Il Tarlo di Layla Martínez e i vincoli familiari materni tra ombre ed atmosfere soprannaturali

by Agnese Lieggi

Layla Martínez, autrice emergente e talentuosa, ci invita ad abbandonarci con il suo romanzo Il Tarlo, (tradotto in lingua italiana da Gina Maneri e pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera) ad una storia familiare opprimente e oscura. Non si tratta però, di un comune legame familiare tenebroso, ma di vincoli familiari materni, che si tramandano di generazione in generazione, con una staticità amara e soffocante. Nel suo libro, le donne (nonna, madre e figlia) non sono esattamente rappresentanti della dea Venere, non incarnano i simboli di femminilità, bellezza, amore e armonia ma sono generatrici di immobilità e tenebre.

Sin dalle prime pagine del romanzo è presente fra le righe un sensazione di sconforto rispetto all’ineluttabilità del destino, l’impossibilità di sfuggire alla propria sorte e alle proprie condizioni socio-economiche. Quel tipo di immobilità fa pensare alla legge dell’ostrica, descritta da Giovanni Verga nel suo romanzo I Malavoglia, come forma dideterminismo sociale e geografico. La legge dell’ostrica rappresenta una visione pessimistica della vita e delle opportunità di mobilità sociale, e purtroppo nemmeno Layla Martínez trova una via d’uscita per le sue donne verso una vita migliore.

Il tarlo esplora atmosfere soprannaturali, ombre e rumori parlano ai personaggi, una prosa gotica di forte emotività che vira a favore del mistero e della violenza e trova una sua corrispondenza anche con il romanzo La casa degli spiriti di Isabel Allende.

Con qualche domanda alla scrittrice Layla Martínez, ci immergeremo nel suo mondo letterario, esplorando le sue influenze, il suo processo creativo e le sue riflessioni sulla letteratura.

Layla, congratulazioni per il successo di Il Tarlo.  È un romanzo acclamato, che ha suscitato molto interesse. Come ti senti?

Tutto ciò che è successo con Il Tarlo è stato totalmente inaspettato, quindi lo vivo come un sogno, con incredulità e una certa sensazione di irrealtà, ma ovviamente, sono anche molto felice. Non avrei mai potuto immaginare che un romanzo pubblicato da una piccola casa editrice indipendente, come quella che l’ha pubblicato originariamente in Spagna, avrebbe avuto così tanto successo e sarebbe stato tradotto in 16 lingue e pubblicato in 22 paesi. Inoltre, ciò che è insolito, è il fatto che si tratti della storia della mia famiglia materna e si svolga in un piccolo e remoto paese che ha ormai pochissimi abitanti e che quasi nessuno conosce. Mi sono accorta improvvisamente, che persone di posti tanto lontani, come la Corea del Sud, leggeranno la storia della mia famiglia e del mio paese, ed è incredibile.

Il Tarlo è un libro che affronta temi piuttosto oscuri e inquietanti. Cosa ti ha ispirato principalmente a raccontare certi argomenti?

Il Tarlo è nato come un racconto, coincide  più o meno con il primo capitolo del romanzo, anche se poi l’ho modificato parecchio. La mia idea iniziale era raccontare la storia di uno degli armadi presenti in casa di mia nonna materna. È un armadio molto particolare, in cui non si tiene l’abbigliamento quotidiano, ma solo quello per occasioni speciali, quindi ha un grande peso all’interno della storia familiare. C’è il vestito da sposa di mia nonna, che si è sposata di nero perché era in lutto per la morte di suo padre (anche se si trattava di un lutto di vent’anni prima), c’è il costume da confratello di mio zio (quella tunica con il cappuccio che si indossa in Spagna durante la Settimana Santa per le processioni e che il Ku Klux Klan ha copiato), c’è il lenzuolo funebre che mia nonna ha già preparato con il quale vuole essere sepolta… Quando vado a casa di mia nonna, dormo nella stanza in cui si trova quell’armadio e spesso la porta si apre da sola perché l’armadio è vecchio e il legno si dilata con il calore dell’estate. Con quell’immagine in mente ho scritto il racconto, infatti l’ho scritto proprio in quella stanza, ma poi mi sono resa conto che la storia poteva crescere, che avevo ancora cose da raccontare, quindi ho pensato di ampliare la storia per narrare della casa e delle donne della mia Volevo che all’interno della storia fosse presente ciò che è capitato di subire alle donne della mia famiglia, come la violenza di classe, per effetto della loro condizione di povertà, e la violenza di genere. Inoltre, il contesto in cui hanno vissuto buona parte delle loro vite è stato anche molto violento a causa della dittatura. Durante la guerra civile, la zona dell’entroterra della penisola è stata l’ultima a cadere nelle mani del fronte franchista, quindi la repressione è stata particolarmente crudele. Molti uomini fuggirono sulle montagne per continuare a combattere come guerriglieri contro la dittatura, con la speranza che la stessa cadesse contestualmente al crollo di fascismo e nazismo, ma purtroppo questo non accadde. La dittatura ha compiuto un vero e proprio sterminio, soprattutto negli anni quaranta, di fatto la Spagna è risultato il secondo paese al mondo per numero di fosse comuni, dopo la Cambogia. Era inevitabile che tutto questo fosse presente nel romanzo e che venisse raccontato con  rabbia e risentimento, quella di chi non è riuscito a chiudere quella ferita perché, a differenza di altri paesi, in Spagna, non sono stati mai processati né puniti i responsabili di quello sterminio, nemmeno simbolicamente.

