“Intrigo bretone. Omicidio a Pont-Aven. Il primo caso del commissario Dupin”: il garbato spot francese di Bannalec

by Francesco Berlingieri

Jean-Luc Bannalec
Intrigo bretone. Omicidio a Pont-Aven. Il primo caso del commissario Dupin 
(Beat edizioni, 232 pagine, 18 euro)


I francesi scrivono gialli così.

Lineari, puliti, logici. In sostanziale equilibrio tra le evoluzioni della cronaca e un depliant della Pro-Loco. Perché è innegabile – a partire dal titolo – che questo Intrigo cullato dalla risacca dell’Atlantico risuona, all’orecchio del lettore, come un garbato spot della più celtica delle regioni francesi, della sua natura selvaggia, delle sue genti rudi, della sua enogastronomia, delle sue tradizioni.

Leggere i noir francesi – e non lo dico per sminuirne l’impatto – è abituarsi a tralasciare il focus criminale da cui il romanzo prende l’abbrivio. È piacevole, per carità!

Ma siamo sempre lì, a girare attorno al punto: un giallo è contesto sociale, è narrazione delle contraddizioni di una comunità, è indagine su una popolazione apparentemente al di sopra di ogni sospetto. Un giallo non è un omicidio, due, dieci, da risolvere attraverso la perizia di un commissario sistematicamente sui generis. E neppure una carrellata di luoghi da cercare su Google Immagini per cominciare a farci un pensierino, vista la prossima primavera. È, sempre a mio modestissimo avviso, la capacità di intonare il canto del mistero con il controcanto della socialità da cui il mistero trae forza.

Jean-Luc Bannalec – che poi in realtà è un tedesco che vive in Bretagna – scrive con onestà e ferrea conseguenzialità. Dipinge la figura di un nuovo mastino della legge, Dupin, e lo immerge nei luoghi fatati degli artisti di fine Ottocento: Pont-Aven, Concarneau, i paesi degli impressionisti e di Gauguin, che queste sponde le raggiunse per sfuggire all’imbarbarimento della civilizzazione.

Il brutale omicidio di uno stimato proprietario d’albergo, nipote in linea diretta di una delle grandi animatrici della colonia artistica che fu, e mecenate a sua volta; uomo stimato e affermato, eliminato a coltellate nella sua sala ristorante, sconvolge il paese e mette in moto il brillante e raffinato ragionamento di Dupin, che in Bretagna ci è finito per motivi disciplinari e che è schivo e burbero al punto da non sembrare un commissario. E, proprio per questo, finisce per esserne un cliché letterario. L’ennesimo.

Ma, nonostante questo, il libro è piacevole ed avvincente. Bannalec tesse la sua trama con bella scelta dei tempi e senza strafare. In fondo, a ben pensarci, non tutto ciò che si legge dev’essere alta letteratura. Ci sono letture così, che tengono compagnia negli interregni. E meno male.

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