Almudena Sánchez esplora la sua depressione con “Farmaco”. «È necessaria una forte combinazione di chimica interna e amore esterno per ristabilire la consapevolezza di voler vivere»

by Agnese Lieggi

FARMACO di Almudena Sánchez, traduzione in italiano a cura di Marta Rota Núñez, edito da Polidoro, è un trattato di autentica intensità. La scrittrice esplora profondità e essenza partendo da una condizione di complessità, ovvero il suo stato depressivo, che le permette di approdare non solo ad abissi oscuri del sé ma a rendersi conto che ciò che è davvero importante è l’amore e la sua luminosità.

Scritto in tempesta emotiva, l’autrice riesce a trasmettere le complesse emozioni e le sfumature della mente, si confronta con la depressione, indaga con grande delicatezza e attenzione i suoi pensieri.

Credo di aver capito qual è il mio obiettivo quando scrivo.

Il verbo giusto è incapsulare, ed è un verbo più scientifico che umanistico. Voglio incapsulare momenti, lasciati li dentro, ibernati. Ad allontanarmi dalla scienza è il suo carattere, diciamo, disumanizzante, anche se allo stesso tempo sento che siamo imparentate, perché devo ammetterlo: io colleziono capsule.

Più che una scrittrice sono una persona che incapsula fantasmi emozionali.”

Con ironia e humor, Almudena descrive alcune delle fasi più importanti della sua vita come l’infanzia, l’adolescenza, il rapporto con la mamma. Racconta dei libri e degli autori fondamentali della sua esistenza, per esempio il saggio che le ha tenuto più compagnia in assoluto è stato Sulla malattia di Virginia Wolf, così come i libri più metaforici come il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes e La metamorfosi di Kafka.

l titolo Farmaco non è casuale, all’interno dell’intero romanzo, senza alcun tipo di tabù, l’autrice indaga la relazione della protagonista con gli antidepressivi che l’autrice stessa definisce un sostegno: “Sono come un bastone su cui appoggiarsi. Agevolano il superamento della malattia.”

È molto interessante il dialogo con la scrittrice, per la comprensione del romanzo, che ringraziamo anticipatamente per la sua disponibilità.

Almudena Sánchez, nel tuo libro Farmaco, quale approccio hai adottato per parlare di depressione, tema così importante?

Ho affrontato il tema della malattia mentale come un’altra importante esperienza umana. Fin dai secoli passati, è esistita una letteratura che si è occupata della malattia, così come d’amore, dello smarrimento, della guerra o del lutto. È una questione umana fondamentale e ho affrontato la depressione da una prospettiva emotiva, esistenzialista, biologica e filosofica. Naturalmente, tenendo sempre in considerazione la profondità del linguaggio. Farmaco è letteratura, non ha carattere scientifico al di là della mia personale esperienza.

Secondo la tua esperienza, quale ruolo svolge il farmaco nel percorso di superamento della depressione?

Dal mio punto di vista, la scienza è una meraviglia. Non avrei superato la depressione senza assumere antidepressivi. Ne sono sicura. Ma non avrei superato la depressione nemmeno senza amore, abbracci, parole. È necessaria una forte combinazione di chimica interna e amore esterno per ristabilire la consapevolezza di voler vivere. La depressione è un oscuro seminterrato e, per dirla in modo semplice, ciò che i farmaci fanno è aggiungere finestre a quel seminterrato. Le pillole aiutano. Sono come un bastone su cui appoggiarsi. Agevolano il superamento della malattia.

Quali sono le principali sfide e difficoltà che affronti nel tuo lavoro in relazione alla fragilità emotiva, nel contesto della depressione?

All’interno di Farmaco viene esplorata la difficoltà di vivere, la solitudine, la paura, le ombre, la stanchezza, l’infanzia, il profilo umano visto dall’oscurità e l’assurdità delle cose. Ci sono periodi così. Non siamo esseri impassibili, immobili, tubi di scappamento di motori che si limitano a funzionare. Siamo esseri sensibili, mutevoli, contraddittori, imprevedibili, appassionati. Forse questa è la maggiore difficoltà di tutta la letteratura: quella di definirci come persone e cercare un “perché” riguardo alle nostre azioni. Ho voluto difendere questa fragilità e metterla in scena. Così come difendo il pianto perché è da sagge e da saggi.

Offri strategie per rafforzare la resilienza nelle persone con depressione?

La verità è che non ci sono strategie di fronte alla malattia. Ci sono medici. C’è l’affetto, la comprensione. In Farmaco mi immergo nel mistero della malattia e lo approfondisco senza alcuna censura. Cerco qualcosa in quel terreno brusco e difficile, come una esploratrice.

Ritieni che la fragilità possa essere un punto di partenza per la crescita personale? Quale ruolo svolge la scrittura?

Assolutamente. Crescere non significa né obbedienza né responsabilità. Secondo il mio punto di vista, la crescita è più legata alla sensibilità e all’autocoscienza. In altre parole: chi è obbediente e responsabile potrebbe essere tranquillamente un assassino. Non penso che l’educazione vada in quella direzione. Considero la libertà, ridere, piangere, correre, sentire, gridare, cantare, ballare, creare, parlare e crescere espandersi e amare non debbano mai essere comportamenti autoregolati. È ora di lasciati in pace, tutti, bambini e persino anziani. Per lo sviluppo della sensibilità, è necessario essere completamente liberi, in uno spazio privato. Le invasioni (mascherate da consigli paternalistici, di solito, e da frasi come “te lo dico per il tuo bene”) sono mancanza di rispetto ed empatia.

Per quanto riguarda la scrittura, essa svolge un ruolo importante. Ho voluto diventare scrittrice per poter scrivere quello che mi pareva, per parlare, senza che nessuno potesse fermarmi. Credo che sia l’unico posto in cui nessuno interrompe. E quando leggo altri libri, amo quell’aspetto dell’ ascolto: che altre autrici e altri autori mi raccontino quello che vogliono. Senza nessun limite.

Qual è il messaggio principale che speri di trasmettere ai lettori attraverso il tuo libro?

Che la vita è difficile e preziosa. Che si può piangere e non è un crimine. Che, per capirci, dobbiamo raccontare ciò che ci accade. Che siamo chimica e pensiero. Che la poesia è ovunque, persino nelle malattie terribili. Che niente è ridicolo, né così drammatico. Che la nostra unica nemica è la morte. Che bisogna eliminare tossicità e cattiva volontà, per dare spazio a persone che comprendono che l’amore è amore senza orpelli, senza scuse, nient’altro che amore, amore abbagliante.

*traduzione dell’intervista a cura di Maria Agnese Lieggi

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