogni film ambientato a New York non poteva che piacermi” ha infatti raccontato il regista.

A proposito di niente quindi è per i fans soprattutto l’occasione per scoprire che i suoi film sono costellati di luoghi, battute e personaggi tratti dalla realtà, da vicende che il regista ha veramente conosciuto o persone che ha incontrato. Per Woody Allen invece è l’occasione per raccontarsi senza filtri, per chiarire una volta per tutte di essere allergico allo star system (non ha mai partecipato ad una cerimonia degli Oscar, neanche quando a vincere sono stai i suoi film) perché per lui “la cosa divertente quando si gira un film è l’atto creativo”.

Quindi cosa abbiamo capito di Woody Allen? Noi preferiamo che, come per ogni artista, siano le sue opere a risponderci, ma siamo sicuri che se lo chiedessimo direttamente a lui, ci risponderebbe che è solo uno che “non ha avuto traumi e un’infanzia infelice, ma è venuto su nevrotico, pieno di fobie e dalla vita emotiva disastrata, sempre sul punto di perdere l’autocontrollo, un misantropo solitario e claustrofobico, inacidito, impeccabile pessimista”.

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