Niente è stato vano, il romanzo di Géza Kertész, lo Schindler del calcio

by Caterina Del Grande

Narrata da Claudio Colombo la vera e tragica storia del calciatore e allenatore ungherese Géza Kertész, che per una ventina d’anni visse in Italia e che, rientrato in patria nel 1943, insieme a un ex compagno di squadra (anch’egli con un passato da allenatore in Italia), diede vita a un’organizzazione resistenziale che salvò decine di ebrei e partigiani ungheresi dai campi di sterminio nazisti.

Da semplice e apprezzato allenatore di calcio a eroe silenzioso di una guerra malvagia. Géza Kertész è un calciatore ungherese a fine carriera quando, a metà degli anni Venti, decide di trasferirsi con la famiglia in Italia per inseguire il sogno di ­diventare trainer. Quella che doveva essere una parentesi breve si trasforma in un’esperienza di vita: ­Kertész allenerà nel nostro Paese per quasi vent’anni, da nord a sud, in tutte le categorie compresa la serie A, attraversando le fasi di crescita di un fenomeno sportivo sempre più vicino alle masse, e come tale presto inghiottito dalla macchina propagandistica del regime fascista. Salernitana, Catanzarese, Roma e Lazio furono solo alcune tappe della sua carriera, culminata a Catania, dove conquistò la prima storica promozione in serie B.
Nel 1943, quando la guerra è nella sua fase più acuta, rientra in Ungheria, dove trova una realtà profondamente cambiata.
Gli venne affidata la guida di un’altra gloriosa squadra di Budapest: l’Ujpest.
Lui stesso, più maturo e convinto dell’ingiustizia che si sta propagando in Europa, si accorge di essere cambiato. L’inva­sione tedesca dell’Ungheria e la spaventosa caccia all’ebreo scatenata da Hitler lo spingono a una decisione rischiosa: l’adesione a una cellula clandestina di resistenti. Una scelta alta e profondamente umana che, nel nome di un ideale di libertà e di uguaglianza, lo porterà al sacrificio della sua stessa vita.
Géza Kertész non chiuse gli occhi dinanzi ai soprusi e alle crudeltà prodotte dall’occupazione tedesca. In quei mesi a Budapest incontrò di nuovo Istvàn Tòth, un vecchio amico che aveva giocato con lui ai tempi del Ferencvàros e che, insieme a lui, aveva cercato fortuna da allenatore in Italia guidando Ambrosiana Inter e Triestina. Insieme diedero vita al Gruppo Melodia, una banda di resistenza che compì alcuni sabotaggi ai danni dei nazisti ma soprattutto organizzò un ardito sistema per liberare gli ebrei dal ghetto dove stavano morendo di fame o fucilati dalle SS, o da dove stavano per essere deportati nei campi di sterminio.
Forti del loro perfetto accento tedesco, i due allenatori si vestivano da ufficiali germanici, prelevavano gli ebrei dal ghetto, li facevano uscire e li aiutavano a fuggire. La rete di resistenza durò un anno, intrattenendo rapporti con i servizi segreti statunitensi, salvando tante persone, fino a quando una spia denunciò i due allenatori e cinque loro compagni. A Géza perquisirono la casa, dove trovarono nascosto una famiglia delle tante che aveva liberato. La Gestapo fucilò Géza, Istvan e i loro cinque compagni il 6 febbraio 1945.
Una settimana dopo, il 13 febbraio, la capitale veniva liberata dai nazisti.

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