Il volo dell’occasione di Filippo Tuena, la magistrale metafora del tempo perso in una Parigi noir

by Giorgia Ruggiero

L’osservazione è il rito primordiale di chi scrive. Lo scrittore scruta i ricordi degli altri, impianta i passi sulle impronte precedenti perché possa sentirsi parte della storia che racconterà. È un impiccione, un ladro, un bambino curioso.

Ripubblicato da TerraRossa, Il volo dell’occasione è l’opera di Filippo Tuena testimone di questa narrativa tradizionale e risaputa: il suo romanzo inizia con l’indiscrezione di uno scrittore che cerca una storia da raccontare, degli occhi a cui legarsi senza tutele, un
brivido al limite dell’onirico.

È nella Parigi enigmatica e sospesa nel tempo degli anni Novanta che lo scrittore anonimo e protagonista trova la sua storia, il dramma da impaginare.
Gli bastano tre incontri con un uomo tradito e triste a suggerirgli la natura occulta e inspiegabile della storia in cui si è imbattuto. Quella di Renant, un uomo che gli sembra di aver già conosciuto, in un tempo che somiglia alla Parigi del romanzo: metafisico,
sospeso, rarefatto. Tutto si rivela l’intreccio perfetto che gli diventerà un cane fedele, un dubbio ossessivo e martellante che non gli darà pace, l’atteso pretesto per scappare dalla sua slabbrata realtà:
“Scappi sempre dalla realtà che ti appartiene, tu.”
“È un delitto?”
“Il peggiore.”

Gli odori palpabili dell’ambientazione, i destini sempre concatenati che si rinchiudono nei bistrot, negli hotel, dentro i taxi, nei delitti e persino nei fantasmi della città del mistero,sono combinati da Tuena perché si apra e cucisca la ferita che le cose della vita si perdono anche se osservate,studiate e inseguite per lungo tempo, anche se amate.

A divenirne esempio è Blanche, la donna – che sembra un’apparizione- amata da Renant, di cui si innamora anche lo scrittore anonimo che si è ritrovato a seguirne le tracce per poterne raccontare l’amore, per metterla in guardia dal flusso del dolore: la vicenda occupa dentro di lui un posto preoccupante, tanto da fargli crescere il desiderio assillante di cambiarne il corso senza rimanerne fuori. Eppure lui ha il destino dell’escluso, di chi corre e corre e non trova mai un posto adatto,
il posto giusto in cui un altro destino gli possa fare compagnia. In cui i tentativi di costruirsi e farsi spazio dentro gli altri non siano vani, in cui il tempo non sia sospeso nel dubbio, non sia dilatato e distorto dalla paura di perdere tutto. Ma non c’è tregua se le paure, poi, le prendiamo a cuore: “Non sanno che nulla è ripetibile, nulla ritorna. Perdiamo tutto».

Tutto il romanzo, accompagnato da uno stile impeccabile ed elegante e permeato da un’atmosfera noir , è la magistrale metafora del tempo perso, dell’occasione – “la dea rapida esilenziosa che non avvisa, passa accanto e vola via” – costellata dalla rappresentazione delle illusioni umane, dell’incontenibile voluttà che il più delle volte
proviamo nel farci male, legandoci a storie di cui non possiamo far parte, solo perché curiosi di sapere come vanno a finire. Solo perché non accettiamo di perdere i fantasmi della nostra vita.
Non potremo salvarli: sono morti.

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