Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere un capolavoro anche nel tempo dell’apparire

by Claudio Botta

Ha compiuto 94 anni il 1° aprile scorso Milan Kundera, immaginiamo nel suo elegante appartamento parigino con la sua inseparabile Vera, data la scelta coerente di non rompere il suo tradizionale e ostinato riserbo, e di non esporsi a nessuna celebrazione pubblica, nessuna foto, nessuna intervista, nessuna concessione social, nemmeno per questa ricorrenza così speciale. E’ ancora e sempre uno dei miti viventi della letteratura mondiale, un classico nella sua contemporaneità, nonostante un Premio Nobel vistosamente mancante nel suo palmarès (ma è in ottima compagnia). E l’offensiva dei militari russi in Ucraina, decisa da Vladimir Putin assecondato dalla sua ristretta corte di oligarchi e avviata il 24 febbraio dello scorso anno, ha restituito attualità e drammaticità al suo romanzo più celebre, L’insostenibile leggerezza dell’essere, scritto nel 1982 e pubblicato per la prima volta due anni dopo in Francia, dove era emigrato nel 1975 perché i carri armati sovietici avevano soffocato nel 1968 la ‘Primavera di Praga’, il movimento di riflessione critica sullo schiacciante peso del regime comunista sulle libertà individuali e di aperta contestazione, e gli intellettuali erano i primi bersagli da colpire e/o isolare (espulso dal partito, fu costretto a lasciare il posto da docente e le sue opere vennero proibite).  

«C’è un concetto elementare che poniamo dentro di noi: che la vita è irripetibile. Ogni nostro istante, ogni nostra azione, ogni nostro gesto, insomma tutto ciò che ci è dato da vivere avviene una volta sola, non avverrà mai più. Eppure viviamo come se ciò fosse un concetto trascurabile, perché se provassimo a rifletterci mentre viviamo, la vita diventerebbe una paradossale nostalgia: la nostalgia del presente. Su questo concetto, insieme elementare e insostenibile, Milan Kundera ha scritto un intero romanzo, un grande romanzo»: queste le parole di Antonio Tabucchi nell’incipit della sua recensione. «Chi è pesante non può fare a meno di innamorarsi perdutamente di chi vola lievemente nell’aria, tra il fantastico e il possibile: mentre i leggeri sono respinti dai loro simili e trascinati dalla ‘compassione’ verso i corpi e le anime possedute dalla pesantezza. Così accade nel romanzo:  Tomáš ama Tereza, Tereza ama Tomáš: Franz ama Sabina, Sabina (almeno per qualche mese) ama Franz; quasi come nelle Affinità elettive si forma il perfetto quadrato delle affinità amorose», sottolinea invece Pietro Citati, che coglie perfettamente le dinamiche delle relazioni vissute e costruite intorno alle quattro figure principali del romanzo (un neurochirurgo incapace di legarsi a una sola persona, una fotografa talentuosa e tormentata, una pittrice disinibita, un docente universitario e attivista politico) metafore della complessità dello scegliere in modo definitivo e irreversibile, della ricerca della felicità anche nelle situazioni più difficili e nei contesti più disperati, il sentimento idealizzato, cercato, trovato, tradito («L’amore non si manifesta col desiderio di fare l’amore – desiderio che si applica a una quantità infinita di donne – ma col desiderio di dormire insieme – desiderio che si applica ad un’unica donna»), il sesso e la passione come fuga dalla realtà ed esplosione di contraddizioni, il peso del destino e la sproporzione con i singoli individui in balia degli eventi.

Il binomio ossimorico del titolo (derivato dall’opposizione tra essere e non essere di Parmenide) sviluppato pagina dopo pagina, attraverso le vicende umane di ognuno di loro (gli innamoramenti e i tradimenti, le azioni e le reazioni, le aspettative e le delusioni), il privato che diventa politico, mentre il loro paese viene invaso e tutto torna continuamente in discussione, non semplice sfondo o cornice, ma travolgente dinamica. Lo stile atipico del romanzo-saggio («Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future») e la straordinaria capacità della scrittura di trasferire al lettore tensione emotiva e trasporto, insieme alla profondità della narrativa e alla musica elemento prezioso nella costruzione dell’opera, hanno determinato un grandissimo successo che è continuato negli anni, nei decenni successivi. Anche in Italia (venne pubblicato da Adelphi nel 1985, tradotto da Giuseppe Dierna con lo pseudonimo di Antonio Barbato, per non vedersi negare negli anni a venire il visto per entrare in Cecoslovacchia), dove ebbe un ruolo tutt’altro che marginale Roberto D’Agostino, che usava il titolo del romanzo come tormentone nella trasmissione cult di Renzo Arbore ‘Quelli della notte’. Ulteriore slancio arrivò dalla trasposizione cinematografica di Philip Kaufman nel 1988, produzione statunitense girata in inglese ma cast europeo, di notevole spessore: il camaleontico irlandese Daniel Day Lewis perfetto – come sempre in carriera, e i tre premi Oscar (il primo nel 1990 con Il mio piede sinistro) vinti con ruoli diversissimi ne sono la conferma – nel ruolo del seduttore umorale Tomáš,  la francese Juliette Binoche tormentata e intrigante Tereza, la svedese Lena Olin sensuale Sabina, e l’olandese Derek de Lint a sua volta credibile nei panni di Franz. Anche il film ebbe un significativo riscontro in tutto negli Stati Uniti e in Europa, entrando anche nelle nomination per i Golden Globe del 1989 per le categorie miglior film drammatico e migliore attrice non protagonista (la Olin), e in quelle per gli Oscar nelle categorie migliore sceneggiatura non originale (il successo arrivò invece ai Bafta, gli Oscar inglesi) e migliore fotografia.

Rileggere il romanzo, o leggerlo per la prima volta, è sempre una buona idea (e magari rivedere il film in streaming, in seconda battuta). Per coglierne l’anima ancora più in profondità, per ritrovarsi e per perdersi, alla luce del proprio vissuto, delle esperienze maturate, dei bivi dell’esistenza incrociati o semplicemente sfiorati, per ricordare aspetti di sé coraggiosi o pigri, ribellioni e sottomissioni, iniziative coraggiose e fughe silenziose. Per scoprire se e quanto si è cresciuti davvero, e quanto e se si è rimasti fedeli, a sé stessi prima che a un/a partner.

Buona lettura, buona visione. E tanti auguri a un protagonista della storia del Novecento, sempre in direzione ostinata e contraria rispetto a rituali collettivi e a masse disordinate e frenetiche, e che ha scelto esclusivamente di essere attraverso le sue opere, non di apparire.

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