Il tuo stile narrativo all’interno del libro è evocativo, crea un’atmosfera intensa. Come hai sviluppato il tuo stile e quali sono le influenze letterarie che hanno giocato un ruolo importante nella tua scrittura?

Quell’atmosfera soffocante è stata una delle cose più difficili per me, perché leggendo il romanzo, volevo che i lettori potessero sentire quasi fisicamente quell’ambiente chiuso, quell’angoscia che trasudava dai muri della casa. Mi ha aiutato leggere opere che avevano già affrontato il tema della famiglia come luogo di violenza, del sentirsi prigionieri nella propria casa e della violenza di classe nei luoghi di provincia. Di grande influenza per me è stata La casa di Bernarda Alba di Federico Garcia Lorca, anche I santi innocenti di Miguel Delibes. Inoltre, il romanzo deve molto al realismo magico latinoamericano. Senza Pedro Páramo di Juan Rulfo, Il Tarlo non esisterebbe. Deve molto anche al cinema di Pasolini, sia per quanto riguarda la rappresentazione della violenza di classe e la critica all’istituzione della famiglia, sia per quanto riguarda lo stile, la bellezza e la luce che si trovano in molti film di Pasolini e che ho cercato di rappresentare, con una prosa “lavorata”, curata con attenzione e precisione, con frasi lunghe e molti aggettivi.

Il Tarlo affronta anche questioni sociali complesse. Qual è secondo te il ruolo della letteratura nel affrontare queste problematiche?

C’è una frase di Leslie Feinberg, un’autrice americana ormai già scomparsa da tempo, che per me è un punto di riferimento essenziale, in cui sostiene che la finzione a volte può raccontare meglio la realtà del saggio. Ha scritto due romanzi autobiografici in cui raccontava la sua vita a partire da una adolescenza segnata da violenza omofobica  e  di classe,  la stessa sosteneva che il fatto che gli scritti avessero forma di un romanzo, le aveva permesso di raccontare meglio cosa si prova ad essere vittima di uno stupro, rispetto a se avesse scritto un saggio e se quindi si fosse dovuta limitare a parlare di dati relativi a quante donne vengono stuprate ogni anno. Affrontare queste tematiche, credo sia un ruolo importante della letteratura. I dati e le ricerche approfondite sono importanti, ma per questo ci sono le tesi di dottorato, gli saggi, gli articoli accademici. Il ruolo della letteratura, o almeno uno dei suoi ruoli, è molto più emotivo. È fare in modo che, ad esempio, quel dato sulla quantità di fosse comuni nel paese ti sconvolga nel profondo e non sia solo un fatto di numeri.

Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti letterari futuri? Continuerai a esplorare temi oscuri nella tua scrittura?

Sto già scrivendo il mio secondo romanzo, anche se è ancora agli albori. Temo che affronterà anche esso temi oscuri, sebbene diversi, questa volta riguarderanno l’idea del patto col diavolo e la discesa agli inferi. Penso subirà le influenze del realismo magico latinoamericano, ma mescolate con il gotico meridionale statunitense di autori come Flannery O’Connor o Carson McCullers.

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