Giovanna Carucci e l’omaggio agli imprenditori italiani con “God Save the Leader”. «Quando si ha chiara la direzione anche le decisioni diventano più fluide»

by Anna Maria Giannone

La Business Generative Coach Giovanna Carucci, fondatrice di #AuthenticLeader, annuncia l’uscita del suo libro “God Save the Leader”, già disponibile su Amazon. Il testo vuole rappresentare un omaggio allo spirito eroico degli imprenditori italiani, ma anche un percorso concreto di formazione che possa aiutarli a esprimere pienamente tutto il loro potenziale. #AuthenticLeader è nato nel 2019 e si ispira al coaching 3.0 di Robert Dilts e Stephen Gilligan, già ampiamente diffuso nella Silicon Valley. Con questo approccio, basato sulla leadership consapevole e sul Generative Change, si passa progressivamente da una gestione razionale, incentrata prevalentemente sui numeri e su modelli fissi da replicare, a un modo di fare impresa del tutto nuovo, in cui l’essere umano e le persone acquistano una rinnovata centralità.

Nel testo “God Save the Leader” vengono riproposti i principi fondamentali che animano i due moduli del percorso formativo di #Authenticleader: con il primo, Lead With Passion, l’imprenditore viene riagganciato alla passione che lo spinge a fare impresa, aiutandolo a identificare con chiarezza quale contributo egli intenda apportare all’interno del sistema azienda. Attraverso il secondo, Lead for Growth, la leadership viene indirizzata verso l’esterno, con l’obiettivo di guidare e ispirare, migliorando le performance aziendali e sfruttando il proprio potenziale nel rafforzamento delle relazioni con collaboratori, partner e investitori. Il libro ruota attorno ai quattro pilastri su cui si basa la costruzione di una leadership autentica e consapevole di #Authenticleader: la chiarezza, la centratura, l’integrità e la cura.

Abbiamo rivolto alcune domande a Giovanna Carucci:

Gilles Pajou, manager francese, sostiene: “L’essenza della leadership è quella di creare un mondo al quale gli altri abbiano voglia di appartenere”, ma leader e quindi capaci di creare questo mondo, si nasce o si diventa?

La capacità di creare un mondo al quale gli altri abbiano voglia di appartenere è strettamente legata a due fattori:

  • La passione e quindi l’essere connessi emotivamente, in modo viscerale, a quello che si fa. La passione è il motore, l’energia che permette di far entusiasmare in modo autentico al progetto e di creare un clima di fiducia.
  • Il contributo che si vuole portare. Quando si è guidati dall’ego e quindi l’unico scopo del fare business è il proprio ritorno egoistico, non ci può essere leadership e quel mondo non si crea. Noi la chiamiamo la trappola del successo personale. Nel momento in cui si è agganciati a un contributo, a una missione, si è in grado di portare a bordo altri soggetti che credono in questo e hanno voglia di far fatica per realizzarlo.

La leadership quindi è dentro tutti noi, non è qualcosa che si impara ma che si accende nel momento in cui si accede al proprio potenziale autentico, umano e passionale del fare business. Per troppi anni si è pensato che fossero le qualità del leader (carisma, parlatina, etc) a muovere le persone e invece il focus è quello che muove il leader, quello che il leader vuole creare con passione e sincerità. E’ un cambio di paradigma importante perché libera da quelli che noi chiamiamo i Miti della Leadership e quindi dall’aderire a uno stereotipo da film, per riscoprire il contributo autentico e sincero che si vuole dare.

L’Italia è il paese di Adriano Olivetti, imprenditore illuminato che sognava la fabbrica a misura d’uomo, ma poi ha preso piede la cultura del potere, muscolare, maschile, orientata alla performance a tutti i costi, è ora di cambiare?

E’ assolutamente ora di cambiare. Diversi studi condotti da prestigiose istituzioni universitarie hanno dimostrato che questo modo di fare business disumanizzato, eccessivamente muscolare e orientato alla perfomance a tutti a costi ha prodotto dei danni enormi a più livelli:

  1. Personale: una percentuale estremamente alta di aziende si trova ad avere a che fare con casi di esaurimento nervoso, molti imprenditori e CEO a capo di aziende hanno sperimentato almeno una volta nella vita un crash pisco-fisico; molti dei nuovi start-upper o baby boomers utilizza farmaci per gestire stress, insonnia e altri sintomi da iper-performance;
  2. Organizzativo: gli attuali modelli di leadership hanno portato le aziende a una corsa talvolta estenuante verso gli obiettivi e in alcuni casi a una competizione interna estenuante, tassi di turn-over alti e costi di mantenimento del personale significativi con livelli di motivazione ed engagement, invece, sempre più bassi;
  3. Comunità: le aziende vengono concepite come dei sistemi chiusi egostici che non sempre sono consapevoli dell’imbatto sociale e ambientale che le loro decisioni hanno nel breve e nel medio lungo periodo, talvolta provocando danni enormi.

A mio avviso, il nuovo sta arrivando velocemente e forse anche questa pandemia ci porterà verso una consapevolezza diversa, certamente il passo da compiere è quello di passare dall’ennesima teoria economico-manageriale da seguire, all’andare dentro, a livello più personale e umano basato sulla propria visione, sui propri valori e sul contributo al sistema che l’azienda vuole e deve dare. Partire da lì per trovare il proprio personale modello di business e di contributo con la consapevolezza di essere parte di un tutto e che il lavoro oltre a essere dignità è anche realizzazione personale.

