«Il vento attraversa le nostre anime», Lorenza Foschini scandaglia il carteggio amoroso tra Proust e Hahn. “Il mondo della Recherche è a quattro dimensioni”

by Claudia Pellicano

«Il vento attraversa le nostre anime» è una frase che Reynhaldo Hahn appunta su uno spartito nell’estate che vede la sua storia con Marcel Proust al culmine. La passione che travolge i due amanti nel 1894 a Réveillon si affievolirà nel corso degli anni, e la relazione d’amore subirà scossoni e trasformazioni. La fama di Reynaldo diminuirà, mentre quella di Marcel crescerà enormemente. Eppure i due continueranno a rivestire un ruolo unico e insostituibile l’uno per l’altro.

Lorenza Foschini scandaglia e ricostruisce quest’unione attraverso il carteggio- la parte sfuggita alla censura delle rispettive famiglie- tra Proust e Hahn, e la rilettura della Recherche alla luce della vita e dei sentimenti di Marcel.

Si tratta di lettere appassionate, profonde, ironiche, a cui fa da sfondo la Belle Époque, la  Parigi dei salons, una città ricca di un fermento creativo che non si arresterà neanche durante la prima guerra mondiale.

Proust cresce in un milieu intellettualmente vitale e sofisticato; il genio è sempre il prodotto di un contesto sociale, la firma di un’epoca?

È difficile dare una risposta alla sua domanda. In genere il genio risente sempre del contesto in cui è nato ed è cresciuto. Non vuol dire, secondo me, che debba a forza essere venuto al mondo in una famiglia colta ed evoluta. Ma sono convinta che il contesto in cui si muove, per esempio la Firenze del Rinascimento, la Parigi di fine Ottocento, la Vienna che precede il dissolversi dell’Impero asburgico o l’apertura dei ghetti che porta una ventata di assoluta novità nel pensiero occidentale, rappresentino certamente l’humus in cui il genio può nascere e si può sviluppare.

La Parigi in cui si muove Proust vive una stagione unica e irripetibile.  In quei pochi anni che comunemente vengono definiti Belle Époque noi abbiamo un concentrato mai visto di uomini straordinari, nell’arte, nella musica, nella scrittura, in ogni fenomeno culturale.

Oggi può rinvenirsi qualcosa di lontanamente simile a quell’ambiente?

Proust racconta il dissolversi e la fine di un mondo a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.  Un mondo e una società  che non esistono più, eppure quando leggiamo le descrizioni che egli fa dei suoi personaggi, del modo in cui si muovono, dei rapporti che vi sono tra loro, dei loro tic, scopriamo che riassume caratteri così universali che spesso ci sorprende di ritrovarli in persone che vivono oggi.

Lei scrive che è qualcosa di più di un banale snobismo a spingere Proust nella sua ascesa sociale. Cos’è che lo motiva maggiormente da ragazzo? Ambizione, curiosità, irrequietezza?

Proust, come dice Roland Barthes, negli anni prima di scrivere la Recherche, è «un virtuoso della mondanità: un militante». Quello che gli viene semplicisticamente attribuito come snobismo, che snobismo non è, nasce da questa passione che ha nello scrutare l’animo umano. Giovanissimo, frequenta i salotti, le duchesse, gli artisti e gli scrittori di grido, ma osserva con altrettanta profondità e ironia il mondo dei domestici sempre con il suo sguardo di straordinaria intelligenza, vastissima cultura, ironia e un’ inattesa profondità, per la sua età. Sin dall’inizio vorrebbe scrivere, fare lo scrittore, ma perde il suo tempo guardandosi attorno. Lo incanta l’abito di una duchessa e la facciata di una cattedrale, una sinfonia di Beethoven e l’antica ricetta di un pasticcio di carne. Sembra a tutti, a cominciare dalla sua famiglia, che dissipi le sue grandi doti “perdendo tempo”. Per cui passa gli anni nutrendo sensi di colpa per la sua invincibile “paresse”.

In realtà, in tutti questi anni, accumula: dati, volti, panorami, sensazioni che riverserà nelle pagine della Recherche.

Sono gli amici che abbandonano Proust quando raggiunge la notorietà o e lui a farlo? Il successo può essere un fardello?

Proust scrive pagine molto forti sull’inutilità dell’amicizia. La sua straordinaria sensibilità lo porta a soffrire tremendamente per un nonnulla. Una parola detta in più da un amico caro, uno sgarbo inatteso, una durezza involontaria nei suoi confronti, addirittura una semplice distrazione lo portano a scrivere lettere interminabili di accuse al “colpevole” che lo ha fatto tanto soffrire. La sua ipersensibilità gli fa dire che è preferibile passare una serata in compagnia di Stendhal, di Balzac o di Chateaubriand piuttosto che trascorrere il tempo in conversazioni superficiali con personaggi mediocri.

