“Fatti albero” di Alfredo De Giovanni ai Dialoghi di Trani. «Proviamo a rinascere, a mettere a dimora un albero ogni giorno, a prendercene cura»

by Antonella Soccio

“Farsi Albero: per una consapevolezza globale” è il tema dell’incontro dei Dialoghi di Trani ispirato ad una storia vera, raccontata dal libro del geologo e scrittore “Fatti Albero” di Alfredo De Giovanni.

Abbiamo intervistato l’autore.

De Giovanni, come nasce la storia di Fatti Albero?

Nel luglio del 2021, un albero di pino, un esemplare di oltre cento anni, alto quasi 20 metri viene abbattuto prematuramente a Barletta. L’albero sembra dare fastidio a qualcuno ma incontra l’opposizione di mezza comunità. Per la prima volta, un grande movimento trasversale scende per strada, realizza flash mob, scrive, denuncia, si muove, fa qualcosa. Il pino verrò abbattuto ma qualcosa cambierà in quella comunità, sembra essersi accesa la miccia della consapevolezza. Sempre nel luglio del 2021 l’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change), l’agenzia delle Nazioni Unite che studia il clima mondiale da oltre 35 anni, tira fuori il suo ultimo report. A leggerlo con gli occhi di un geologo è una catastrofe. Siamo sull’orlo di un abisso, per alcuni senza ritorno, gli sforzi per ritardare l’aumento delle temperature del globo sono vani, non c’è più tempo. Per alcuni c’è ancora una piccola speranza. Quella speranza è il sentimento che ha fatto nascere la storia di “Fatti albero”. La speranza racchiusa nella frase di Martin Luther King – a sua volta presa da Martin Lutero: “Anche se il mondo dovesse finire domani, non rinuncerei mai a piantare il mio albero di mele”. La storia di “Fatti albero” è quella speranza.

Gli alberi e la cura delle città. Sempre più di frequente nascono comitati in difesa del verde dei quartieri. Quante storie sono racchiuse in queste piccole azioni di lotta di moltitudini?

Nel 2018 esce il romanzo “Il sussurro del mondo” di Richard Powers che vince il premio Pulitzer l’anno successivo. Quel libro straordinario segna, in qualche modo, la rinascita dei movimenti mondiali per gli alberi. Sempre più persone cominciano a rendersi conto che gli alberi possono rappresentare la svolta. Ancora una volta, questi esseri viventi possono aiutarci a superare una crisi globale, a riconnetterci con noi stessi ancor prima che con la Natura, a curarci. Poi viene la pandemia e con essa aumenta la consapevolezza che il pianeta ci sta urlando qualcosa. Aumentano i comitati cittadini, piccoli gruppi “arborei” crescono, si moltiplicano le iniziative a favore degli alberi e dei progetti di riforestazione urbana, nascono start-up per la messa a dimora di alberi anche qui in Puglia, nel Salento, per arginare la tragedia degli ulivi provocata dalla Xylella fastidiosa, dall’ignoranza, dall’incuria, dal mercato.

Sono storie bellissime, di gente comune, di ragazzi, di tanti anziani che non si rassegnano, che con le mani piene di terra e di speranza provano a far rinascere un piccolo angolo verde di quartiere, un micro-bosco urbano, un’aiuola, un albero solitario, un frammento di biodiversità. Ne sto incontrando tanti, vorrei diventassero milioni, perché sono i veri attori del cambiamento, della solidarietà, della pace.

I Dialoghi di Trani, cosa rappresenta per lei questa manifestazione e cosa ha di diverso rispetto ad altri eventi librari?

Seguo i Dialoghi di Trani sin dalla prima edizione, dal lontano 2002. Avevo poco più di trent’anni e frequentavo la Maria del Porto, la storica libreria sul porto di Trani insieme ad altri amici. Sin dalle origini si è connotato come uno dei festival del pensiero più importanti di Italia, regalandoci il confronto con scrittori, pensatori e filosofi di rilievo nazionale e internazionale. Un festival che non ha mai avuto paura di osare, di affrontare temi scomodi, di dialogare con le comunità in modo diretto, inclusivo, profondo. È cresciuto negli anni sempre più, ed oggi si presenta con un’edizione davvero magnifica, divergente, con un tema come “la cura”, strategico per la dignità e il bene di tutti. Sono onorato di farne parte, di essere nel programma dei Dialoghi Off.

Gli alberi e il cambiamento climatico, crede che questa sua storia possa diventare un manifesto per la cura del clima?

Il mio è un piccolo libro. L’ho scritto per i ragazzi, soprattutto per quelli che si trovano nella fascia più delicata, dagli undici ai sedici anni. “Fatti albero” è un monologo teatrale che spero di portare in scena il prima possibile, corredato da un’appendice che racconta gli alberi attraverso le materie di studio della Scuola secondaria. Sto girando per le scuole e quando alla fine di ogni presentazione scorgo gli occhi lucidi di molti ragazzi e ascolto le domande che mi fanno, sul rapporto sensoriale tra noi e gli alberi, allora capisco che qualcosa è cambiato, che qualcosa può ancora cambiare. Credo che i libri siano la cura, che la Cultura sia la cura, gli alberi siano la cura. Non è un caso che lo strato più interno di una corteccia di un albero si chiami proprio “libro”. Abbiamo bisogno di consapevolezza e di azione. Di farci albero e poi unirci per diventare foresta. Il pianeta si salverà dalla crisi climatica, noi no. Ma come ci hanno insegnato gli esemplari di Gingko biloba in Giappone, gli alberi possono rinascere anche dopo le radiazioni di una bomba nucleare. Proviamo a rinascere, a mettere a dimora un albero ogni giorno, a prendercene cura. Lo avremo fatto per noi.

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