Ho deciso di dedicare #Authenticleader agli imprenditori perché il nostro DNA imprenditoriale è umanista e di cuore; Olivetti, Ferrari, Ferrero, Del Vecchio, Cuccinelli e tanti altri, basti pensare alla nostra tradizione dei distretti e della filiera. Noi veniamo da lì e forse è proprio ora di ripartire dalle origini per essere pienamente nel nuovo.

Due anni fa ha fondato #Authenticleader, poi subito la pandemia, che riscontri ha avuto? Cosa le chiedono ora gli imprenditori?

#Authenticleader ha risuonato molto bene in quegli imprenditori che vivono di cuore quello che fanno. Le prime volte mi stupiva sentir dire “ma quindi è giusto che io sia appassionato e che non ci dorma la notte? Mi sono sempre sentito sbagliato per questo”. Questi pensieri derivano appunto dalle teorie manageriali dominanti “tutta testa e niente cuore”, ma la realtà è che la maggior parte degli imprenditori ci mette tanto cuore e passione. Un nostro ambasciatore che ha contribuito al libro, è solito dire “quando sei imprenditore stai in piedi con il cuore”, lo credo fortemente anche io.

Allo scoppio dell’emergenza Covid ho parlato tanto con gli imprenditori della nostra community per aiutarli a tenere la testa dritta nella tempesta. Erano a un bivio drammatico tra preservare i posti di lavoro e proteggere la vita delle persone che lavorano nelle loro aziende. Non è stato facile e con orgoglio, resilienza e cuore sono riusciti a superare la tempesta. In molti hanno coperto la cassa integrazione che non arrivava, in tanti hanno consegnato presidi sanitari a casa dei dipendenti, in tanti hanno aiutato anche a livello emotivo passando ore al telefono con il team spaventato e preoccupato. Il Covid ha dimostrato che davanti alle sfide quello che fa la differenza è lo stato interiore dal quale operi e che le aziende sono innanzitutto persone e relazioni; nella nostra community abbiamo cercato di essere una risorsa affinché gli imprenditori non venissero schiacciati dagli eventi.

Adesso sentono la necessità di fermarsi e ritrovare una direzione, di fare il punto e acquisire anche nuovi strumenti per vivere in questo nuovo mondo. E’ stato drammatico, ma le sfide e le turbolenze che si vivono nel fare impresa sono molte di più e quindi è essenziale sviluppare creatività (intesa come la capacità di generare nuove soluzioni davanti ai problemi e non ripetere solo degli schemi) e anti-fragilità (intesa come il creare e alimentare un sistema azienda che similmente a un essere vivente è in grado di rigenerarsi e trovare costantemente nuovi equilibri)

Recenti ricerche sostengono che gli italiani si fidano di più delle aziende che delle Istituzioni, una bella responsabilità per i leader, verso sé stessi, il proprio team e il nostro paese, il titolo del suo libro chiede a Dio di salvarli, ma in realtà devono salvarsi da soli?

Le istituzioni sono un contesto e chi inizia a fare impresa in Italia è consapevole che non è il paese più facile del mondo nel quale farlo. In tanti però decidono di iniziare e di restare qui anziché andare altrove; io lo trovo un gesto di amore e orgoglio per il nostro paese.

A prescindere da questo, le aziende hanno delle responsabilità di contesto sia interno che esterno.

Gli imprenditori sono responsabili della creazione del contesto interno, noi lo chiamiamo campo, nel quale le persone si sentono agganciate a una missione, nel quale possono esprimere il proprio potenziale, nel quale si sentono viste e apprezzate e dove regnano fiducia, rispetto e impegno.

Parimenti sono responsabili dell’operare con integrità all’interno della filiera e di instaurare anche a questo livello delle relazioni basate su fiducia e rispetto affinché l’impatto sociale ed economico sia sempre più ampio.

Il contesto più ampio invece è responsabilità delle istituzioni e quindi gli imprenditori possono fare poco. A ognuno le proprie responsabilità. I nostri imprenditori sono abituati a fare bene con quello che hanno quindi che Dio li salvi perché sono un tassello fondamentale del nostro paese! Come gli inglesi inneggiano a Dio Salvi la Regina perché è importante, il libro lo invoca per i nostri imprenditori che troppo spesso vengono disegnati come avidi opportunisti e invece sono il cuore pulsante del nostro Paese.

Una è più autentica quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di se stessa” si concludeva così un il monologo del famoso film di Almodovar, vale anche per gli imprenditori che in fondo sono dei grandi sognatori?

Credere alla bellezza dei propri sogni è parte del nostro manifesto quindi assolutamente sì. Gli imprenditori devono avere ben chiara la direzione che vogliono dare alla propria azienda (alcuni la chiamano la Stella Polare) e tendere a quella, perché rappresenta il contributo più profondo che vogliono portare attraverso il loro fare impresa. Quando si ha chiara la direzione anche le decisioni diventano più fluide e i problemi vengono vissuti come “inciampi” del cammino e non attacchi personali o botte di sfortuna.

Robert Dilts, mio trainer e mentore, una volta disse “vivere il presente dal futuro” proprio per indicare la forza attrattiva che la propria Stella Polare è in grado di sviluppare e quindi vivere autenticamente il proprio sogno, lasciandosi attrarre da questo.

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