Bisogna aggiungere però che, specialmente negli anni giovanili, è circondato di amici con cui passa ore divertendosi, facendo imitazioni strepitose (una vittima è il povero marchese Robert de Montesquiou) e tenendo una conversazione spiritosa, originale, inimitabile. Ma dal momento in cui, dopo la morte della madre, si rinchiude a scrivere il suo romanzo, non vive che per questo, in una lotta contro il tempo che gli resta per ultimarlo. Gli amici soffrono nel vedere che, soprattutto dopo avere vinto il premio Goncourt, passi le sue serate al Ritz con nuove conoscenze tra cui critici letterari cui offre cene dispendiosissime. Ma il successo per lui è molto importante. È la prova tangibile della grandezza della sua Opera, e gli elogi dei critici, addirittura le vendita dei suoi libri, gli danno la certezza che raggiungerà il maggior numero di persone. Lui tiene moltissimo a che il suo libro sia letto da tutti.

Sia Proust che Hahn sembrano pervasi da una certa malinconia. Esiste una predisposizione, un’attitudine, anche caratteriale, alla felicità?

La malinconia di Reynaldo nasce e cresce durante gli anni per la consapevolezza che si fa strada in lui di non essere in grado di scrivere quel capolavoro musicale che tutti, sin da quando era un bambino prodigio, si aspettavano che creasse. Hahn è quello che i francesi chiamano un “petit maître” autore di pagine affascinanti sulla scia del suo maestro Massenet, ma quando ritorna dalla prima guerra mondiale non ritrova più il mondo dolcissimo della Bella Epoque che lui amava tanto e da cui era molto amato. La sua musica, le sue canzoni sono considerate ormai vestigia del passato e il mondo nuovo lo coglie del tutto impreparato. Da quel momento la sua malinconia diviene inarrestabile, patologica.

Proust, al contrario, non è assolutamente malinconico. Walter Benjamin scrive pagine bellissime sull’aspirazione di Proust alla felicità. Marcel non si scoraggia davanti a nulla e affronta ostacoli insormontabili per pubblicare La strada di Swann che tutti gli editori gli rifiutano, arrivando a pubblicarlo a sue spese. Perché è consapevole di avere scritto un capolavoro.

Come è cambiato, se è cambiato, il rapporto che abbiamo col tempo?

In una lettera ad un amico, Proust racconta di essere stato invitato ad una conferenza alla Sorbona su di un fisico, Einstein, che, gli dicono, ha concepito una teoria del tempo molto simile alla sua. Marcel si domanda incredulo come questo possa essere possibile, non conoscendo lui nulla della matematica e della fisica. In realtà, come scrive Camille Vettard: «L’uno e l’altro hanno l’intuizione, la comprensione delle grandi leggi naturali… Il mondo proustiano, in cui il tempo ha un’importanza tanto grande, è un mondo a quattro dimensioni come il mondo einsteiniano della relatività ristretta».

Ci si sarebbe aspettato che Proust dedicasse molto spazio a un uomo tanto amato; nel romanzo, tuttavia, compare solo un breve cenno a Reynhaldo. Perché? Qual è davvero il sentimento dello scrittore per Hahn?

Proust afferma che il fil rouge che lega tutta la Recherche è la musica. È uno straordinario intenditore, le sue pagine sulla sonata di Vinteuil sono tra le più belle mai scritte su di un concerto. Hahn lo introduce certamente a una maggiore comprensione musicale, ma i loro gusti sono molto diversi. Proust intuisce la grandezza di Wagner fino al punto di esserne influenzato nella struttura stessa del Romanzo. Hahn odia il grande compositore tedesco e ama la melodia francese; il suo sguardo è nostalgicamente rivolto all’indietro, chiuso ad ogni novità musicale.

Ciò detto, Reynaldo ha indubbiamente ispirato pagine proustiane, ma che risalgono all’epoca del loro amore. Lo ritroviamo nella descrizione di un personaggio de I Piaceri e i Giorni e nel romanzo rimasto incompleto Jean Santeuil. A proposito di questo libro, Marcel scrive a Reynaldo: «Vorrei che la vostra presenza vi si avvertisse costantemente, ma come un dio mascherato, irriconoscibile da qualsiasi mortale».

Nella Recherche, invece, Hahn non è mai nominato, tranne un piccolo insignificante accenno. Non saprei dire il perché.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.