Florentino e Fermina, le due vite parallele de L’amore ai tempi del colera. Una storia da leggere, rileggere e leggere ancora

by Claudio Botta

“Una delle più belle storie d’amore che io ho letto, l’ho letta in questo libro, che si intitola ‘L’amore ai tempi del colera’, e lo ha scritto Gabriel Garcia Marquez, l’autore di ‘Cent’anni di solitudine’ ”. Siamo nel 1994, e il 36enne scrittore torinese Alessandro Baricco, che aveva pubblicato due saggi e due romanzi (Castelli di rabbia ed Oceano Mare), dopo l’interesse suscitato dall’esordio in tv con la trasmissione ‘L’amore è un dardo’ dedicata all’opera lirica, propone sempre nella seconda serata di Rai, di domenica, un appuntamento culturale settimanale destinato a formare una generazione, ‘Pickwick, del leggere e dello scrivere’ (titolo ovviamente ispirato al Circolo del celebre romanzo di Charles Dickens), da lui ideato e condotto con Giovanna Zucconi. La puntata andata in onda il 29 maggio, dedicata appunto alle storie d’amore, viene aperta dalle parole riportate nell’intro iniziale (è possibile rivederla sul sito www.raicultura.it, e su Raiplay, ndr). Marquez, che aveva scritto nel 1967 il suo romanzo più noto ‘Cent’anni di solitudine’, la massima espressione di quel ‘realismo magico’ che proiettò la letteratura e la cultura popolare sudamericana ai vertici delle classifiche di vendita in tutto il mondo (grazie anche a scrittrici come Isabelle Allende e scrittori come Jorge Luis Borges), aveva vinto nel 1982 il Premio Nobel e pubblicato ‘L’amore ai tempi del colera’ nel 1986. Ma l’impennata nelle vendite in Italia si registra nei giorni successivi alla trasmissione, dopo il racconto di Baricco in camicia azzurra, le maniche arrotolate sopra i gomiti: un’immagine pop che oggi è di una normalità e banalità sconcertante, ma all’epoca rompeva fragorosamente schemi e convenzioni, e veniva guardata con sufficienza e ostentato distacco dalla cultura ‘alta’. Il film diretto con Mike Newell con protagonisti Javier Bardem e Giovanna Mezzogiorno nei ruoli principali sarebbe arrivato nelle sale nazionali soltanto il 21 dicembre 2007, e avrebbe ridato una nuova giovinezza al romanzo.

Ambientato a Cartagena alla fine dell’Ottocento, un giovane poeta, Florentino Ariza, una giovanissima Fermina Dava, intravista casualmente durante la consegna di un telegramma e diventata immediatamente la ‘dea Incoronata’ da venerare, e da amare per sempre. Un rapporto epistolare iniziato tra speranze e batticuore, la contrarietà del padre di lei, una prima, lunghissima lontananza. Un nuovo incontro dopo anni, l’amore di lui sempre vivo, nonostante lei continui a respingerlo e poi sposi un altro. Florentino che continua comunque ad aspettarla e va a lavorare nella Compagnia Fluviale gestita dallo zio, e al tempo stesso scrive lettere d’amore su commissione, nelle quali può finalmente esprimere i suoi sentimenti non corrisposti. La verginità a lungo conservata per lei, ma alla fine persa in un rapporto occasionale durante un viaggio di lavoro, su uno dei battelli della compagnia. Il sesso come scoperta, liberazione e anestetico per il mal d’anima, le avventure annotate e contate in un libretto gelosamente custodito, saranno 622 alla fine, solo una altrettanto importante, un altro amore impossibile per una donna sposata uccisa dal marito geloso. Le vite di Florentino e Fermina che continuano in parallelo, nessuna delle due felici, ma senza incontrarsi mai, nonostante la famiglia con figli di lei e il benessere derivante dal lavoro di lui (la Compagnia ereditata dallo zio deceduto). I decenni che passano, la morte del marito di Fermina, Florenzino 72enne che continua a dichiararsi, lei che lo caccia via disperata per il lutto e lacerata dai dubbi, lui che riprende a scriverle lettere come quando erano adolescenti, le barriere di lei che lentamente cedono, una dopo l’altra. Lei che accetta l’invito di salire insieme su un battello, il loro primo viaggio, l’amore adulto pulsante come quello giovanile, la stessa passione, lo stesso imbarazzo (la descrizione dei loro corpi nudi e della loro prima volta è di una delicatezza e sensibilità struggente). Il rientro al porto che potrebbe significare la fine del sogno e la decisione di lui di non attraccare, non far salire gli altri passeggeri, fare comunicare al comandante del battello casi di colera a bordo attraverso la bandiera gialla e la possibilità quindi di rifare lo stesso viaggio, otto giorni l’andata e cinque il ritorno, riservato soltanto a loro, al tempo da ritrovare e conservare, un vero e proprio, assurdo viaggio di nozze. Destinato a finire, ma lui non può accettarlo. Quindi arriva l’ordine al comandante di riprendere la navigazione ancora una volta, e il finale che Baricco definisce “epico”, che lui legge in trasmissione, e che di seguito riportiamo: “«Lo dice sul serio?» gli chiese.

P

«Fin da quando sono nato» disse Florentino Ariza, «non ho detto una sola cosa che non sia sul serio.»

Il capitano guardò Fermina Daza e vide sulle sue ciglia i primi fulgori di una brina invernale. Poi guardò Florentino Ariza, la sua padronanza invincibile, il suo amore impavido, e lo turbò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti.

«E fino a quando crede che possiamo continuare con questo andirivieni del cazzo?» gli domandò.

Florentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatré anni sette mesi e undici giorni, notti comprese.

«Per tutta la vita» disse”.

Uno dei finali più belli di sempre, una delle storie d’amore più belle di sempre, allora come oggi. Da leggere, rileggere e leggere ancora. Buon San Valentino.

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