Dai container alla SLA: “La più bella” è il viaggio di Alessio Lasta nelle periferie e nell’altrove d’Italia

by Antonella Soccio

“La più bella è la nostra Costituzione. Ma potrebbe anche essere l’Italia, almeno quell’Italia che la Carta aveva disegnato. La più bella ci ripetono da settant’anni a scuola, nelle cerimonie di Stato, nei dibattiti televisivi. Ed è così. Tuttavia non ci raccontano mai quanto quegli articoli, pur nella loro bellezza, restino spesso lettera morta per le vite di molti, troppi italiani. Perché poi, ogni giorno, sono loro che affrontano disservizi, muri di gomma, promesse da marinaio”

Alessio Lasta

Si chiama “La più bella” il libro del giornalista Alessio Lasta per Add Editore. L’inviato di Piazza Pulita di La7 ha scelto questo titolo per indicare la seduzione della Costituzione italiana, che ha riunito “la quintessenza delle anime che uscivano dall’esperienza della guerra e che avevano davanti un Paese tutto da ricostruire”.

Oggi quel Paese è in parte a pezzi, soprattutto dentro quelle realtà marginali, che raramente sono illuminate dai grandi media. Periferie sociali e geografiche, periferie umane, quelle che ci portiamo dentro quando i diritti sono calpestati. Di fronte alla Costituzione tradita ci sono tanti italiani costretti a resistere per non soccombere, scrive Lasta.

Nella prefazione Corrado Formigli evidenzia quanto il lavoro di Lasta prima che con la telecamera sia fatto col corpo. “C’è il dolore fisico e morale che provano le vittime di un’ingiustizia, di una discriminazione. Un’afflizione che prende forma davanti alla telecamera, che si concretizza in uno sguardo, una mano stretta, un silenzio prolungato. C’è il corpo delle vittime di questa Italia ingiusta, cattiva, cialtrona”, rimarca il conduttore.

Dieci storie, un reportage di diritti negati da Nord a Sud, questo è “La più bella”. “Si tratta di realtà poco illuminate di cui pochi si occupano e che mettono in luce, nei fatti, come spesso gli articoli della Carta restino inapplicati”, spiega a bonculture l’autore.

Lasta, come elenca Formigli, empaticamente si indigna per chi vive nelle baracche foggiane, per chi è disabile ed è stato tradito dallo Stato. Denuncia lo sfruttamento e la viltà dietro la retorica gretta dell’italianità, le discriminazioni razziali nel civilissimo Nord e la corruzione al Sud. Alessio Lasta si emoziona quando stringe la mano di Carla, malata di Sla in un meridione dove il welfare ormai è uno scherzo beffardo.

“La più bella è un viaggio dentro i tanti altrove d’Italia, attraverso le piccole storie che chiedono il conto alla grande Storia, scritta dai e nei palazzi. È la provincia italiana, non intesa solo come periferia dei grandi centri”.

Il libro si apre col capitolo “Fuori di casa”, dedicato al caso delle donne dei container di Via San Severo di Foggia. Tonia, Giulia, Assunta e le altre. “La casa tocca tutti gli italiani, ma mi sono accorto che nella Costituzione non c’è nessun articolo sul diritto alla casa, se ne parla ma come un riferimento secondario. Il libro si occupa di immigrazione, di accoglienza, di salute. Il tutto nasce da una storia di un mancato assegno di cura per un malato di Sla. Davanti a quella situazione ho pensato di scrivere. C’è anche una storia sui temi ambientali, con rifiuti chimici interrati. C’è poi il tema del risparmio tradito, con Veneto Banca, con la truffa ad un tetraplegico. Ci sono i diritti delle coppie omosessuali e una storia di lavoro nero in alcune serre del Nord, che partì da un servizio che realizzai per Ballarò”.

Cosa significa fare il giornalista e scontrarsi tante volte nel racconto col tifo che alcune storie forti portano con sé nell’opinione pubblica?

“Nella mia prefazione ho scritto del tifo dello stadio Italia. Nella repubblica dell’hashtag, quale l’abbiamo fatta diventare, una massa di tifosi in servizio permanente non partecipa, ma parteggia. La distorsione delle curve è una coazione a ripetere, una mise en place preordinata che ci fa esistere per il solo fatto di esserci, non certo per quello che abbiamo da dire, finendo dunque per diventare anche noi, gruppi di pressione buoni all’una o all’altra tifoseria. Un giornalista deve capire dov’è la verità, la verità giornalistica. Non credo in un giornalismo che abbia come unica preoccupazione l’imparzialità. Ci sono situazioni in cui un giornalista, mantenendo fede al racconto, può prendere parte, quando i diritti sono palesemente violati, come succede nelle dieci storie che racconto. La vicenda dei container di Foggia, ad esempio, con decine di famiglie che da quattordici anni attendono una casa popolare, non può non indignarci. Dopo 14 anni nei container, e una serie di promesse mancate da parte delle istituzioni, quella storia ci riguarda. Non mi sfugge che ci siano situazioni limite, ho visto persone ai domiciliari nei container, ma questo non deve far venir meno l’idea di umanità. Per 5 anni mi sono occupato delle banche venete e dobbiamo essere assolutamente consci che non si tratta di speculazione se chi doveva controllare, ossia Banca d’Italia e Consob, non hanno controllato. Quando lo Stato non fa, non si possono mettere in croce i risparmiatori. È acclarato che non c’è stato controllo”.

Come fare ad illuminare storie come queste nel Paese? Non hai la sensazione che anche nei talk più sensibili tali reportage siano solo uno spicchio di informazione deformata e spesso folklorica da cui allontanarsi il prima possibile per tornare a parlare d’altro in studio?

Ad agire deve essere la politica, chiaramente il giornalista ha il dovere di raccontare. Il reportage ha sempre meno spazio in tv. Piazzapulita è ancora un luogo in cui è possibile un racconto televisivo della realtà. un posto in cui si è avuto il coraggio di affrontare anche temi complessi, come quello del risparmio tradito e dei crac delle banche. Ma anche dove il reportage sociale, non sempre premiante negli ascolti, ha trovato spazio, come nel caso del racconto sulla Sla.

È più facile in tv parlare di alcuni temi? Non senti che la tv sia oggi più favorita nell’innovazione rispetto ad altri mezzi, quali quelli cartacei o il web?

Ringrazio chi apre finestre sulla realtà. Io lavoro con la telecamera e vivo della trasversalità del mezzo. Trovare gli spazi è la sfida di oggi. Il servizio filmato ti permette di aprire una finestra sulle tante realtà dimenticate d’Italia, ti consente di uscire dallo studio e di portare una fetta del paese dentro le case degli italiani. E’ sempre premiante.

Alessio Lasta è giornalista e inviato di “Piazzapulita”, La7. Ha realizzato inchieste e reportage per Rai, Mediaset e La7, da “Mi manda Raitre” a “L’ultima parola”, da “La Gabbia” a “Ballarò, oltre a numerosi servizi per Tg4 e Tg5. Per la televisione ha raccontato l’Italia degli ultimi e quella dei furbetti, la crisi del Nordest e il crac delle banche. Ha vinto diversi premi giornalistici, tra cui il premio “Ilaria Alpi”, “L’anello debole” e il premio “Giornalisti del Mediterraneo”.

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