I dodici intellettuali che dissero “no” a Mussolini: “il Giuramento” di Claudio Fava

by Felice Sblendorio

Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzato.

Si elencano con facilità i nomi che non aderirono al famoso giuramento del mondo accademico “alla Patria e al Regime Fascista”. L’evento, ricordato con meno frequenza rispetto ad altri momenti topici della storia del regime, avvenne quasi novant’anni fa: il 28 agosto del 1931 con un Regio Decreto voluto dal Ministro per l’Educazione Nazionale Balbino Giuliano e ispirato dall’intellettuale e filosofo Giovanni Gentile. A riproporre questa storia, originata dalla scelta ostinata di 12 intellettuali su 1238 che rifiutarono di firmare e giurare devozione al fascismo, è Claudio Fava, giornalista, politico, sceneggiatore assieme a Marco Tullio Giordana del celebre “I cento passi” e attualmente Presidente della Commissione Antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Con “Il Giuramento” (Add Editore, 128 pagine, 14 euro), che prima di diventare un libro è stato uno spettacolo teatrale per la regia di Ninni Bruschetta, Fava tratteggia e racconta idealmente uno dei dodici dissidenti: Mario Carrara, antropologo torinese e padre della medicina legale italiana, arrestato nel 1936 per attività contro il regime e morto nel 1937 nelle carceri “Le Nuove” di Torino.

“Le teste si possono tagliare o contare. Nel 1931 il regime fascista scelse entrambe le soluzioni e impose a tutti i professori universitari un giuramento di fedeltà al Duce. I dodici che non giurarono furono tutti cacciati dall’Università. Molti furono arrestati. Qualcuno di loro morì in galera. Eroi per caso di un’Italia civile cui era rimasta solo quell’estrema decenza: il coraggio di dire no. Le cattedre dei reprobi furono immediatamente riassegnate: ma nella storia resteranno solo i loro nomi, i dodici che seppero dire no a Mussolini”.

Claudio Fava con il suo importante racconto, capace di ricostruire un’anima prode e uno scenario storico sfaccettato e complesso, arriverà a Foggia per il secondo appuntamento di “Leggo Quindi Sono”, il concorso letterario dedicato agli studenti e alle “giovani parole” della Capitanata. L’autore presenterà la sua opera venerdì mattina alle 11.00 al Teatro “Umberto Giordano”, alle 19.00 nello spazio live della Libreria Ubik di Foggia, e il giorno dopo all’Istituto “P. Giannone” di San Marco in Lamis. bonculture ha intervistato Claudio Fava.

“Il giuramento” racconta la vicenda umana di Mario Carrara. Perché ha scelto proprio lui alle prese con il rifiuto di questo cieco atto di fede?  

Racconto Carrara senza mai nominarlo perché nella sua vicenda umana voglio riassumere la scelta e la dignità di tutti i dodici professori che non giurarono fedeltà a Mussolini. Mi piaceva, di Carrara, l’antagonismo scientifico tra la sua scienza fondata sulla ricerca e sul dubbio, e quella del suo maestro Cesare Lombroso – che nella vita gli fu anche suocero – precursore del concetto di razza.

Mario Carrara fece quella scelta per un principio di libertà, soprattutto in difesa della scienza come facoltà libera e indipendente di pensiero. C’entra più la dignità e la decenza che l’ideologia in questa storia?

Assolutamente sì. Nessun furore ideologico, ma l’altissimo principio che il sapere, la scienza, l’insegnamento non debbano e non possano prestare giuramento. Mai. Per una semplice questione di dignità, appunto.

Nella sua lettera di rifiuto scrisse: “Sarò ben lieto di continuare ad assolvere ancora l’insegnamento, se potrò farlo con animo sgombro da ogni preoccupazione e con quella libertà di indirizzo che è necessaria ad ogni attività di pensiero”. Tutto il contrario di quello che chiedeva il fascismo come religione e dimensione totalizzante dell’anima.

Il fascismo, come dice il professore al preside, cerca complici. Non si accontenta solo dell’obbedienza, vuole anche le anime. A quello serviva il giuramento, come ribatte il preside: “A comprometterci tutti!”.

Nel suo grande studio su Mussolini, Renzo De Felice scrisse che “ai fini pratici del regime il giuramento era praticamente inutile” e che fu imposto da Mussolini per rispondere all’accusa degli “intransigentisti fascisti che da un po’ di tempo avevano preso a tacciare il regime di eccessiva tolleranza verso gli intellettuali antifascisti”. Fu una prova di forza simbolica, allora?

Prova di forza, certo, ma non inutile. E Mussolini la perse. Queste sfide, che vogliono misurare l’impunità e l’onnipresenza di un regime, falliscono se anche uno solo risponde di no. E in questo caso, nel caso del Giuramento, furono in dodici.

Su consiglio di Togliatti e Marchesi gli intellettuali di sinistra firmarono quel giuramento per svolgere “un’opera estremamente utile alla causa dell’antifascismo”. Come commenta, con la criticità che il tempo restituisce, quella decisione?

Ingenuità, tatticismo, superbia. Lo dice la storia.

Lei tratteggia anche l’animo inquieto di questo temuto professore e descrive le sue emozioni, lontane da quelle preminenti “scelte” dal fascismo. Anche nella sfera intima delle emozioni Carrara fu un disobbediente?

La dimensione intima, privata, familiare del protagonista non si richiama a Mario Carrara, ma è una scelta creativa. Mi piaceva immaginare un uomo mite, abitudinario, distratto, perfino un po’ noioso. E raccontare cosa accade quando la finestra della vita, con la pretesa di quel giuramento, si spalanca in faccia al nostro professore. Scombinando pensieri, certezze, pigrizie. E permettendogli di vedere e di comprendere ciò che fino al giorno prima gli scorreva davanti. Anche Tilde.

A quasi un secolo dall’esperienza politica fascista sembra ci sia una parte del Paese coinvolta in sentimenti revisionistici. Crede sia giusta l’idea teorizzata da Eco di un “fascismo eterno” che ritorna sui suoi passi?

Torna il conformismo, che è il tragico brodo di coltura in cui crescono tutti i totalitarismi. E l’Italia, storicamente e malinconicamente, è un Paese di straordinario conformismo.

Il suo lavoro aggiunge un tassello al ricordo e al valore di questi dodici intellettuali. Nella storia restano i loro nomi e il loro “no” a Mussolini. Viaggiare contro le forze del conformismo è l’unica cosa che conta e, nel tempo, resta?

Serve. E resta. Il dito del bambino che indica il re nudo cambia la storia per sempre. Anche se è solo un bimbino con il suo dito.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.