Gli “sguardi di 24 ore” di Elena Rossi: una rilettura creativa e toccante del tempo attuale, alla luce della pandemia. Miniature poetiche che conquistano

by Livio Costarella

Una visione lunga 24 ore. Poetica, dolce e tagliente, riflessiva e carezzevole, malinconica ma piena di speranza per la vita. La scrittrice Elena Rossi torna in libreria con il suo nuovo lavoro, una raccolta poetica intitolata «24 Ore Sguardi» (edita da Edizioni ENSEMBLE), per dipingere le emozioni, il dolore, l’amore e la speranza, al tempo della pandemia. Concetti profondamente modificati dal tempo che scorre inesorabile, sebbene l’ultimo anno e mezzo sia risultato «fermo» e quasi immoto, dominato da parole e concetti come chiusura, lockdown, protezione, mascherine. Uno schermo contro il vivere comune e civile che mai avremmo pensato di sperimentare così a lungo: ecco allora che la creazione artistica, plasmatasi con questo tempo strano, diviene negli scritti di Elena Rossi una materia che fluisce libera e scorre discreta, con uno stile linguistico che cattura alla prima lettura.

D’altra parte la scrittrice, che vive tra Italia e Francia, non è nuova a queste suadenze letterarie: è stata vincitrice del Premio «Franco Cuomo International Award» al Senato della Repubblica come emergente con il libro «Onda e altri racconti» (2018). Con parole e scritture che accompagnano da sempre la sua passione e creatività: giornalista pubblicista, ha lavorato per attività di comunicazione in varie redazioni, Istituti Culturali e associazioni internazionali; oggi è vice direttrice responsabile di «W – All Women Magazine». Rossi è anche responsabile delle attività di ufficio stampa e comunicazione per l’Universities Network for Children in Armed Conflict, prima rete internazionale di università che lavora per proteggere i bambini nei conflitti armati, con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Italiana.

Una sensibilità che ben spiega il viaggio dell’anima che l’autrice ha intrapreso in tale raccolta, con un flusso narrativo ben diverso dalle consuete sillogi poetiche. E uno stile che predilige miniature e piccoli storytelling legati agli stati d’animo vissuti durante l’emergenza sanitaria: sottili stratificazioni, divenute cicatrici quasi indelebili sulla pelle di ognuno di noi. «Penso a questa raccolta di poesia – spiega Elena – come a un viaggio, dall’anima al mondo. Un mondo che certamente ancora soffre a causa della pandemia da Covid-19. In questa nuova dimensione di sospensione, la nostra capacità di sperare, di credere e di creare è un’arma potente». Ecco allora che 24 ore rappresentano non solo un arco temporale, ma una metafora della vita degli ultimi decenni, nella quale non solo è scomparso il concetto di pausa, ma è ormai eterna l’allerta vigile.

«Nel volo dell’idea/nella culla del dolore/nello zampillo dell’acqua e del fuoco/nella carezza in un fiore. Nel punto in cui il mare s’incontra con il cielo. Ovunque si trovi AMORE». Il percorso della scrittrice parte dalla terra, dal mare e dal cielo, per svelare l’essenza di quella forza energetica e magnetica dell’amore, con un sentimento che si fa benzina inesauribile di ogni giorno. Ci sono componimenti di estrema delicatezza – quasi un’invocazione divina – come «Fammi fiore» («Nella terra, tra i giunchi di speranze essiccate, porgimi acqua e speranza e vento di carezze»); o «Finestra sul mondo», in cui i luoghi sono visibili persino dal privilegiato palcoscenico dei sogni: «Confinato nell’isola in attesa di una farfalla che venga da ogni DOVE che vada in ogni DOVE. Non sono solo, osservo e viaggio. E il mio mondo è un universo inesplorabile, in quaranta metri quadri di stanza è addirittura un Mondo Migliore».

Racconti, poesie e componimenti che colpiscono per fascino e costruzione letteraria, senza banalità o retorica: pensiamo al brano «Con un anonimo positivo. Chiedo Perdono», che ha dato seguito ad un progetto audiovisivo di carattere sociale che ha coinvolto nella recitazione attrici da tutta Italia, con il patrocinio della Regione Lazio. Un patchwork toccante e sincero, un sì alla vita descritto da ognuna di esse con una timbrica diversa, ma comune nell’abbraccio finale che la stessa Rossi regala al lettore. Che «chiede perdono» rivolgendosi a un anonimo positivo (inteso come qualcuno che ha contratto il virus), con un attaccamento alla vita commovente. È evidente il gioco con i diversi punti di vista che attua la scrittrice, richiamando la lunga assenza di vicinanza fisica, in un calembour di «sguardi» letterari che slalomeggia tra il senso di smarrimento e la voglia di una nuova primavera, con la forza tellurica del ritorno alla vita che la contraddistingue.

Tra angeli colorati, ninne nanne, fili spinati, la mano tesa ai migranti e il desiderio di un respiro libero, Elena Rossi ci ricorda anche quanto sia importante soffermarsi sull’uso delle parole. Anche quelle che iniziano con la prima vocale e lettera dell’alfabeto: «Astenia, Angoscia, Apatia, Ansia, Anoressia, Anestesia, Attesa, Assurdo, Annientamento, Allucinante, Agonia, AZZ…, Afonia, Alfa privativa, Assenza di un ABBRACCIO». Un percorso che parte dagli inferi, per ricordarci quanto sia meravigliosa l’emersione dopo l’apnea. Perché dall’astenia all’abbraccio possono passare 24 ore, giorni, mesi o anni. Ma anche pochi secondi o minuti, quelli di una lettura preziosa e coinvolgente, da stillare e da assaporare momento per momento.

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