Erri De Luca: “Non deve esistere la parola clandestino nella nostra Europa”

by Felice Sblendorio
Foto di Massimo Battista

Erri De Luca è un minimalista della parola. Centellina ogni singola frase, ogni pensiero tagliente e preciso diventa subito evocazione, immagine potente, suggestione troppo reale oppure diametralmente immaginaria. È una scrittura che parte da lontano, forse proprio da quelle “traduzioni di servizio” di alcuni brani della Bibbia in ebraico antico, parca di retorica comune: essenziale. Nell’essenza, e nello stile, c’è già tutto sembra capire dai tanti libri che l’autore napoletano ha scritto dal 1989, l’anno dell’esordio come scrittore con “Non ora, non qui”, dopo l’esperienza lavorativa manuale che l’ha visto operaio, camionista, magazziniere e muratore. De Luca, anche nei panni di scrittore, non ha dimenticato quell’esperienza e ha conservato il valore della materia, il pragmatismo delle cose urgenti, trasferendolo nei suoi romanzi e nelle sue battaglie politiche e sociali.

Dopo il pamphlet La parola contraria”, scritto in occasione del processo da cui è stato assolto per istigazione a delinquere dopo alcune frasi riguardanti il movimento “No TAV”, l’autore ritorna a scrivere un breve manifesto, un’estemporanea razionale sull’Europa in attesa del determinante voto di domenica 26 maggio che rinnoverà, nel momento più incandescente della politica internazionale travolta dall’avanzata dei nazionalismi, dei populismi e dei fallimenti dei partiti dell’assetto tradizionale, il Parlamento Europeo. Per difendere quel progetto comune, quel “sogno” di comunità dopo gli orrori del “secolo breve” di Hobsbawm, Erri De Luca offre ai lettori la sua esperienza e il suo senso delle cose sull’Europa con l’ebook “Pagine Europee” (Feltrinelli ZOOM, 17.510 caratteri, euro 1,99). bonculture lo ha intervistato sull’Europa, sui valori comuni e sui temi dell’immigrazione.

De Luca, l’Europa è al suo campo base avanzato: sopravvivrà al voto del 26 magggio?

L’Unione Europea è indispensabile, i nazionalismi travestiti da sovranismi non la faranno certo retrocedere al 1900 e al ripristino delle frontiere interne.

Nel suo ebook “Pagine Europee” ricorda la facilità di passaggio come elemento fondante di questo nostro spazio comune. Difendere il processo storico che ha portato alla nascita dell’Europa è una difesa dei valori di pace salvati dal secolo breve dell’orrore?

Apparteniamo al continente più carico di guerre e di distruzioni. L’ultima fu catastrofica, al punto da dover scongiurare un ritorno di guerre alimentate da nazionalismi contrapposti. L’Unione Europea è il più grande traguardo politico della storia del nostro continente, costruito sulle più vaste macerie e sulle più specializzate stragi. È antidoto e salvaguardia. Ora è anche area comune a una gioventù che è cresciuta interamente nella libertà di movimento, nella parità di titoli di studio, nella facilità di cogliere le migliori occasioni in questo spazio condiviso dall’Atlantico al Mar Nero, dal Mediterraneo al Mar del Nord.

Seneca teorizzava due patrie: la minor, dove nasciamo e viviamo, e la maior, quella che ci accomuna a tutti gli altri uomini senza distinzioni di pelle, etnie, fedi religiose e credenze politiche. Dov’è finita la “patria grande” nell’Europa dei nazionalismi?

I nazionalismi, lo voglio ripetere, sono la zavorra della storia, non sono il suo futuro ma il freno a mano che rallenta la marcia senza poterla invertire.

Quanto è importante per l’Europa diventare un vero luogo politico utile ad ordinare il nuovo ordine mondiale? La storia insegna che i disordini non stabiliti dai fini sfociano, quasi sempre, nelle guerre…

La specialità dell’Europa dovrà essere quella di un laboratorio avanzato della tutela dell’ambiente, l’università dove si svilupperanno linee guida di condotta, una nuova alleanza tra umanità e habitat, una economia della riparazione dei guasti.

