Donne nella sabbia, Giovanni Neri rimescola i generi in un campo di battaglia

by Valeria Nanni

A volte le situazioni terribili che ciascuno di noi deve affrontare somigliano a sabbie mobili; a realtà che ti risucchiano in basso, ti impediscono di muoverti eppure da cui devi trovare il modo di uscirne, se puoi, vivo. Giovanni Neri lo racconta nel suo ultimo romanzo “Donne nella sabbia”. Protagoniste tre donne, luogo di scena il deserto, ma non quel luogo immaginario dello spirito, bensì quello insidiato da guerre di clan, poi trasformate in guerre politiche, sotto uno scenario religioso di presunta verità obiettiva da imporre a tutti e a tutti i costi, anche alti. Una storia d’amore assurda, sussurrata, gridata, agognata, promessa, accompagna il lettore dall’inizio alla fine del racconto.

Ma chi pensa di leggere un romanzo d’amore è in errore clamoroso. Perché in “Donne nella sabbia” e nelle vicissitudini delle tre protagoniste, si trova la critica all’esportazione della democrazia, la voglia di avventura che spinge il giornalista a lasciare la sua scrivania di redazione e fare l’inviato, la descrizione del disfacimento del sistema d’informazione oggi in Italia e molto altro. Giovanni Neri racconta come avviene la ricerca di senso vero per le proprie azioni. Da toscano e italiano non tradisce la sua cultura letteraria dantesca. I suoi personaggi scelgono di lavorare in un luogo difficile a contatto diretto con la morte “travestita da luce accecante e calore”. Esattamente come fa Dante Alighieri scendono agli Inferi per trovare spiegazioni alle infinite sfaccettature di cui la natura umana è dotata. E in onore del suo conterraneo medievale, adotta un linguaggio ricco di colorite analogie. C’è inoltre un paragone diretto tra Ettore, coprotagonista del romanzo, e Ulisse quando nella Divina Commedia spiega il suo peregrinare come necessario a “seguir virtute e canoscenza”.

Così quel deserto sabbioso immaginato e favoloso, stereotipato nel cuore di chiunque non c’è stato per davvero, prende la forma di “terra, fumo, sassi” insidiato per giunta da “una nube rovente, densa, appiccicosa e mortifera”. Giovanni Neri, apre così il sipario a un luogo per sua natura inospitale, reso maggiormente pericoloso da una guerriglia diffusa senza regole di ingaggio. Un luogo ideale per mettere in scena l’affronto feroce del maschile e femminile, laddove non regna la concordia data dall’orchestrazione tra le parti contrastanti, dall’armonia, dal valore della libertà di ogni essere umano e dal rispetto reciproco; ciò che, tradotto in politica, dovrebbero significare democrazia. “È stato un clamoroso errore – spiega Giovanni Neri a libro chiuso – esportare la democrazia, facendo di tutto per trasformare un mondo in un altro mondo, a imporre in un popolo di logica tribale la libertà di voto. È stato solo un sogno finito male. Perché si passa alla democrazia solo attraverso una serie di passaggi storici infiniti, che allungano il tempo di conquista della libertà del popolo”.

Dunque, in un ambiente inospitale e opprimente, il femminile non riesce a esprimersi e a volte crede di negarsi per sopravvivere. Così l’autore si esprime in termini brutali, asettici, secchi, per esprimere la ferocia esasperata che distrugge. Termini che si confanno a un luogo inumano per i suoi numerosi personaggi maschili e per le sole tre donne che cercano scampo in diversi modi. Per salvarsi tra le dune spostate dalle tempeste di sabbia inaspettate, occorre lottare perché “la guerra si vince nella polvere”. E non basta la bontà, l’intelligenza; occorre la tenacia e l’esperienza, la gestione della rabbia, la voglia di salvarsi e non arrendersi a una femminilità presunta e imposta da un mondo che ti vuole dominare.

Il campo di battaglia di Giovanni Neri rimette in discussione il femminile e con esso il maschile. Una delle donne, Marina, protagonista in assoluto del racconto, è un medico arruolato nell’esercito. La divisa militare non nega la sinuosità corporea della donna, i capelli corti non sventrano il fascino femmineo. Quel che snatura la femminilità di Marina è invece la brutalità, la voglia di sola sopraffazione, la mancanza assoluta di pensiero democratico nello Stato come nelle famiglie che vivono senza aver compreso il significato di potere popolare.

Giovanni Neri in Afghanistan c’è stato, può quindi essere considerato un testimone oculare. Lui, scrittore e giornalista di cronaca livornese, conosce la vita di redazione e quella dell’inviato, preferendo quest’ultima. È stato ufficiale superiore della Riserva Selezionata dell’Esercito, addetto alla Pubblica Informazione. Così non è difficile capire che dietro il coprotagonista del romanzo Ettore, c’è lui. C’è quindi tanto di autobiografico in “Donne nella sabbia”, cosa che colora di maggior fascino il racconto e fa nascere interessanti interrogativi su ciò che è cronaca vera e ciò che è finzione. Domande a cui solo lui stesso può rispondere.

“Il libro è un romanzo e i personaggi sono inventati – dice – Ma Ettore sono io e Marina è un mix di donne che ho incontrato nella mia vita. Il capitolo che ho titolato ‘Redazione uguale prigione’ è tutto vero. E oggi la professione del giornalista non sta migliorando, anzi… L’autorevolezza dei giornali è crollata e persino la carriera dell’inviato è finita per colpa delle nuove tecnologie forse sottovalutate dai giornalisti stessi”.

I due personaggi Ettore e Marina, rappresentanti il maschile e il femminile, compresenti in ciascuno di noi, lasciano la loro vita tranquilla e piatta per arruolarsi con compiti differenti, rispettivamente giornalista e medico, in Afghanistan, tra Taliban, gruppo più organizzato e potente che poi ha prevalso, e Insurgens, gruppo spurio che raggruppa gruppi tribali differenti e in guerra tra loro. Laddove scontri, imboscate e attentati, succedono sempre come imprevedibili azioni che ti fanno chiedere alla fine sarai ancora vivo o no, essi snodano le loro vite, i loro perché, i loro traumi e anche le loro speranze.

Il finale è un sorriso salvifico, che disegna il femminile che trionfa in quella polvere, in quella terra desolata dove le innumerevoli luci tra le dune, non sono sfavillanti led di un resort arabeggiante, ma corpi che ancora bruciano.
Un sorriso che insieme a coraggio, determinazione, pietà e fiducia, ridisegna i tratti della donna vincitrice tra le dune di sabbia della vita.

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