La portalettere di Francesca Giannone, una storia d’amore, discriminazione e amicizia

by Federica Fabiano

A distanza di tre anni dall’ultima volta, la libreria Ubik di Foggia, ha riportato in Piazza Giordano lettori e autori. Ad inaugurare il nuovo corso di presentazioni letterarie è stata Francesca Giannone, la giovane scrittrice (e pittrice) salentina, che ha presentato la storia della sua bisnonna Anna, “La portalettere” (Editrice Nord, 2023). Probabilmente il suo è uno degli esordi più significativi di questo nuovo anno, sicuramente è un grande successo: in poche settimane è già alla settima ristampa e resiste in cima alle classifiche sin dalla sua uscita, il 6 gennaio.

Un romanzo storico, corale, familiare? Innanzitutto un romanzo d’amore, nelle sue infinite declinazioni, a partire dall’amore per sé stessi. È la storia d’amore tra Anna e Carlo, il loro è un matrimonio felice, che resiste nel tempo. È la storia dell’amore silenzioso, che si consuma solo “tra le righe” dei grandi classici che Anna legge con suo cognato Antonio. È la storia dell’amore tra fratelli, Antonio e Carlo, così diversi eppure uniti indissolubilmente. È la storia dell’amicizia vera, profonda, salvifica tra Anna e Giovanna. È anche la storia di amori non corrisposti, di amori che oggi definiremmo tossici.

Anna arriva a Lizzanello con suo marito Carlo e suo figlio Roberto nel 1934, dalla Liguria, dove insegnava. Grazie ai suoi studi, vince il concorso e diventa la prima portalettere donna del Salento, probabilmente dell’intera Puglia. Il suo lavoro la porta nelle case di tutti gli abitanti di quel piccolo paese, il suo coraggio, la sua determinazione, la sua indipendenza, il suo essere così profondamente libera fanno il resto.

Com’è arrivata questa storia?

Potrei dire che mi è venuta a cercare. Durante il lockdown ero a casa dei miei genitori e lì ho trovato in un cassetto il biglietto da visita della mia bisnonna, Anna Allavena, che è raffigurato anche in quarta di copertina. È partito tutto da lì, poi ho parlato con mia madre che era la sua nipote preferita e ho pensato di scrivere questo romanzo per onorare la promessa che le fece, così non potrà più essere dimenticata. Mi è sembrato giusto darle il riconoscimento che merita; nel suo piccolo credo abbia fatto molto, aiutando tante persone, anticipando, da visionaria, quello che poi è effettivamente successo con la Rivoluzione femminile negli anni Sessanta.

Anna è sicuramente la protagonista, in qualche modo ruota tutto attorno a lei, ma gli altri personaggi sono altrettanto importanti, tanto da poter essere definiti coprotagonisti. Ci hai lavorato molto?

Sì, assolutamente. A dire la verità sono partita proprio dai personaggi, la storia, che ovviamente è romanzata, è arrivata dopo. Ho creato dei dossier su ogni personaggio, pagine e pagine in cui li ho costruiti minuziosamente, lì c’è tutto, perfino il numero di scarpe. Ci ho dedicato molto tempo perché credo sia molto importante ricrearne l’umanità, per avvicinarli e per poter parlare un po’ a tutti.

Affronti argomenti molto importanti: dalla violenza alla discriminazione…

Ho cercato di parlare di violenza nella storia di Giovanna, ma mi sono concentrata soprattutto su quella che poi è la sua salvezza: l’amicizia con Anna, che è l’unica che sa guardare oltre le apparenze e che la accoglie. Le discriminazioni di cui parlo sono tante, a partire da quelle tra Nord e Sud. Ho raccontato una migrazione inversa, Anna è soprannominata “la forestiera” anche vent’anni dopo il suo arrivo. Il sud è tanto accogliente nelle manifestazioni d’affetto, quanto respingente nel pregiudizio ma anche Anna è insofferente a quel calore che lei legge come invadenza per cui alla fine il pregiudizio è in realtà reciproco. Nel romanzo affronto anche il tema delle discriminazioni di genere, entrambi, se pensiamo che Anna non poteva fare la portalettere perché era considerato un mestiere da uomo e Daniele non poteva fare il sarto perché era considerato un mestiere da donna. Certamente emerge più la discriminazione nei confronti delle donne perché stiamo parlando di una società profondamente patriarcale, che forse trattiene questo pregiudizio ancora oggi, a distanza di un secolo.

Sappiamo che “La portalettere” sarà una serie tv, te ne occuperai?

Sì, i diritti audiovisivi sono stati acquistati da un’importantissima casa di produzione italiana, nota anche a livello internazionale. Io ho studiato cinema al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma, perciò spero di poter collaborare alla scrittura, ma non posso anticipare nulla di più per il momento…

Non puoi dirci neanche se ci sarà un seguito del romanzo magari sui personaggi della seconda generazione?

Sarebbe bello poter raccontare anche di Lorenza, Roberto, Daniele, ma per ora non ci sto pensando, sono troppo impegnata ad accompagnare in giro “La portalettere”…

Federica Fabiano

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