A proposito di guasti, questa è anche l’Europa delle grandi disuguaglianze sociali, del ceto medio incattivito, indebolito. Se i populisti hanno cavalcato l’onda, qualcuno sicuramente l’ha indirizzata male. Come se ne esce?

Non misuriamo l’Europa sul malumore provvisorio dell’elettore italiano che oggi sposta una dote di voti all’interno della destra e domani cambierà ronzino di riferimento. L’Europa è più grande e più forte della somma delle sue parti.

Parlando di migrazioni: il corso della storia è stato affiancato da mutazioni geografiche e demografiche epocali. Le politiche utilizzate in questi anni per governare questi flussi sono state appropriate?

Non riconosco alcuna regolamentazione dei flussi. Essi proseguono affrontando ostacoli e ostruzioni che possono aumentare le loro decimazioni, ma non prevalere sulle ragioni degli spostamenti di masse umane. L’Europa lascia correre le maratone della sopravvivenza, affidando ai paesi di frontiera il carico degli arrivi e dei transiti grazie all’insensato accordo di Dublino.

Le morti nel Mediterraneo diminuiscono, ma le carceri libiche urlano disumanità: è esagerato chi pensa che sarà la storia un giorno a condannarci moralmente per questa continua tragedia che si sta consumando sotto i nostri occhi?

Non aspetto la storia per dichiarare crimine di guerra in tempo di pace il massimo naufragio continuato della storia umana, in vigore come legge non scritta dal ‘97, dall’affondamento del battello albanese “Katër i Radës” nel Canale di Otranto a opera di una nave militare italiana. Non aspetto la storia per dichiarare l’isola di Lampedusa capitale supplente della civiltà europea. 

Da poco è crollato, con l’archiviazione delle indagini, il “Teorema Zuccaro”, le varie inchieste della procura di Catania che ipotizzavano connessioni fra la criminalità organizzata e le Ong. La politica ha strumentalizzato queste indagini diffondendo una percezione distorta sul loro lavoro?

Hanno diffamato e calunniato i marinai delle navi salvezza con una strategia che in terraferma proseguiva con le restrizioni dei diritti dei richiedenti asilo e poi con la chiusura dei centri di accoglienza. I governi, questo e i precedenti, non hanno ottenuto niente, tranne che rendersi complici di aumento dei sommersi, diminuzione dei salvati.

La bozza del Decreto Sicurezza bis prevede una sanzione per ogni straniero soccorso e trasportato in Italia. Come commenta questa proposta?

Uno stato di ubriachezza molesta da smaltire in sede di consiglio dei ministri.

Lei scrive che in questo continente il razzismo non ha fondamento biologico. Contro questa teoria c’è un sentimento intollerante che rivendica la sua potenza non solo in Italia: come se lo spiega?

Il nostro sangue è un bacino alluvionale di innumerevoli innesti che si sono succeduti nel corso della storia. Noi italiani siamo stati invasi da ogni punto cardinale e abbiamo anche condiviso epidemie sterminatrici che ancora di più hanno perfezionato gli incroci. Pretendere di appartenere a un ceppo significa volersi dissanguare escludendo tutti gli altri. Dunque il razzismo è un disturbo della percezione di se stessi, prima che degli altri. I disturbi hanno pretese, ma vanno curati.

Questo voto appartiene soprattutto alle giovani generazioni, a chi ha vissuto costantemente nella pace e in uno spazio geografico senza barriere. Come racconterebbe l’urgenza di cambiare ma di  proteggere con forza il progetto europeo ad un diciottenne?

Cambiare vuol dire procedere verso una maggiore Unione, con più competenze condivise. Questo voto intanto serve a ribadire che nessuno scipperà l’Europa ai giovani, che non si ripeterà l’incubo della Brexit dove il voto anziano ha ipotecato il futuro dei giovani, un futuro in cui quegli anziani non avranno parte né diritto.

Lei è uno scrittore che da tempo ricorda l’importanza della libertà di espressione, del valore della parola contraria. C’è una parola usurpata del suo significato che rianimerebbe?

Non deve esistere nel vocabolario umano la parola clandestino. Non c’è nelle scritture sacre, non esiste in natura.

*La foto di Erri De Luca è di Massimo Battista, che ringraziamo per la gentile autorizzazione all’utilizzo

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.