“Il digiunatore”, l’impareggiabile vita di Giovanni Succi e quell’intreccio tra digiuno, voci e manicomio

by redazione

Il digiunatore” di Enzo Fileno Carabba, editore Nord narra la vicenda umana ed artistica di Giovanni Succi, uno dei più celebri digiunatori del XIX secolo e lo fa con grazia, leggerezza ed attenzione impareggiabili. Sin dalle prime pagine il lettore si ritrova coinvolto in un racconto a metà fra il realistico ed il fantastico e diventa partecipe di una serie infinita di avventure che tutte insieme compongono un affresco storico e sociale straordinario. Il testo, a metà fra romanzo e saggio, è corredato da un’ampia ed accurata bibliografia e ci trasmette emozioni continue lasciandoci, a fine lettura, stupefatti ed inquieti, come accade a conclusione di ogni incontro con libri di finissima qualità.

La vicenda di Giovanni Succi appassiona il lettore sin dalle prime pagine per la particolare personalità del digiunatore, figura di grande successo al tempo, e tutto il romanzo sembra ruotare intorno ad una domanda fondamentale: Giovanni digiunava con tale fervore perché aveva delle visioni o aveva delle visioni grazie alla durata ed all’intensità dei suoi digiuni?

Nato a Cesenatico nel 1850 da una famiglia benestante, Giovanni sin da bambino cerca di distinguersi facendo qualcosa di straordinario. Tuttavia egli non sa ancora cosa, perché tutto ciò che è eccentrico lo attrae e non c’è sfida con cui egli non si cimenti, che sia un’acrobazia, un gioco di prestigio, una corsa rischiosa. Ecco perché il protagonista se ne va in giro per il mondo, in cerca di una propria identità ed intraprende lunghi viaggi in Africa, un continente molto presente nella sua vita e nel quale rischierà di morire. È uno stregone a curarlo, consegnandogli un elisir dai poteri straordinari e impartendogli un digiuno lungo e tuttavia necessario.


Questo non sarà che il primo di una lunga serie di digiuni, che faranno la vera e propria fortuna di Giovanni Succi sia in Italia che all’estero, dove essi saranno trasformati in veri e propri spettacoli seguiti da un ampio pubblico. Va anche detto che il suo particolare personaggio riusciva continuamente ad attirare su di sé anche l’attenzione dei giornali. Affabulatore stravagante, in grado di parlare un misto di lingue diverse o di farsi capire solo con gli sguardi, Succi aveva un carisma molto speciale, che era spettacolare in sé.

A causa della sua eccentricità egli viene internato più volte in manicomio, una realtà a cui riesce sorprendentemente ad adattarsi senza difficoltà, anche trasformandola in positivo, stringendo legami importanti per se stesso e per gli altri malati. Ogni volta sarà tuttavia dimesso, perché sano, per quanto dica di sentire le voci della nonna e dello stregone che gli suggeriscono spesso cosa fare. Insomma, non c’è esperienza che spaventi Succi o che lo inquieti particolarmente; d’altra parte, lui è in grado di compiere lunghi digiuni e di sollevare subito dopo una persona su una sedia o di ingerire veleno senza riportare alcun danno.

L’intreccio digiuno-successo-manicomio sembra attraversare più volte la sua vita eppure le sfide della sua esistenza si susseguono senza mai dargli pace, né d’altra parte lui sembra esserne provato. E’ così che incontra grandi personaggi come Verdi, Charcot, Buffalo Bill, Salgari, Kafka, tutti affascinati dalla sua personalità.

Kafka stesso ne fu a tal punto colpito da scrivere un racconto su di lui, “Un digiunatore”, breve ma intenso.

Oscilla, Giovanni, fra un’ingenuità inconsapevole del suo talento e la coscienza di avere un dono particolare che può prestarsi, come accadrà, a strumentalizzazioni di vario tipo, eppure si muove con estrema eleganza all’interno di questa polarità lasciandoci la testimonianza preziosa di un personaggio che è riuscito a calarsi nella realtà del suo tempo rimanendo sempre ed ovunque profondamente libero.

Anna Mastrolitto

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