“La tela di Svevo” di Alessio Rega: un romanzo di confidenze, di ricordi e d’amore per celebrare l’Arte

by Federica Fabiano

Il 24 novembre è uscito “La tela di Svevo”, il nuovo romanzo di Alessio Rega, fondatore della casa editrice indipendente Les Flâneurs Edizioni. Potrebbe incuriosire questa sua doppia veste, di editore e di scrittore, ma non di certo stupire. In effetti Rega cominciò la sua carriera come giornalista e nel 2014 pubblicò il suo romanzo d’esordio, “Giro di vita”.

A pochi giorni dalla sua uscita, “La tela di Svevo”, ha già incontrato il grande favore del pubblico alla presentazione in anteprima al Museo di Storia Naturale della Biblioteca di Foggia, nell’ambito della rassegna Fuori gli autori, in collaborazione con Ubik. È una storia semplice, di vita vera, che però si arricchisce delle infinite sfaccettature che Rega è riuscito a dare con grande maestria ai suoi personaggi. I dialoghi sembrano confidenze scambiate per donarsi la solitudine. E alla fine questo lungo viaggio che dura tutta la vita del protagonista sembra quasi un pretesto per celebrare l’Arte, nelle sue diverse forme, e per raccontare l’estasi della creazione.

[…] l’Arte è verità, anzi, è la purezza della verità. È un Caravaggio che illumina le prostitute, ritrae le loro anime tormentate, le libera dal giogo del destino e dell’ipocrisia. Avete mai ammirato i suoi dipinti, avete mai provato a comprendere le sue scelte? Il suo universo di contrasti struggenti? Pensate, per esempio a Morte della Vergine. Chi meglio di una cortigiana avrebbe potuto incarnare il dolore della sua espressione suprema? Solo un genio come lui poteva scorgere quello che altri non vedevano. Non c’è pietà nella sua arte, solo un’umanità cruda e senza veli. Vera. Caravaggio era un visionario capace di infrangere le regole e ribellarsi al perbenismo della sua epoca.”

Il protagonista del romanzo è Svevo Altomare, un pittore che si è ritirato a Molfetta e che vive i suoi settantatrè anni nella piena consapevolezza di “avere più tempo dietro che davanti”. Un uomo un po’ burbero, imbrigliato nell’ambiente di provincia, che si rifiuta di recitare a memoria gli inutili convenevoli che tanto aggradano quella piccola borghesia macchiata della grande colpa di riconoscere l’Arte solo a patto che rientri nel suo rigido formulario fatto di ringraziamenti, presentazioni e poltrone in prima fila. Sarà Anna Desio, una splendida arpista di ventidue anni, ad interrompere questa monotonia e a restituirgli l’ispirazione. Poserà nuda per lui. La copertina del libro, di Francesco Dezio, ritrae proprio quella che sarà l’ultima tela dell’artista. La sua Musa diverrà l’occasione per rivivere quella giovinezza perduta. Non resisterà alla bellezza del suo corpo, e dopo qualche tentennamento, si lascerà travolgere dalla passione. Questo nuovo amore sarà la sua ultima occasione per fare i conti col passato, con la tristezza dei ricordi, con i rimpianti e con quella libertà che ha rincorso per tutta la vita e che continuerà a scegliere sempre.

Mi allontano dal bar senza più voltarmi, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime. Non le trattengo, lascio andare il dolore. La mia libertà è stata la mia prigione.”

Bonculture ha intervistato l’autore, Alessio Rega.

Il lavoro dell’editore è molto diverso da quello dello scrittore: se l’editore rimane dietro le quinte, lo scrittore si espone in prima persona. Come hai conciliato queste due anime?

Proprio la mia prima esperienza da autore, nel 2014, con Giro di vita, mi ha fatto capire che tipo di editore volevo essere. In quell’occasione ho capito realmente quali sono tutte le difficoltà che un autore, soprattutto emergente, si trova a dover affrontare in fase di pubblicazione. A conciliare le due anime è la passione per i libri, la lettura e la scrittura. È questo il mio mondo, da sempre.

Il tempo è un elemento fondamentale di questo romanzo. I capitoli portano il nome dei mesi, delle stagioni, delle date precise. È il tempo che torna indietro, che imprigiona per poi liberare. Che rapporto ha Alessio Rega col tempo?

Pessimo, non ho mai tempo. La scrittura è proprio questo per me, un momento che cerco di ritagliarmi per fermarmi a riflettere. Credo sia molto impegnativo e doloroso scrivere. Per quanto riguarda questo romanzo ad esempio, lo avevo scritto sette anni fa, ha vissuto una lunga gestazione. In questi anni ha cambiato forma molte volte, perdendo anche un po’ quella che era la sua vera essenza. Sono arrivato a quest’ultima versione grazie al prezioso lavoro di Annachiara Biancardino, che ha curato l’editing, e che mi ha permesso di tornare alla narrazione in prima persona, restituendo al romanzo la sua vera anima.

I due protagonisti, Anna e Svevo, riescono ad incontrarsi e ad innamorarsi perché, a prescindere dalla differenza d’età, si scoprono profondamente simili. Sono due artisti, ad accomunarli è l’inquietudine?

Sì, esattamente. Loro si specchiano l’uno nell’altro perché condividono sicuramente l’irrequietezza e l’inquietudine dell’essere artisti. Si racconteranno e faranno delle riflessioni molto profonde su temi delicati, come ad esempio la morte. E Anna sarà importantissima non solo perché rappresenta l’ultimo barlume di giovinezza, ma soprattutto perché riuscirà a togliere a Svevo la maschera del cinismo dietro cui si nasconde solo tanto dolore.

Svevo in effetti ricorda molto Modigliani, per la sua vita dissipata…

Quando ho costruito il personaggio mi sono documentato proprio sui pittori maledetti. Oltre a Modigliani ce ne sono molti da cui ho preso spunto, non posso non citare Pino Pascali. In ogni caso tutti artisti anticonformisti, nomadi. Tra i pittori è diffusissimo il nomadismo, c’è sempre un cambio di luoghi che poi corrisponde ad un cambio di prospettiva.

Il protagonista, Svevo, è un uomo scontroso, che “non ha tempo per il valzer delle buone maniere”, che non esita a rispondere per le rime al politicuccio di turno, che non scende mai a compromessi…

Sì, ho dedicato a questo un intero capitolo in cui Svevo incontra una sua amica, Amalia, che vuole invitarlo ad una mostra che sta organizzando ed è con lei che apre il vaso di Pandora. Parlano delle recensioni positive in cambio di favori e di tutta l’ipocrisia e l’ignoranza che caratterizzano il mondo dell’Arte in genere, ma che poi in fin dei conti riguardano ogni ambito. Restare al di fuori della bolla ha sempre un prezzo da pagare. È questa la ragione per cui Svevo è rimasto solo un pittore di provincia, nonostante il suo immenso talento.

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