L’Arte della guerra di Sun Tzu: l’abilità di adattarsi alle circostanze e cambiare prospettiva

by Claudia Pellicano

Se conosci il nemico, e conosci te stesso, non hai ragione di temere l’esito di cento battaglie: è questo il fulcro della filosofia di Sun Tzu, stratega e alfiere militare vissuto in Cina tra il VI e il V secolo avanti Cristo e autore di uno dei manuali di gestione del conflitto più noti e diffusi al mondo. LArte della guerra insegna come la conoscenza sia il baluardo e la chiave di volta di ogni vittoria.

Conosci te stesso, esorta l’oracolo di Delfi, conosci e studia te stesso e l’avversario, aggiunge Sun Tzu. Un autentico, vittorioso guerriero, è capace di autoanalisi, di scandagliare la propria mente e il proprio carattere, di sondare le proprie capacità e quelle del nemico. Non c’è niente di più potente della consapevolezza, che deve essere sempre e comunque radicata nel presente, senza lasciarsi fuorviare dalle tecniche vincenti in altri tempi, luoghi o circostanze. La strategia richiede di non fermarsi al contingente, non cedere ai propri istinti – l’azione non viene dettata dal proprio stato d’animo- ma di mantenere uno sguardo d’insieme, prospettare vantaggi o minacce, ponderare le conseguenze, comparare i benefici e stringere alleanze. Strategia è anche non combattere quando non necessario.

L’Arte della guerra non è un argomento a sfavore dell’uso della forza, quanto piuttosto un privilegiare un atteggiamento mentale e una visione d’insieme in cui prima ci si assicura la vittoria, e poi si dà battaglia. Non è rinuncia al confronto, ma cambiamento di prospettiva, che non esclude necessariamente l’uso della coazione, ma che valuta la vittoria in una visuale che include anche la parte avversa.

La guerra è moralmente e materialmente dispendiosa. Comporta un investimento di energie fisiche e psicologiche che non possono protrarsi nel tempo, se non a scapito di ogni fazione. È qui che s’inscrive lo shih: la conoscenza del potenziale inerente a una determinata condizione permette di ottenere il massimo in ogni contesto. Lo spirito dell’Arte della Guerra è l’abilità di adattarsi alle circostanze non seguendo una tattica univoca, ma permettendo alla propria forma di mutare. L’aspetto controintuitivo e rivoluzionario è che non è necessario stravolgere la natura delle cose, è sufficiente far leva sulle possibilità presenti in quel luogo e in quel momento. Lo shih, il potere, il potenziale intrinseco ad una situazione può essere studiato, ma anche coltivato e volto a proprio favore. È la forza già esistente al mondo, che il saggio comandante, o chiunque si appresti a dare battaglia, apprende tramite l’osservazione e l’indagine.

Di converso, per rendersi invulnerabili bisognerebbe risultare imperscrutabili, almeno agli occhi del nemico, che andrebbe conquistato intero e intatto:

ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità. Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità.

La distruzione, allora, anche se porta al successo, costituisce un risultato inferiore. Il genio si manifesta in una conquista che non dissipa né il proprio bene, né- e questo è cruciale- il bene dell’avversario. Una disfatta senza quartiere priverebbe il conquistatore di risorse, potenzialità, e, possibilmente, anche alleanze future.

La tattica dev’essere in armonia con il Tao, la strada corretta da seguire, lo slancio naturale degli eventi accordandosi con il quale si può raggiungere la vittoria. È qui che rileva lo shih: la strategia permette di agire in modo tempestivo, ma non impulsivo.
Studio, adattamento, protezione, capacità di reazione: il libro è una materia viva e cangiante che muta assieme al lettore e alle circostanze. Come insegna Lao Tzu, bisognerebbe essere come l’acqua, che prende di volta in volta la forma del terreno su cui scorre.

Pòlemos è padre di tutte le cose, dimensione ineludibile dell’esperienza. È necessario accettare il conflitto come parte della vita e imparare a gestirlo, se si vuole imparare a vincere. Si vis pacem, para bellum.

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