La pelle in cui abito: la storia di Diabate Kader nel libro di Giancarlo Visitilli

by Ines Pierucci

Pancia, braccia, gambe, testa, spalle, occhi, piedi, orecchi, lingua, mani, naso, stomaco, reni, cuore non sono solo le parti del nostro corpo ma anche quelle dell’ultimo libro di Giancarlo Visitilli “La pelle in cui abito” (Laterza, ottobre 2019).

La scelta di intestare ogni singolo capitolo del suo ultimo libro al vocabolario anatomico umano è un’occasione per utilizzare l’unità corporea per costituire un insieme di nozioni volte a definire e organizzare il mondo che ci circonda. 

La pancia non a caso è la prima parte che permette all’autore di cominciare a raccontare la storia di Diabate Kader.

Nato a Man in Costa d’Avorio, il protagonista del libro prima di attraversare il deserto e il mare, per raggiungere il nostro paese e la nostra regione, muove ogni singolo arto del corpo umano per raccontare un pezzo della sua storia lunga centotrentantré  pagine. 

E il cuore è l’organo in coda al libro che non chiede carta di identità al lettore, è aperto a tutti, chiunque tu sia, è la porta a questa comprensione del mondo che accoglie tutti. Oltre la patina della realtà c’è la mostruosità e il dolore. 

La scrittura diaristica ti illude di sfuggire alla retorica del romanzo e quando è commovente, nel senso del muovere collettivamente, risolve l’enigma della parola scritta. Tutti i libri di Giancarlo Visitilli vanno nella direzione, del sentimento e della libertà di espressione, senza preconcetto.

I dettagli biografici, così come i ringraziamenti finali e le dediche iniziali di un libro non appartengono solo allavita dello scrittore ma raccontano del momento che un intero paese sta vivendo.

Mi permetto, dunque, di unirmi ai ringraziamenti finaliche rivolge Diabate Kader ai Presìdi del libro e in particolare ad Angela Pisicchio del Presidio del libro di Corato, senza i quali molto probabilmente questo libro non sarebbe mai nato.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.