L’opera a luci rosse, quando l’amore ch’è palpito irrompe a teatro e in musica

by Antonella Soccio

Un dì felice, eterea,
mi balenaste innante,
e da quel dì, tremante,
vissi d’ignoto amor.
Di quell’amor ch’è palpito
dell’universo intero,
misterioso, altero,
croce e delizia al cor.

Come è sentita la sessualità nell’Ottocento? Se Pur ti miro tra Nerone e Poppea di Claudio Monteverdi può essere considerato il primo duetto erotico del dramma in musica, è però con Errico Petrella e la sua femme fatal “La Contessa d’Amalfi” e Giuseppe Verdi che quell’amore ch’è palpito irrompe nella scena teatrale e musicale.

Si chiama “L’opera a luci rosse. Seduzione e sessualità nel melodramma del secondo Ottocento” il prezioso saggio di Federico Fornoni, testo che ha partecipato alla IV edizione del Premio I fiori blu, ideato dalla direttrice artistica Alessandra Benvenuto, e che è stato presentato a Foggia al Conservatorio Umberto Giordano dallo stesso autore insieme al soprano e docente Rosa Ricciotti e al musicologo Agostino Ruscillo.

Il volume discute le modalità di rappresentazione di tematiche pruriginose quali la prostituzione, l’adulterio, la malattia, la violenza, l’incontro carnale. Le scelte drammaturgico-musicali sono poste in dialogo con la mentalità coeva da un lato e con la realtà dei comportamenti dall’altro. Ne emerge un quadro complesso, in progressivo sviluppo per via dell’emersione di nuove istanze estetiche, nuovi immaginari, nuovi modelli, alla cui affermazione le opere analizzate contribuiscono e di cui sono allo stesso tempo figlie.

Come ha spiegato l’autore, dopo aver recuperato libretti e partiture, si è sono accorto che nella seconda metà dell’Ottocento il trattamento dell’amore non era più idealizzato ma si entrava nella concretezza. Partendo da un compositore meno noto come Petrella, Fornoni ha iniziato a capire che la questione era più ampia e che quindi anche le opere più importanti andavano situate in un contesto più ampio.

«È un libro a metà tra musicologia e antropologia. Avrei voluto solo analizzare delle partiture e ho capito che non bastava, dovevo addentrarmi nella storia della società e dei rapporti umani e dei sentimenti e ho dovuto ampliare e reinventarmi dal punto di vista storico. Ho dovuto entrare in campi in cui non mi ero formato», ha illustrato agli studenti e alle studentesse non solo di canto l’autore.

Con il reperimento delle fonti musicali, si comprende anche il rapporto tra la fonte letteraria e quella musicale. La fonte letteraria è più scabrosa rispetto al libretto? C’è pruderie? E soprattutto il compositore modificava il libretto? Se a Parigi erano consentite cose anche abbastanza spinte, in Italia esse non erano immaginabili. Ogni genere aveva un suo codice.

«La Traviata parte da Dumas, c’è il romanzo e la versione teatrale. Già nei due lavori di Dumas c’è un approccio diverso sulle tematiche dell’erotismo. Il romanzo è più esplicito del dramma teatrale, perché il romanzo si fruisce privatamente, il teatro ha una valenza sociale e politica. La versione teatrale è molto più edulcorata. Ancora di più lo è l’opera di Verdi dal punto di vista librettistico, ma l’erotismo è narrato con la partitura. Il valzer aveva degli elementi evidenti era una danza erotica nell’Ottocento. I corpi si toccavano era molto carnale. Non era il minuetto del Settecento».

Da un lato la chiesa con la sua moralità, dall’altro la scienza che lanciava allarmi sulla sifilide, in quei tempi dilagante: la sessualità ardente non era ben vista.

Il libro guarda all’opera seria, già nell’opera buffa tutto ciò che era censurato veniva inserito.

Se negli usi c’è pudore nei confronti del sesso perché nell’opera buffa tutto ciò sfuma? È stata la domanda di Ricciotti.

Legata ai fatti la risposta di Fornoni. «Da un lato c’è la mentalità e dall’altro la vita concreta. L’approccio sessuale era molto più emancipato nella vita di tutti i giorni e lo testimoniano tanti atti giudiziari. I processi per tradimento e nascite illegittime erano all’ordine del giorno. L’opera buffa è molto più vicina al tempo della rappresentazione, mentre l’opera seria è più lontana. Tratta tematiche contemporanee. Nell’opera seria era ancora in vigore il concetto del bello ideale, anche in pittura c’era la volontà di rappresentare il bello idealizzato. C’era un filtro, in certi teatri certi argomenti non erano ammessi. Portare in scena un gobbo come nel Rigoletto rientrava nell’ambito comico. Le interferenze in Italia erano difficili da accettare. Nella scena dello stupro del Rigoletto, c’è una lettera di Verdi che dice che avrebbe voluto scrivere il duetto nella camera da letto, ma si autocensura. Non è un caso che una violenza venga descritto da un uomo, le donne non potevano parlare di sesso. Questa idea di osservare la situazione da un punto di vista maschile è normale per l’epoca. Nasconde Gilda. Non racconta mai quello che è successo col duca. Rigoletto la interrompe sempre. Eppure nel melodramma la scena erotica è il perno della scena. Ricordiamo che parliamo di una società incardinata sulla famiglia. Le prostitute e le donne emancipate sono considerate pericolose non perché immorali ma perché mettono in pericolo i cardini della società».

Massimo esempio di tale visione della vita è La Traviata di Giuseppe Verdi, col celebre duetto “Un dì, felice, eterea” e con la definizione entrata nell’uso comune dell’amore come “croce e delizia”.

Il duetto ha due caratteri. Aulico e pieno di pathos Alfredo, e con scritture e fioriture vocali più scherzose Violetta.

«Violetta sta mettendo l’alt ad Alfredo, il ritmo è un andamento di valzer. Il duetto è dentro una scena su festa. Si appartano, c’erano dei precetti ben chiari, c’erano dei comportamenti da seguire, durante le danze uomini e donne non si potevano appartare in stanza diverse. La situazione in sé è scabrosa, c’è il valzer che è una danza sensuale e non a caso Verdi usa il valzer».

Un uomo e una donna non potevano stare da soli in una stanza. Ormai lo sappiamo anche grazie a Bridgerton.

L’atto seduttivo è lento, vien fatto passo passo da Alfredo.

«L’uomo fa il primo approccio ma è timido, l’attacco del tenore ha sempre pause, poi c’è l’assalto dell’uomo che fa la prima mossa. Quell’amor ch’è palpito è il tema dell’opera. E torna sempre nelle arie di Violetta. La reminiscenza melodica e la ripresa del violino sono il timbro del sentimento amoroso. La proiezione di Violetta morente con l’orchestra porta quel tema. La proiezione mentale di Violetta che riascolta nella sua mente il tema ci ricorda l’atto seduttivo, che evidentemente ha avuto successo».

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