«Nei libri di storia manca la storia delle donne», Cristina Comencini racconta L’altra donna

by Michela Conoscitore

Cineasta di film di successo come Il più bel giorno della mia vita e La bestia nel cuore, Cristina Comencini è tra gli ospiti della rassegna organizzata al cinema La Compagnia di Firenze da Intemporanea+, che offre ai propri spettatori, fino al 6 gennaio, la possibilità di incontrare in streaming personalità del mondo dell’arte, della musica e della letteratura. Interviste e reading dove i protagonisti si raccontano, discorrendo del loro lavoro e delle loro opere.

La regista romana, tra i linguaggi della sua vita, da sempre alterna al cinema e al teatro anche la letteratura: è tornata da poco in libreria con il nuovo romanzo edito da Einaudi, L’altra donna; la sua scrittura acuta e avvincente, questa volta, racconta di due donne, divise dalla differenza d’età ma unite dall’amore per lo stesso uomo. Normalmente, si dovrebbero definire rivali ma in realtà, col procedere della storia, il loro rapporto acquista una nuova fisionomia, uscendo dai canoni classici dell’inimicizia per assestarsi in un dialogo costruttivo e salvifico per entrambe.

bonculture ha intervistato Cristina Comencini per approfondire le tematiche de L’altra donna.

Nel suo nuovo romanzo, L’altra donna, alla classica narrazione intervalla la scrittura epistolare, quella che si svolge tra le due protagoniste, Elena e Maria. Perché ha optato per questa architettura narrativa?

Diventa un’architettura, ma all’inizio del romanzo è lo spunto che Maria adotta per contattare Elena, la giovane compagna del suo ex marito. L’unico modo di poter corrispondere e parlare con lei è quello di raggiungerla con l’inganno, attraverso uno scambio di nome e un contatto falso su Facebook: sui social è possibile richiedere l’amicizia, senza indagare eccessivamente sulla personalità di chi scrive, ed è così che Maria riesce ad ottenere questo contatto, se vogliamo pericoloso, perché le due donne sulla carta dovrebbero essere rivali e, invece, attraverso questo scambio epistolare, velato dall’inganno, iniziano a conoscersi.

Il racconto, man mano, diventa corale e mette in evidenza un confronto/scontro tra generazioni. Quello più forte è tra Elena e le donne mature della storia, a partire da Maria per finire con sua madre. La ragazza definisce le donne di quella generazione ideologiche e dure, ebbene qual è la differenza tra loro, nell’amore e nel rapportarsi con gli uomini?

C’è molta differenza ma anche molti punti in comune: come lei ha detto, la generazione di Maria, della donna più matura, è quella che in fondo ha sovvertito l’ordine attraverso il femminismo, ha cambiato le regole alla fine degli anni Settanta. Però non fino in fondo, perché la più giovane è ancora subalterna all’idea dell’uomo accanto a sé. La generazione della madre di Elena e di Maria hanno messo in crisi l’idea di seduttività, di come usare la propria femminilità con l’uomo. La ragazza, quindi, si ritrova da un lato con un modello forte di emancipazione femminile, con una serie di conquiste che non ha fatto ma che eredita, dall’altro percepisce che la generazione di donne precedente ha distrutto il rapporto antico con l’uomo, che non è stato sostituito o ricomposto. Elena vorrebbe essere forte, forse non vuole avere figli, quel che sembra almeno agli inizi del romanzo perché poi cambia tutto, e vuole vivere un’adolescenza perenne. Maria, di contro, continua a rimpiangere un rapporto che era finito da tempo, e metteva al centro la famiglia. Sono due donne che hanno una vita diversa, si confrontano e comprendono che per entrambe il problema è la ricostruzione di quella che io chiamo ‘la cattedrale dell’amore’: con i rapporti così cambiati tra uomini e donne, è difficile ricostruire, per loro, e per noi tutte in generale, una coppia.

Infatti Elena inizialmente afferma che le donne ideologiche “avevano distrutto le fondamenta dell’amore per l’uomo”, per poi prendere coscienza che è figlia di una serie di esse che l’hanno preceduta. Possiamo definire il suo percorso nel romanzo come un apprendistato al femminismo?

