Leggere libri che aspettavano di essere letti: riaffiora lo sguardo stratificato di Cristò

by Ines Pierucci

Leggere libri che aspettavano di essere letti o riprendere quelli già letti e approfondirne l’attuale significato è la scelta di molti di noi che restano a casa ad aspettare.

L’attesa è un elemento fondamentale in letteratura, è la magia delle storie, molto più bella della fine, come l’emozione del primo bacio di cui è molto più densa l’aspettativa che il momento in cui accade. Aspettare, pazientare, stare a guardare e agire nello spazio letterario lasciandosi trasportare dalle parole e dal potere di queste ultime, che non puoi fermare fino a quando non fermi la mano di chi le scrive, fino a quando ci saranno occhi per leggere e orecchie per ascoltare. Il dono più grande in questo momento è il tempo e avere la possibilità di scegliere come utilizzarlo è risorsa preziosa. Recensirò qualche libro tornando a casa da Bonculture, dove sono a mio agio, al fianco di Daniela e Antonella donne combattenti e straordinarie che vanno sostenute, insieme a tutti i mezzi di informazione.

Affinché si abbia meno paura e maggior consapevolezza.

Quando tutto sembra essere finito ecco che qualcosa sta per ricominciare.

Quando tutto quello che immaginavamo pensavamo fosse sepolto insieme al passato ecco che riaffiora, risale a galla dopo una lunga apnea. La meravigliosa lampada di Paolo Lunare sembra il titolo di una pellicola oppure di una sceneggiatura teatrale “liberamente tratta dal romanzo di Cristò (TerraRossa edizioni)”. Conosco Cristò da tanti anni ma non lo conosco così bene da sapere la storia del suo nome che, forse, basterebbe a scrivere un altro libro.

La letteratura di Cristò è solo la sua, non conosco altro genere letterario che gli assomigli. So solo che dove abito è un quartiere diverso da quello dove abita l’autore con la sua famiglia, eppure, mi è capitato diverse volte di incontrare i suoi personaggi e di girarmi, con l’istinto di volerli fermare a chiedere se conoscessero Cristò. Il suo sguardo è stratificato delle tante storie che lo appartengono, sfoglie di una torta di cui si vedono bene i piani ma che si tengono bene solo insieme e in ogni suo libro si riconosce un ingrediente. Anche se questa ultima opera si avventura in un’indagine letteraria, apparentemente come una voce fuori dal coro, trova subito agio nell’ambiguità del contesto restituendo al lettore, fino alla fine, un cammeo algebrico nonché musicale che lo rende inconfondibile. 

Non sarà una recensione come le altre, questa. Vi dirò quello che è accaduto, in un preciso momento della storia. Non oserei farne una critica letteraria ma solo il punto di vista di lettrice appassionata.

La narrazione immaginifica di Cristò mi restituisce il contesto e i protagonisti davanti agli occhi mentre leggo e de La meravigliosa lampada di Paolo Lunare intercetto subito Paolo e Petra non come i protagonisti della storia ma come espedienti per raccontare figure molto più affascinanti, quali i genitori assenti e il figlio desiderato. L’assenza, molto più forte e potente della presenza, è l’architrave su cui si reggono le pareti del libro, fino a quando, a pag. 73, non è andata via la luce come nelle migliori coincidenze cinematografiche; mi è caduto dalle mani, il libro. L’ho ripreso velocemente quasi a voler nascondere questa strana casualità ma avevo solo lasciato andare la presa stretta dell’attesa, quella che l’apice delle storie consente, che rilascia i muscoli del lettore e lascia tirare persino un sospiro. Esattamente come quando mio figlio Sasha mi abbraccia dopo una lunga giornata lontani. Oggi, che siamo vicini tutto il giorno, mi manca quel sospiro, che rifà solo alla fine di un capriccio, e quando siamo lontani mi manca stargli accanto. Questo libro ci dice questo: che altri mondi sono possibili, che le cose non necessariamente sono andate come dovevano andare, che niente è scontato, che anche quando accade qualcosa di inaspettatamente positivo dobbiamo scrollarci di dosso il religioso senso di colpa e pensare di meritarlo.

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