Siamo nel microcosmo domestico di quattro sorelle. Quattro come gli elementi fondamentali, le quattro stagioni, le fasi lunari, i punti cardinali. Singolari agli occhi degli altri già dai loro nomi – Alba, Sole, Aurora, Luce – le sorelle Dimaggio hanno un tratto distintivo che permetterà la loro ascesa sociale, impensabile per la povertà e l’ambiente familiare che hanno intorno: i loro capelli. Le loro chiome di fuoco le faranno approdare al circo Lazar, riscattandole da un passato sofferto.
Ma nonostante questo, sono ancora predestinate.
Le predestinate, di Dino Cassone, è il romanzo perfetto per dimostrare l’impotenza che sbatte in faccia agli uomini davanti al destino.
Le protagoniste, infatti, le sorelle Dimaggio, sono predestinate: nel corso della loro esistenza subiranno non poche disgrazie, nonostante a volte la vita riservi loro un pizzico di gioia. Ma è sempre solo un assaporare, non è mai un boccone pieno, che basta fino al pasto successivo. Hanno sempre fame di tranquillità, di una pace comune.
Ma perché, allora, il destino è tanto crudele?
A raccontarlo è Sole, una delle sorelle, che sotto forma di diario inizia a sviscerare la sua storia e appresso quella delle sorelle, che con tutte le sue forze ha provato a capire, a salvare e a proteggere nel corso degli eventi sempre più negativi.
Durante la coinvolgente e incalzante lettura, caratteristica della scrittura di Dino Cassone, il morboso legame che esiste tra le sorelle prende forma e si rafforza, diventando uno scudo, una sorta di bolla che le contiene tutte, e nonostante le vicissitudini terribili che vivranno insieme, rimarrà indistruttibile, fino alla fine. Quel legame nato dalla disperazione sarà destinato a non spezzarsi mai, alimentato durante gli anni dal senso di affetto e di famiglia.
Eppure non è un senso di famiglia maturo e sano, perché le sorelle Dimaggio rasentano in maniera perfetta la condizione familiare ai tempi della storia raccontata, peraltro ispirata da una storia vera e romanzata. Questa condizione è infatti all’insegna di un modello insistentemente patriarcale, che non darà loro pace fino alla morte di loro “padre” che in vita fu autoritario e vergognosamente abusivo nei loro confronti.
La pace che sembra arrivare al momento della sua morte, però, è solo un’illusione: quello che hanno di marcio dentro di loro sin dalla loro infanzia, potrà anche trasformarsi e prender forma positiva, ma sarà sempre in qualche cosa del loro corpo, sempre incastonato in qualche parte dei loro ricordi.
Ed è in quel momento che inizierà la loro sfida, quando il pericolo sembrerà svanito, perché toccherà pagare il conto. Toccherà provare contro il destino, contro la propria natura di predestinate.
