“Il bambino nascosto” di Roberto Andò e quel guscio di riservatezza e solitudine della Napoli colta

by La Magna Capitana

Lo confesso! Gabriele Santoro é il mio vicino di casa ideale. La sua immensa cultura e la profondità del suo pensiero mi affascinano. Certo è un uomo schivo, sfuggente, con cui é difficile scambiare quattro chiacchiere. Sicuramente incontrandomi per le scale mi saluterebbe con un lieve cenno del capo e proseguirebbe per la sua strada, riservato e solitario com’è. Io però non mi arrenderei al primo ostacolo: il mio desiderio di conversare con lui é troppo forte. Dal suo appartamento a volte arriva attutito il suono del pianoforte. Si riconoscono spesso le note del settimo brano delle Kinderszenen di Schumann, Traumerei, o uno dei Douze Études pour piano di Debussy.

È più frequente sentirlo al mattino declamare a memoria un canto dell’Eneide o dell’Orlando furioso mentre in bagno, davanti allo specchio, si appresta a radersi. Se gliene chiedessi il motivo, magari un po’ infastidito dalla mia invadenza, mi risponderebbe sbrigativo che lo fa per gli effetti benefici che una mente ben allenata può avere sull’umore.

Gabriele Santoro, però, ha colpe inconfessate da espiare, come sospetta suo padre Massimo, e ha scelto per sé vicini di casa discutibili. Per una forma irragionevole di autolesionismo ha voluto frapporre una distanza incolmabile tra le sue origini borghesi e la nuova vita, scegliendo di trasferirsi in uno dei quartieri più difficili di Napoli, Forcella, influenzato probabilmente da “Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese.

Crede che il guscio di riservatezza e solitudine in cui si é rinchiuso lo protegga dai tentacoli della malavita che lo circonda, ma una metastasi sfugge al suo controllo e si insinua nella sua casa e nella sua vita con le sembianze di un bambino di dieci anni dagli occhi azzurri e i capelli neri.

Ciro Acerno, resosi colpevole di un delitto troppo grande per la sua tenera età, “un mattino putulente di fine estate”, si rifugia nell’appartamento del maestro di musica, certo che quell’estraneo silenzioso e gentile, che incontra ogni tanto per le scale, potrà salvarlo dalla sete di vendetta del boss del quartiere più di quanto sarebbero in grado di fare i suoi stessi genitori.

Gabriele non si tira indietro e dà l’avvio così all’avvincente storia che Roberto Andò ci racconta nel suo ultimo romanzo dal titolo Il bambino nascosto, pubblicato da La nave di Teseo.

Sullo sfondo della storia una Napoli bellissima e perduta mostra al lettore tutte le sue facce contraddittorie.

Quella del poliziotto che, refrattario a qualsiasi forma di pudore, abbraccia camorristi nel suo stesso commissariato.

Quella del magistrato pavido che, trincerandosi dietro una legge che non prevede coinvolgimenti affettivi, evita di mettere a rischio il proprio avanzamento di carriera.

Quella del maestro di pianoforte del conservatorio di Napoli, Gabriele Santoro, che non esita per un solo istante a mettere in pericolo la propria vita pur di salvare quella del suo piccolo ospite, verso il quale prova sin da subito un affetto e un istinto di protezione commoventi.

Un romanzo che ci immerge in un’atmosfera tensiva degna dei migliori thriller americani, e non dà tregua a chi prova ad interromperne, anche solo per poco, la lettura, inframmezzando ai numerosi colpi di scena i dolci e malinconici versi di Kavafis.

Maria Musci

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