Le 97 candeline di Raffaele La Capria e la consapevolezza d’aver fallito un po’

by Fabrizio Simone

Il suo ultimo libro si intitola Il fallimento della consapevolezza. È uscito poco più di un anno fa per i tipi della Mondadori, l’editore di una vita, che gli ha riservato un doppio Meridiano con l’opera omnia, consacrandolo classico tra i viventi (pochissimi scrittori italiani hanno potuto godere in vita di un simile privilegio – Andrea Camilleri, Eugenio Scalfari, Alberto Arbasino, Alberto Bevilacqua, Pietro Citati – e molti, come Luciano De Crescenzo, sono morti prima che questo sogno potesse realizzarsi).

Eppure La Capria preferisce essere l’ultimo testimone di una Napoli colta e antica (ma anche di una Roma gaudente e laboriosa) piuttosto che continuare ad intingere la penna in una boccetta intrisa di fantasia e sogni. Farsi baluardo della memoria dev’essere più semplice. Forse.

Martedì 8 ottobre ha spento ben 97 candeline. Anche questo traguardo è riservato a pochissimi eletti. Peccato che la torta non avesse il sapore di una volta. Al suo fianco, per il 58° compleanno consecutivo, non c’era la splendida Ilaria Occhini (bellissima fino alla fine dei suoi giorni), amore della sua vita dal lontano 1961 (galeotto l’incontro a Positano nelle ore che precedettero la vittoria del Premio Strega con Ferito a morte), nonché immensa attrice (dopo una stellare carriera teatrale prese parte ad alcune pellicole di successo – chi non la ricorda almeno in Mine vaganti di Ozpetek?) e madre della sua unica figlia, l’altrettanto splendida Alexandra.

Da circa un anno Raffaele La Capria non scrive più. Lo stesso Fallimento della consapevolezza, messo insieme con grande stanchezza durante la malattia della moglie, è un tentativo autobiografico  (malriuscito e mal cucito) scritto quasi su pressione del suo storico agente, Enzo D’Elia. Riannodare i fili della memoria non è un’operazione semplice, soprattutto per chi ha perso amici (ed è stato protagonista, spesso inconsapevolmente, di quelli che furono gli anni della Dolce vita) come Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Attilio Bertolucci, Elsa Morante, Ennio Flaiano, i quali erano spesso ospiti del salotto romano di La Capria, in fuga da Napoli sin dall’età di 28 anni (frequentavano la sua elegante dimora anche personalità come Giorgio Napolitano, Marcello Mastroianni e Goffredo Parise – il voto di Parise fu decisivo per la vittoria dello Strega).

E se la parte più emozionante del libricino (120 pagine, 18 euro) è costituita dalle vibranti – per quanto brevi – lettere (17 per la precisione) inviate durante il militare a Giuseppe Patroni Griffi, amico storico e suo concittadino (nelle lettere La Capria si firma sempre Duddù, con due d), significa che il vigore è venuto meno. Ricordare è un esercizio doloroso. Sarà per questo che il segno distintivo dell’ultimo (probabilmente estremo e definitivo) libro di La Capria è la velocità (con cui plana sugli eventi sfiorandoli soltanto) e non la brevitas? Forse non conviene entrare nello scrittoio (così come nella mente e nel cuore) di uno scrittore (decano e nume tutelare della nostra letteratura). Restiamo col dubbio, come piaceva a Luciano De Crescenzo, ultimo amico di La Capria ad aver salutato questa terra.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.