Sì, perché credo che alle ragazze giovani manchi proprio la conoscenza della storia delle donne, una conoscenza che dovrebbe essere completata a scuola e all’università. Nei libri di storia manca questo aspetto, e in fondo le ragazze di oggi, come è successo a noi con le donne che ci hanno precedute, dovrebbero approfondire questa tematica per capire dove siamo arrivate. Molte ragazze impegnate la conoscono già, si documentano ma non è la normalità. La storia delle donne che cercano di entrare nella società, a parità e a differenza, perché sono diverse ma in parità, è cominciata proprio poco tempo fa, è una storia breve costata una serie di battaglie e cambiamenti, conoscerla rende più consapevoli innanzitutto perché quelle conquiste potremmo perderle, ma soprattutto per capire come poter andare avanti e raggiungere nuove frontiere femminili. Il romanzo, ovviamente, non è un saggio però è totalmente immerso in queste problematiche.

Quanto conta la sua esperienza personale in questa riflessione sulla diversità delle donne tra ieri e oggi?

In questo momento storico così importante e fantastico perché, in fondo, le donne non hanno mai avuto una centralità così come l’abbiamo ora nella storia, come donna che scrive ho sempre raccontato questo grande cambiamento, che è centrale in ogni narrazione, di qualsiasi natura essa sia.

Tornando al romanzo, la tematica del passato è ricorrente: per Elena ritorna durante una discussione con la madre, a cui assiste anche Francesco, il figlio di Pietro, che ad un certo punto della storia diventa un po’ lo snodo della vicenda. Elena e la madre finalmente affrontano il segreto che ha avvolto la morte del padre della ragazza. Quanto quel passato influenza Elena nella relazione con Pietro?

La influenza molto, benché quella storia sia particolare dato che la madre scopre l’omosessualità del marito, particolare ma può accadere. La reazione di Elena, tuttavia, è universale perché avrebbe potuto reagire comunque così anche per una rottura tra i genitori. Elena non costruisce un rapporto adulto, perchè ha il terrore di diventare più che la donna desiderata dall’uomo, la madre. La ragazza vuole che l’erotismo rimanga nel suo rapporto con Pietro, avendo vissuto in una coppia, quella formata dai genitori, che non l’aveva più. Elena pensa che l’erotismo con il compagno nasca dalla loro differenza d’età, e che insieme possano vivere un’eterna giovinezza. Confrontandosi con Maria e Rita, nel corso della storia, si accorge che non può essere così. Tutta la parte di esperienza che Maria ha avuto col suo stesso uomo, è fondamentale nell’esistenza di Pietro, e dunque anche per lei. L’amputazione di questa ‘storia’ che l’ha preceduta, determinerà il crollo della coppia.

C’è una cosa che io so in più rispetto a papà, anche se per molti aspetti non valgo quanto lui: nell’amore non ci sono solo due persone, ma tutte le altre che i due creano o si portano dietro”: ad affermarlo Francesco, qui il confronto tra generazioni si esplica ancora in questa sua lettera, che conclude il romanzo, indirizzata ad Elena. Il ragazzo batte il padre in saggezza: perché un ventenne ha compreso una cosa così essenziale che ad un sessantenne con più esperienza della vita non è ancora chiara?

Francesco vive la separazione cruenta dei genitori, cosa che accade spesso a molti ragazzi di oggi ormai. Lui, rispetto al padre, quindi comprende che l’amore non riguarda solo la coppia ma anche le persone che hai messo al mondo, fino ad estendersi ad una catena di relazioni molto vasta. Ci si può lasciare, si può ricominciare con un’altra persona ma la storia che hai avuto prima non può essere cancellata. Francesco, essendo dislessico, ha la capacità di ricordare il passato, anche i minimi dettagli di esso, e per quanto sia oppresso da ciò, allo stesso tempo comprende più di altri l’importanza di quel che è stato, perché rimane con noi.

Photocredit: Douglas Kirkland

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