La resistenza delle attrici nel secondo Novecento di Chiara Pasanisi, il contributo di Ave Ninchi e le altre al teatro italiano

by Michela Conoscitore

“Le attrici sono, dunque, l’elemento più imprevisto e più avventuroso del teatro. La loro presenza dà sapore e senso alla vita della scena, così come le donne danno sapore e senso all’esistenza in generale.”

Giovanni Calendoli, critico teatrale

Tra le divine che hanno scritto la storia del teatro e della recitazione al femminile italiana, Chiara Pasanisi nel libro da poco in libreria, “La resistenza delle attrici nel secondo Novecento” (Mimesis edizioni) ne ha scelte quattro per compiere un viaggio documentaristico, ma soprattutto per consegnare ai lettori una testimonianza necessaria e vibrante. Il periodo indagato dall’autrice è quello che ha posto le basi affinché le attrici contemporanee calcassero oggi, sicure, le tavole dei palcoscenici. Ave Ninchi, Miranda Campa, Lilla Brignone e Sarah Ferrati diventano delle portavoce di un femminismo fiero, quello delle capocomiche, che seppero ribaltare le gerarchie prevedibili e prevenute dettate nei teatri dal cosiddetto sesso forte. Quattro ritratti, inediti e preziosi, che arricchiscono la storia del teatro italiano.

bonculture ha intervistato l’autrice:

Resistenza e attrici, sembrano quasi due parole in antitesi ma sono il fulcro del suo libro. Perché ha deciso di approfondire questa tematica?

Nell’immediato secondo dopoguerra italiano, la regia teatrale si affermò come una prassi a carattere prevalentemente maschile, il potere delle attrici subì quindi un ridimensionamento. Tuttavia, le donne di scena riuscirono a contrastare lo strapotere dei registi e a rendersi protagoniste in termini autoriali e creativi: questa è stata la loro resistenza. Ho ritenuto necessario focalizzarmi sulla tematica per tentare di analizzare questo interessante processo della storia del teatro italiano dal punto di vista femminile, tenendo conto, quindi, della storia delle donne e degli studi sulle donne. Le quattro attrici su cui il libro è incentrato, inoltre, sono state poco – o per nulla – indagate, seppure abbiano dato al teatro italiano un contributo imprescindibile, che ho provato a delineare.

Ritenute delle prostitute dall’opinione pubblica, qual era la realtà, personale e lavorativa, vissuta dalle attrici nel primo Novecento?

Sicuramente le attrici erano delle donne anticonformiste, così come lo era la loro professione. Usufruivano di maggiore libertà rispetto alle donne appartenenti alla classe borghese o alle lavoratrici (operaie, contadine etc.). Le donne di scena erano libere di non sposarsi o di separarsi, di avere una vita sentimentale indipendente e non conforme ai canoni prestabiliti dalla cultura dominante. Allo stesso tempo molte attrici, soprattutto le capocomiche o le primedonne, esercitavano un potere significativo dal punto di vista economico, artistico e sociale. Tutto questo destava notevole scalpore, timore misto a fascinazione, inoltre, faceva scricchiolare le solide certezze della società borghese. 

In merito alla condizione femminile dei primi del Novecento, come si sono differenziate e qual è stato il contributo delle quattro attrici di cui racconta nel libro, soprattutto rispetto alla conservazione del ruolo preponderante che avevano conquistato sul palcoscenico?

Nel secondo Novecento si assiste a un imborghesimento della figura dell’attrice, l’aura di peccaminosità e stravaganza scompare. Si pensi, ad esempio, ad Ave Ninchi che, soprattutto grazie alla sua attività in televisione e alle pubblicità, entrava nelle case di milioni di italiani ed era considerata non come una irraggiungibile diva dalla vita eccentrica ma come una persona di famiglia in cui potersi rispecchiare e riconoscere. Le attrici su cui il libro è incentrato contribuirono alla persistenza delle pratiche che avevano contraddistinto il teatro del primo Novecento e, seppure con modalità diverse, si riappropriarono del ruolo di preminenza che un tempo era appartenuto a miti indiscussi, come Giacinta Pezzana ed Eleonora Duse.  

Secondo lei le attrici di allora come hanno influenzato il teatro femminile contemporaneo?

Se nel secondo Novecento le registe a teatro erano quasi inesistenti, oggi, seppure si registra una netta inferiorità numerica in termini di presenza rispetto agli uomini, l’andamento è decisamente cambiato. Ad esempio, quando Sarah Ferrati, alla fine degli anni Cinquanta, decise di dirigere “Medea” compì un gesto rivoluzionario per il suo tempo e indicò una strada percorribile per il futuro. Oppure Ave Ninchi, dimostrò che i ruoli comici possono rappresentare un ottimo escamotage per usufruire di libertà creativa e autoriale, cosa che avviene ancora oggi. Ci sono tante attrici che, attraverso la comicità, infrangono stereotipi e danno vita a one-woman-show – penso a Teresa Mannino –, o a incisivi personaggi cinematografici e televisivi –come nel caso di Angela Finocchiaro, che oltre a recitare in molti ruoli comici ha anche interpretato recentemente un ruolo maschile in teatro, ossia quello di Teseo, inserendosi in una nobile tradizione che va da Sarah Bernhardt a Ida Rubinstein.   

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.